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Post N° 251


Mentre guido pigramente mi fanno compagnia nuovi passeggeri imbarcati chissà quando, che riscopro essere quei vecchi amici con cui mi accompagnavo allora.Erano stati i miei compagni di viaggio fino a un giorno che non ricordo più, quando ci salutammo una sera come tante, ignari che al risveglio non ci saremmo più trovati, né cercati, come se tutto fosse stato un sogno.Si sale su treni in corsa, a volte, per il bisogno di andare oltre l'orizzonte a scoprire mondi nuovi e pezzi di sè, con un bagaglio leggero senza ombrello e senza scarpe, carichi dell'entusiasmo che proteggerà da tempeste e guiderà attraverso strade tortuose, il cuore come bussola e l'aria come nutrimento.Non esistono più i silenzi fatti di solo pensiero, lunghe ore mute ma cariche di scoperte fanno parte di un altro libro, di una vita che sembra non essere mai stata questa vita, ora così accesa, veloce, una macchina a vapore che produce, scopre, travolge, scuote, volteggia senza sapere come fermarsi.Poi capita una sera, coi fari accesi ad illuminare una pioggia fina fina, che ci si distragga per un attimo e che la strada che corre diventi un tappeto su cui i pensieri possono essere srotolati. Basta poco e ci si ricorda cosa significhi rallentare, voler fare due passi per quel sentiero tra le panchine ed i lampioncini, sedersi e respirare per ascoltare la quiete, il cuore che batte, la macchina a vapore che va al minimo senza temere di spegnersi.E' il momento in cui, se lo si sa capire, ci si gode il teatro a sipario calato, le caldaie al minimo, il rumore delle pagine di un libro.La quiete.