RISVEGLIO INTERIORE

UMANANAMENTE, DIVINAMENTE


Un abbaglio in cui si incorre spesso nella Via di crescita spirituale è credere che la Comprensione implichi il dissolvimento di tutte le contraddizioni dell'umana condizione dell'essere. Per me non è così. Pur realizzando che tutto è Uno, che siamo il Sé, che siamo il Vuoto o che siamo Coscienza o Mente, noi restiamo sempre umani e dobbiamo vivere da umani. Tanto più siamo veramente umani, tanto più siamo Divini. Noi – in quanto entità incarnate - siamo assolutamente legati alla dimensione duale a cui, inevitabilmente, siamo sottoposti. Per cui, esistenzialmente, ci porteremo appresso, in maniera probabilmente meno accentuata se saremo cresciuti, le caratteristiche che ci conformano, la natura specifica e originale di cui siamo portatori. Ci arrabbieremo ancora se siamo irosi, anche se lo riconosceremo prima di un tempo e ritorneremo al più presto in noi. Saremo gelosi, se ci dovessimo trovare nelle condizioni di esserlo, anche se ammetteremo prima il nostro limite e cercheremo di non farci possedere il maniera pesante da questo sentimento. E così per tutte le inclinazioni che ci portiamo dentro. Questo, aldilà di tutti i miglioramenti che potremmo avere conseguito con una migliore conoscenza psicologica di noi stessi, attraverso la psicoanalisi o tecniche psicologiche varie. Avremo attutito gli effetti dei condizionamenti subiti, ma resteremo sempre vincolati alle nostre tendenze, predisposizioni... Quando noi sappiamo – perché lo abbiamo realizzato nel profondo della nostra anima - che siamo il Sé, sappiamo pure che anche gli "altri” lo sono. Perciò noi sappiamo che essi sono quel che sono nella misura in cui anche noi lo siamo. Il dualismo necessario per esprimerci nell'essere nel mondo ci obbliga anche a dare giudizi, ad avere simpatie o antipatie, ad avere preferenze... Ma tutto ciò, alla Luce della consapevolezza di chi siamo realmente, non ha che un aspetto esteriore, superficiale, funzionale alle relazioni e dinamiche mondane. Io non rincorrerei quindi una sorta di impossibile perfezione, una idealizzazione dei comportamenti virtuosi: perché questo potrebbe facilmente indurci ad indossare maschere sempre più raffinate. Io, preferirei piuttosto che si imparasse ad essere veri, onesti con noi stessi e con gli altri, a prescindere da schemi precostituiti di valore. Che si imparasse davvero ad accettarci a percepirci come espressioni del Divino. Che si capisse che quel che ci accade è il volere del Divino in atto, per quanto possa piacere o meno al nostro ego, che noi siamo sempre espressioni della sua volontà. Allora l'incontro con l'altro sarebbe davvero diretto, saremmo davvero capaci di apprezzarci per quello che siamo ora. Se abbiamo davvero compreso che noi siamo manifestazioni del Sé-Dio ecc... sempre e comunque, allora non abbiamo più il dilemma di vedere o meno se siamo nella dualità del giusto o sbagliato con il nostro agire. Ci lasciamo andare all'essere spontanei, senza più il giudice interiore che ci accompagna. Vediamo Dio manifestarsi ovunque, ci troviamo quindi sempre di fronte a noi stessi, sia quando mostriamo la faccia crudele che quando mostriamo quella dolce. Sappiamo che sono sempre le sue facce. Perché se ci consideriamo Uno con ciò che accade sappiamo che noi, come forma in transito, dobbiamo essere duali - non però identificati con la dualità - affinché l'Uno senza secondo possa contenere in Sé ogni apparente contraddizione, al fine di esternare nella sua infinita gloria ogni possibile gioco creativo.