RISVEGLIO INTERIORE

OLTRE LA VENDETTA


Dopo tanti anni di ricerca e di attesa, il nemico era arrivato alla mia porta. Dalla finestra lo vedevo risalire la collina. Camminando sull’erta strada, si appoggiava a un bastone, un rozzo bastone che nelle sue mani sembrava più una canna da passeggio che un’arma. Benché lo aspettassi, bussò alla porta in modo così debole che lo udii appena. Alla porta armeggiai con la chiave per lasciarlo entrare. Ebbi paura che svenisse da un momento all’altro, ma dopo alcuni passi esitanti, cadde sul mio letto, totalmente esausto. Mi chinai su di lui in modo che potesse udirmi: “Gli anni sembrano passare solo per noi” gli dissi “ma passano anche per tutti gli altri. Finalmente siamo qui, io e te, faccia a faccia e ciò che è successo in precedenza, adesso non conta più”. Mentre parlavo, si sbottonò il soprabito. La sua mano destra stava nella tasca della giacca, e da li mi puntava qualcosa. sapevo che si trattava di un revolver. Poi mi disse, con voce ferma: “Per riuscire a entrare in casa tua, ho fatto ricorso alla pietà. Ora sei alla mia mercé, e non ti perdonerò”. Cercai di dire qualcosa: non sono una persona robusta, e solo le parole potevano salvarmi. Riuscii a mormorare: “E’ vero che molto tempo fa ho maltrattato un ragazzo, ma ora tu non sei più quel ragazzo e io non sono più quel bruto indifferente. Inoltre, la vendetta non è meno inutile e ridicola del perdono”. “Proprio per questo ti ucciderò” rispose. “Perché ora non sono più quel ragazzo. Ciò non ha nulla a che fare con la vendetta: è un atto di giustizia. I tuoi argomenti, Borges, sono solo stratagemmi con cui cerchi di impedirmi di portare a termine la mia missione. Non c’è nulla che puoi fare ora”. “C’è una cosa che posso fare” obiettai. “Cosa?” chiese. “Svegliarmi” risposi. E così feci. (Jorge Luis Borges)