RISVEGLIO INTERIORE

La fuga dal mondo è la risposta?


Prendendo spunto dal bel film "Into the wild", sono emerse in me alcune considerazioni che vorrei condividere. Il tema principale del film è la libertà più grande che può conseguire un uomo nella sua vita. La tesi è che essa non la si può trovare nel mondo civilizzato, ma solo isolandosi nella natura selvaggia.C’è un inno alla ribellione che descrive il desiderio dell'uomo cresciuto nella società consumista e decadente, la quale è in contrapposizione alla ricerca della felicità e della verità, di uscire da tutti i condizionamenti esteriori che essa impone.
E’ la metafora della ricerca di un luogo idealizzato, la meta ultima di un viaggio iniziato come una fuga e diventato invece di una verità soggettiva, la scoperta della saggezza, la scoperta della propria essenza. Ciò che conterebbe sarebbe l’allontanarsi dal materialismo, dall’ambizione e dalla rabbia della  famiglia, dai valori nei quali non ci si riconosce più. Come drastica conseguenza scaturisce il rifiuto dei simboli che sono lo specchio della società moderna-occidentale: che sono il denaro come fine, l’ambizione carrieristica, la competizione spietata, la famiglia borghese…Fuggire da questo mondo perché non più ritenuto vivibile da tutti i punti di vista allora diventa un imperativo morale, una vocazione che attraversa la vita di certe anime pure: quelle che dinanzi alla prospettiva di una vita conformistica e banale, rinunciano alle lusinghe del mondo materiale e scelgono la sfida di una vita regolata soltanto dalla forza dei propri ideali, dalla soddisfazione dei bisogni primari, rinunciando ai desideri effimeri impostici.E’ un viaggio, un’avventura alla scoperta di se stessi,  illuminato solo dalla luce della spiritualità. Spogliato da ogni sicurezza e vissuto nella massima intensità esistenziale, nella totale incertezza sul futuro, momento per momento. Un faccia a faccia con la natura più estrema, in solitudine.In questo viaggio poi però arriva anche il giorno in cui il ricercatore ciò si rende conto che, alla fine, la chiave non sta nel raggiungere la meta, ma nel viaggio affrontato per arrivare a toccarla, negli incontri fatti e nelle emozioni ricevute e donate…II punto significativo della storia, tra l’altro vera, è quando il neo selvaggio, con la morte incombente, nella situazione di massima paura, ma nella pura contemplazione della bellezza della natura, con lo sguardo rivolto verso il cielo luminoso, si rende consapevole che ”la felicità è vera solo quando è condivisa”.Ma come condividere, descrivere la magia dei sentimenti provati con il contatto umano o legati ad una natura…sempre più selvaggia? Come si può solo sfiorare tutto questo, senza sperimentarlo direttamente?Viviamo una vita piena di tutto e spesso, nonostante questo, ci sentiamo insoddisfatti. A questo punto la vera sfida è: privarsi di tutto, isolarsi dal mondo, rinunciare alle comodità e mettersi in viaggio o vivere giorno dopo giorno la giungla e la fatica quotidiana? Rischiare tutto in nome della libertà?C'è chi crede nella fuga e chi crede nel coraggio di restare, c'è chi crede nel viaggio andata e ritorno e chi non partirebbe mai. Ognuno qui ha una sua risposta, in base al suo spirito, alle sue caratteristiche psicologiche, caratteriali. E’ un sogno o necessità di sfida che appartiene solo ad alcuni individui, solo a dei giovani romantici?"La felicità è in tutto ciò che ti circonda, e per raggiungerla devo isolarmi in essa" dice nel film il ribelle, deciso a spingere la propria ricerca oltre il limite consentito dalla natura più selvaggia.E’ nella fuga dalla civiltà la risposta, la ricerca della libertà, della verità? O altrove?