gemini

Arcolaio VIII


 
Le prime gocce di pioggia cominciavano a sporcare i vetri quando Nicola e suo cugino terminarono il the con mani malsicure e un tale freddo che pareva far loro sbattere i denti. L'avevano tirato in lungo per tanto tempoquel bolso rituale e avevano riempito di macchie tutto il piccolino tavolino.Nessuno aveva spiccicato parola solo, talvolta, avevano incrociato losguardo per poi distoglierlo immediatamente. Erano lì, in quel minuscolobugigattolo quasi a difendersi dal peso di ulteriori rivelazioni e confessioni.Quando ebbero terminato il Dottore si levò di scatto con gli occhi iniettatidi una strana mistura di azzurro e sangue mentre un tuono rotolava pigroattraverso il cielo. Si avvicinò con fare mellifluo al posto di Ferdinandoe lo afferrò per un braccio, quasi piantandogli le unghie lunghe attraversola stoffa della camicia. "Su, adesso è il momento, Ferdi. Alzati in piedi e andiamo a visitare Annetta e TUO figlio." Sul momento il ragazzone rimase frastornato e imbelle. Continuava a sentire il sapore dello zuccherosul palato e si domandava, stupidamente, perché Nicola avesse fatto ilthe tanto scuro. "Come?" Fece, traballando sui nervi come il pattinatore insulso sul ghiaccio. "Andiamo a vedere il bambino e la mamma, dicevo.Sei sordo? Che Ti piglia, stai tremando?" E sollevò praticamente di pesoil panettiere malgrado fosse la metà della sua stazza. Quando furono uno a fianco all'altro iniziarono ad avviarsi tenendosi sottobraccio mentrefuori si scatenava la bufera. Aldovrandi fece appena in tempo a osservareal di là di una delle finestre l'infierire della tempesta: il cielo plumbeo e gravido di nubi con la pioggia che calava in diagonale come una caricadi Unni. S'era fatto quasi buio malgrado fosse mattina inoltrata e pareva a entrambi di stare su una nave in burrasca, e che il tragitto fino alla porta della camera di Annetta si fosse trasformato in un periglioso naufragio con tanto di relitti da evitare. Camminarono a passettini brevissimi per quella che parve un'infinità di tempo. Superarono corridoi, doppiarono tavolini ricolmi di ogni sorta di ricchezza,fiancheggiarono specchi enormi che rimandavano Loro l'immagine di due omuncoli ristretti e piegati che si sorreggevano l'un l'altro.Finalmente raggiunsero l'ansa dove giaceva la stanza della moglie di Aldovrandi. "Beh, che ci vuole: un ultimo sforzo e siamo arrivati"Biascicò balbettando Ferdi. Il buio intorno a Loro si stava facendoinsopportabile. "Forse è il caso di accendere una lampada" risposestravolto il medico "Altrimenti dentro non si vedrà nulla". "C'è tanto da vedere?" Chiese il cugino, senza saperne nemmeno il motivo."Parli solo per dare aria alla bocca, Ferdi. Certo che devi vedere,Ti ho portato qui apposta." Detto questo si avvicinò a un candelieree ne strappò un moccolo dandogli fuoco con l'acciarino del fornaio.Poi, senza un a precisa ragione, accostò l'orecchio alla porta della stanza e fece un cenno con l'indice sulle labbra a Ferdi. Dentro non si sentiva nulla. Il silenzio era terrificante. (Continua)