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ASILI NIDO...in italia siamo messi male!


Per molte donne italiane l'asilo nido rappresenta un'occasione per permettere al proprio bambino di socializzare e partecipare ad attività stimolanti di apprendimento, ma sempre più spesso diventa anche l'unica soluzione possibile per madri lavoratrici impossibilitate, per diversi motivi, a prolungare il congedo di maternità o a contare sull'appoggio dei familiari.Il panorama in Italia è piuttosto diversificato: accanto agli asili nido pubblici e privati esistono infatti asili nido aziendali (ancora pochi, purtroppo), asili nido in famiglia, gestiti da madri che hanno frequentato un corso di formazione e che possono accogliere fino ad un massimo di sei bambini, baby parking, strutture private che accolgono i bambini per brevi periodi di tempo, e ludoteche, strutture, anch'esse private, ideali per l'organizzazione di feste o pomeriggi ricreativi.Nonostante quest'ampia varietà di soluzioni, l'Italia è ancora lontana dagli obiettivi fissati nel programma di Lisbona del 2000, secondo i quali i paesi dell'Unione Europea avrebbero dovuto garantire 33 posti ogni 100 bambini. Contando l'insieme di tutte le strutture elencate, l'Italia arriva ad una copertura del 23%, percentuale esigua rispetto alle esigenze del Paese.Nel settore pubblico il governo italiano aveva stabilito un piano quinquennale per l'istituzione di almeno 3.800 asili nido comunali da completarsi entro il 1976.Secondo i dati più recenti forniti dal Ministero dell'Interno, nel 2009 esistevano 3.424 asili nido comunali: a distanza di quasi quarant'anni non abbiamo ancora raggiunto il numero minimo previsto dalla legge.
Confrontando i posti disponibili e la potenziale utenza (tutti i bambini in età 0-3 anni), l'Italia offre in media una copertura del servizio pari al 6,2%, con un massimo del 15,7% in Emilia Romagna e un minimo dell'1% in Calabria e Campania. In media il 25% dei richiedenti rimane in lista di attesa.
Per non parlare del costo:I dati emersi evidenziano profonde disparità economiche sia tra Nord e Sud sia all'interno di una stessa regione. Gli asili nido di Lombardia e Valle d'Aosta risultano i più costosi della nazione, con tariffe medie intorno ai 400 euro. La città di Lecco detiene il primato con 537 euro di retta mensile, più del doppio rispetto a Milano (232 euro), seguita da Belluno, Sondrio, Bergamo e Mantova. La regione più economica è invece la Calabria, con una spesa mensile di 110 euro, tariffa che arriva a 80 euro nella città di Catanzaro. Dal 2005 i costi sono aumentati del 4,8% e oggi una famiglia italiana si ritrova a pagare mediamente 302 euro per mandare il proprio figlio al nido.Ci sono paesi come Danimarca, Svezia e Islanda, che si contraddistinguono per le più alte percentuali di diffusione dei servizi dedicati alla prima infanzia, con una copertura pari al 50%. Un buon servizio viene garantito anche da Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo.Secondo un dossier pubblicato dall'OCSE nell'aprile 2011, intitolato “Doing Better for Familiy”, le donne italiane riescono difficilmente a conciliare lavoro e figli, perciò spesso si ritrovano ad operare una scelta tra l'uno e gli altri. Il risultato di questa situazione é un basso tasso di natalità e un basso tasso di occupazione femminile. Si rendono quindi necessari provvedimenti concreti mirati ad agevolare le giovani coppie. Ma l'agenda politica, purtroppo, sembra avere altre priorità. di Francesca Jacobellistratto da AL FEMMINILE