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Bobby XXVI


Negli ultimi tempi un omuncolo, un prete spretato alto un soldo dicacio, aveva preso a sgattaiolare nella camera di Robert Fawcettsenza essere notato in modo particolare da nessuno. Indossavauna tonaca impolverata ed era uno dei degenti della Clinica a piùbasso livello. Risiedeva in una sorta di sottoscala e le sue spesedi mantenimento erano pagate (chissà per quale ragione) dalparroco di R. Edoardo Muller (così si chiamava) si fermava dietroil muro di infermieri, medici, consanguinei e conoscenti e si mordevale unghie, attendendo il suo turno di parlare con il malato e discuteredi situazioni varie. Egli aveva costituito una sorta di sodalizio con ilrovinato dottor Palubi, che lo accoglieva nel suo ufficio per spargerecalde lacrime sulla sua carriera compromessa e sul suo destinoamaro. Edoardo Muller lo ascoltava, scacciando talvolta delle moscheimmaginarie davanti al suo viso, e gli suggeriva brani delle Sacrescritture da leggere e meditare. Palubi lo aveva ringraziato facendoloaccedere alla camera di Bobby più di quanto fosse consentito edignitoso. I presenti, vedendolo in tonaca, lo consideravano una speciedi sacerdote e anche il rettore della clinica non aveva nulla da diresulle sue intrusioni. Anzi, era convinto che un pizzico di dialogo conl'Aldilà non potesse che giovare al degente e, magari, creare le basiper qualche inatteso miracolo. Una sera, che tutti avevano levato letende e la povera vittima giaceva indifesa tra le coltri del letto, EdoardoMuller s'era fermato con un rosario nella mano sinistra e una grandecroce nella destra. Poi aveva sussurrato nell'orecchio di Bobby paroledi contrizione e pentimento sulla sua vita passata, invitando il suoobbiettivo a fare lo stesso. Il giovane uomo aveva allungato il braccioper tenerlo lontano, ma alla fine s'era ritrovato a ripetere le formulesuggeritegli nel delirio. Edoardo era scoppiato a piangere e avevaabbracciato la scarna figura del suo interlocutore. In realtà in Bobby,avviato verso la fine terrena, cercava la figura di un confessore, oppuredi qualcuno che assolvesse i suoi peccati in punto di morte. E quest'ultimo,nei rari momenti di lucidità stava imparando a tollerare la figura delpiccolo ex sacerdote e ad esserne persino affezionato. Negli ultimi,scarni scampoli di esistenza terrena lo cercava per la stanza con losguardo, e quando approdava davanti a lui il sorriso gli si allargavadalle labbra sino al cuore. Fu in questo periodo che Bobby non sidecise a morire. Il dottor Palubi stava allestendo il suo bagaglioper allontanarsi dalla clinica, quando pensò di porgere il suo ultimosaluto a chi era stato causa della sua disgrazia lavorativa. Si recònel santuario del giovane uomo e, invero, lo trovò molto migliorato:il rosso acceso delle guance s'era smorzato e la tosse feroce s'eraplacata. Rifletté che, forse, il funerale di Robert Fawcett era statoallestito con eccessivo, largo anticipo. Decise di fermarsi anche luial capezzale del malato, e attendere gli sviluppi. Nessuno glieloimpedì, anche per umana pietà. Fu così che mentre, sorprendentemente Bobby aveva preso una curvatura positiva, le persone chegli gravitavano intorno s'erano strette fra loro in maniera inattesa:Mark Everard Fawcett e Louise Jordan avevano riallacciato unasorta di rapporto e, spesso, li si poteva trovare al bar dell'edificioa tracannare grappe aromatizzate. Elizabeth Powell e Alice Muirerano diventate amiche per la pelle e non si lasciavano mai,condividendo interminabili partite a carte ed estenuanti escursioni.Parevano attendere con un sorriso condiscendente lo stranomutamento nella salute del giovane uomo e nel frattempo condividevanocentinaia di passioni comuni. Solo una persona restava sulla sogliadella camera di Bobby a fissare tutto e tutti con aria persa e malinconica.Era sir Anthony Montague.(Continua)