RISVEGLIO INTERIORE

La spirito non andrebbe commercializzato


Guardandomi attorno non posso non osservare un crescente mercato che vende merce spacciata per cose attinenti allo spirito.Per me, più che servizi spirituali, sono servizi para religiosi, pratiche strumentali alla consolazione, esercizi rivolti al ripristino psicosomatico, al rilassamento mentale, corsi di guarigione, terapie vibrazionali che si rifanno ai gruppi di crescita, oggettistica varia... in sostanza, prodotti ben diversi da ciò che s'intende per reale spiritualità. A quel livello di religiosità pseudo materialistica mi sembra lecito, oltre che convenzionale, che gadgets e servizi vengano pagati, al pari di qualsiasi altro servizio profano. Quello che però voglio far notare è che la spiritualità, quando è vera e profonda, ha un’altra natura: è sempre dono. Sia quando viene offerta sia quando è ricevuta. Perciò, per me, e non per moralismo, il quale vede nel denaro lo sterco del demonio, la spiritualità non dovrebbe essere monetizzata. Non dovrebbe dunque essere resa merce di scambio, commercio, mezzo di guadagno e arricchimento. Il limite massimo sta nel richiedere, casomai, la copertura e pagamento delle spese necessarie affinché lo scambio o il servizio gratuito possa essere fatto. E’ un fatto di riconoscenza interiore, di onestà essenziale: lo spirito che è stato infuso gratuitamente deve essere ri condiviso senza condizioni. Altrimenti diventa merce, seppur definita o creduta spirituale. Certamente questo genere di materiale e servizio si può vendere e acquistare, ma è un’altra cosa. Non sarà molto probabilmente veicolo della grazia, la quale tocca sempre generosamente chi piuttosto non aspira al profitto personale e dona disinteressatamente.Che poi siano istituzioni già affermate o altre piccoli gruppi settari, conventicole varie, a vendere e offrire i loro prodotti, cosiddetti spirituali, la faccenda non cambia: sempre mercato è, in qualsiasi forma venga fatto e rappresentato.