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insensibilità riguardo la situazione dei Cristiani in Iraq


INSENSIBILITA' (MENEFREGHISMO?) RIGUARDO I CRISTIANI IN IRAQRiporto una parte di un bellissimo articolo di Toni Capuozzo sulla insensibilità (menefreghismo?) della stampa e dell'opinione pubblica italiana riguardo la drammatica situazione dei Cristiani in Iraq
Vorrei, come spesso mi accade, saltare sul carro di qualche perdente. In questo caso: i cristiani d’Iraq [..]C’è da dire che spaventa la quiete con cui la loro fine viene accompagnata. Tutta l’energia delle missioni, tutta la solidarietà di tante parrocchie verso il cosiddetto Terzo mondo, tutto il gran daffare di Curie e Caritas per gli immigrati, tutto svanisce davanti al sacrificio annunciato non di una missione, ma dei resti della storia del cristianesimo là dove è nato.Tutto l’ardore che nasce contro l’occupazione israeliana, responsabile di ogni male, evapora quando a calare la mannaia è il fondamentalismo terrorista. Come per una suprema eleganza: occupiamoci di tutto, ma non di noi stessi. E se non si occupano loro di se stessi, perché dovremmo emozionarci noi miscredenti, che già abbiamo le nostre perplessità quanto a prediche e razzole, e perché dovrebbero dire qualcosa gli islamici di casa nostra, e perché dovrebbero aprirsi il petto come santini lacerati i miei amici di Baghdad? Troppo facile invitarli a restare, hanno ragione a volersene andare via, in quelle condizioni. E allora se giustamente il ministro degli Esteri Franco Frattini e il buon vecchio Marco Pannella andranno a Baghdad per evitare la condanna a morte di Tareq Aziz, diano un’occhiata anche ai quattro superstiti che non ambiscono al martirio. Ecco due biglietti che mi giungono da San Vittore Olona, da due sorelle irachene cristiane, che non sono tipe da salire su una gru, e nessuno le sta a sentire:“Mi chiamo Maryam Yousif Bago, sono cittadina italiana, sono sposata da 27 anni con un cittadino italiano, Claudio Buratti, che aiuta me e mia sorella a redigere questa nostra richiesta. Con l’aiuto di mio marito, sto preparando la richiesta di ricongiungimento familiare per mio fratello Thamer Yousif Bago. Mio fratello è l’ultimo membro della famiglia rimasto a Baghdad; tutto il resto della famiglia è sparpagliato fra Italia, Stati Uniti e Canada; mio fratello ha grossi problemi di salute che è impossibile affrontare nelle condizioni in cui versa attualmente il nostro paese. Io e gli altri famigliari desideriamo farlo venire in Italia per poter essere curato, assistito da noi e rifarsi una nuova vita.Quattro anni fa, con grande fatica e solo dopo molta insistenza da parte di mio marito con l’ufficio visti dell’Ambasciata d’Italia a Baghdad, eravamo riusciti a ottenere un visto turistico per lui che doveva accompagnare mia madre che, colpita da cancrena, aveva subito l’amputazione della gamba destra. Il visto era finalmente stato concesso, dopo più mesi dalla richiesta, dietro la minaccia che, in caso di mancato rientro a Baghdad, mio marito sarebbe stato denunciato per favoreggiamento di immigrazione clandestina. Ora, dopo il recente massacro di cristiani, è ancor più pressante la necessità di poter svolgere le pratiche necessarie a ottenere il ricongiungimento nel più breve tempo possibile, e questo è lo scopo della mia richiesta di aiuto”.“Mi chiamo Talia Yousif Baho, sono rifugiata in Italia dal 2000 assieme a due delle mie tre figlie, attualmente sto preparando la richiesta di cittadinanza. Ho tentato diverse volte di far ottenere il visto a mia figlia Atour T. Ishak attraverso le mie sorelle, cittadine italiane, Maryam e Majdolin, ma inutilmente: l’Ambasciata d’Italia a Baghdad ha sempre opposto un netto rifiuto. Mia figlia Atour con suo marito e i suoi due figli, è sotto minaccia ed è l’ultima della mia famiglia rimasta a Baghdad, il padre è caduto nel 1987, durante la guerra tra Iran e Iraq. La situazione oggi si è ulteriormente deteriorata e i pericoli sono aumentati; anch’io, come mia sorella Maryam, chiedo un aiuto affinché la pratica di ricongiungimento possa andare rapidamente a buon fine”. Toni Capuozzo -  http://www.ilfoglio.it/soloqui/6773