RISVEGLIO INTERIORE

AMARE L'UMANITA'...


Spesso mi capita di vedere gente che pratica o ambisce a fare del volontariato internazionale, non occuparsi di bisogni o problemi di chi sta nella porta accanto o addirittura nella propria casa e famiglia. Sono cose che non dovrebbero escludersi a vicenda, ma andare per il mondo sembra attrarre molto di più. Mi domandavo incuriosito il perché di questo fenomeno, non raro da osservare. Noto che molti si sentono gratificati nel darsi da fare anche in giro per il mondo, abbracciare nobili cause, sentirsi paladini di grandi ideali umanitari, difensori di solidarietà di ogni genere: da quella verso gli esseri umani sofferenti, a quella verso gli animali abbandonati e bisognosi di aiuto. Pur apprezzamento per questi valori, e stimando coloro che li incarnano e li fanno propri con dedizione, fatica e sacrificio personale, a volte mi sorgono delle riflessioni dopo avere notato alcune contraddizioni evidenti in questi volontari. Lungi da me il volere generalizzare, ma osservo che taluni di questi praticanti il volontariato sono completamenti disattenti alle realtà di fatica della propria famiglia, del proprio vicino, dei conoscenti della cerchia ristretta in cui vivono. E’ come se i disagi di chi sta loro intorno fossero poca cosa rispetto alle grandi difficoltà di chi è distante, delle tragedie di chi vive in paesi lontani. Credo, forse provocatoriamente, che anche in questo caso ci sia lo zampino dell’ego. Mi sovviene di riflettere che amare l’umanità in quanto tale, occuparsi delle grandi cause, sia più gratificante per l’ego che dare una piccola a mano a chi ci sta accanto. Mi sembra che possa inorgoglire di più contribuire a salvare qualcuno in qualche posto difficile, lontano da casa, che portare un sacco di spazzatura, o fare qualche lavoretto utile in casa, o tenere in ordine la nostra stanza… per alleviare la fatica di nostra madre o di nostro padre, per fare un piccolo esempio. E di esempi se ne potrebbe fare tanti in questo senso. Se guardassimo con onestà dentro di noi potremmo vedere quanto siamo distratti rispetto a queste incombenze che ci circondano. Perché noi guardiamo sempre altrove. Questo ci fa sentire migliori, ci fa sentire impegnati in qualcosa di veramente significativo. Non abbiamo lo sguardo che si posa sulle sofferenze e stanchezze contigue, sul dolore che urla nel silenzio dei nostri pianerottoli, nelle nostre strade. Insomma, noto che l’ego si sente più utile e importante se fa le cose in grande: azioni che possono essere notate e messe in qualche modo in mostra. Che la nostra vanità spirituale trova nutrimento maggiore nel fare del bene a chi è lontano piuttosto a chi è vicino. Magari questo vicino, paradossalmente, non lo salutiamo nemmeno.