gemini

Arcolaio III


La sua mente vagolava come un palloncino strappato alla mano di un bimbo; era sereno quanto mai lo era stato negli ultimi tempi,e gli sembrava che il gesto appena concluso avesse portato la serenità dell'azione dopo le chimere del dubbio e la frustrazionedell'impotenza. Si perse, letteralmente, nel colore rubino del cognac, e lo sorbì lentamente, come si fa dopo una qualche impresa atletica o dopo avere preso qualche decisione importanteall'interno di una azienda rinomata. Rimase lì seduto con le gambeaccavallate per minuti che parvero ore, non pensando assolutamentenulla, solo godendosi lo spettacolo dei suoi morbidi stivaletti di capretto e dei pantaloni in argyle  con la piega immacolata. Era assorbito e quasi sul punto di appisolarsi quando si riebbe con un grido e piombò nella stanza dove aveva lasciato il cadaveredella fantesca bucato dai colpi del bisturi. Avrebbe dovuto fareun mucchio di cose: Avrebbe dovuto eliminare il cadavere.Trascinarlo fino alla capiente caldaia nelle cantine e farlo sparire rapidamente insieme ai vestiti e a tutto il suo bagaglio. Lasciare credere che era scappata improvvisamente con qualchesuo ganzo. E poi, pulire. Pulire ossessivamente la stanza, senza lasciare la traccia nemmeno di un granellino di sangue. Ma adesso Aldovrandi era stanco e minimamente appagato, e si sedette su una poltrona a osservare il piccolo bastardo e sua moglie uniti in un sonno ristoratore, quasi visetto a viso. Era un bel bimbetto, dal colorito scuro e dal peso rimarchevole.Era uscito dal ventre materno con un po' di difficoltà, ma Lui aveva voluto, a tutti i costi, farlo affiorare. Non ne sapeva nemmeno bene la ragione. Forse, chissà, voleva solo vederlo e cercare di capire. Forse, più sottilmente voleva che scontasse vita natural durante il peso di essere un figlio della Colpa. Osservandoli bene la sua rabbia si accrebbe. Si rese conto, per la prima volta, di essere un escluso dal consorzio delle persone felici, realizzò, con le lacrime agli occhi che gli era negata quella gioia della paternità a cui tanti ambivano, e che mai più avrebbe potuto guardare negli occhi una donna sperando di farne la madredei propri figli. E la rabbia si mutò in ferocia mentre lì, con un cadavere ai suoi piedi si rendeva conto del bel rapportoche già s'era instaurato fra madre e figlio. E Lui che l'avevaanche aiutato, con tutti i suoi sforzi, a venire alla luce! Lui che aveva fatto di tutto per esporlo a una vita di stenti e di precarietà, magari culminata nel crimine e, chissà, forsenell'omicidio! Aldovrandi, con un brivido, si rese conto che,malgrado il rigido codice morale dell'epoca, la Madre avrebbefatto di tutto per preservare il suo frugoletto, avrebbe affrontatoqualsiasi reprimenda e qualsiasi censura pur di difenderlo, avrebbe sputato in faccia ai moralisti, ai Catoni, agli Ipocritie ai Perbenisti per custodire il piccolo tesoro che Le era sgorgato dal grembo. Perché Lei era la madre e Lui, Nicola Aldovrandi, esimio e riconosciuto ostetrico, l'estraneo, lo sperma gelido che nemmeno l'aveva inseminata.