gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XVI


Uscì dalla porta di casa non prima di avere dato una rapida occhiataa mia madre, che era lunga distesa nel suo letto. Teneva gli occhi aperti e fissava il soffitto, vacuamente. Mi preoccupai, ma ormai eroavviato verso le scale e nessuna forza al mondo avrebbe più potutofarmi tornare sui miei passi. Chiusi la porta e presi l'ascensore mentreun turbinio di pensieri confusi mi sbatteva contro le pareti craniche,cercando di uscire all'aperto e di infettare tutta la città con le colpe di mio padre. Arrivai lentamente al pianoterra e in pochi passi fui al portone.Lo spalancai e uscì in strada incolonnandomi educatamente alla fila del semaforo. Dall'altra parte delle corsie potevo vedere Danilo sedutoal tavolino con davanti un bicchiere e in mano una sigaretta accesa. Finalmente giunse il verde e in pochi minuti fui davanti al mio fratellastro,il cui volto era seminascosto dal cappello di feltro. Restai immoto davanti a lui attendendo che notasse la mia presenza. Quando finalmente lo fecetrovai nelle sue fattezze mio padre con parecchi (ma non troppi) anni in meno. "Sei Danilo?" Mugugnai. Lui annuì, invitandomi a sedere al suotavolino. Avrei potuto rifiutare, avrei potuto mandare all'aria tutto, avreipotuto strangolarlo con le mie mani. Invece mi accomodai e ordinai un analcolico. Tirava una brezza mattiniera abbastanza sostenuta, ma nullache potesse giustificare la sua bardatura e il suo terrore degli spifferi.E in quel momento pensai che era davvero mio padre riesumato da anni di umiliazioni, silenzi e frustrazioni. E compresi il significato delle parole di quei tali che vedono nella progenie la sconfitta della Morte;la possibilità di eternarsi e di avere una seconda chance quando l'esistenza grama non gliene aveva offerto nemmeno metà della prima.Mi accorsi di non essere mai stato, veramente, suo figlio e di avere compreso un granello delle torture e delle sconfitte che Luigi aveva subito in vita. Realizzai che quell'uomo, mio padre, aveva perpetratola vendetta più sottile che poteva alle mie spalle: farmi conoscere ilsignificato della parola altruismo applicato a un perfetto estraneo,il senso dell'amicizia quando l'unico riferimento che avevo avuto daimiei eventi personali non aveva fatto altro che consolidare l'egosmisurato che nutrivo tutti i giorni. Quel signore di fronte a me,silenzioso e assorto, diventava la sfida per abbandonare la superficiedelle cose e tuffarsi dentro l'ignoto, con tutti gli annessi e i connessiche questo comportava. "Fa caldo..." Mormorai asciugandomi in modomeccanico la fronte. Danilo mi fissò e sorrise offrendomi una sigaretta.La rifiutai e non smisi di scrutarlo: il naso affilato pareva tagliare l'aria,le labbra erano esangui e smorte, da sotto il cappello gli spuntava un ciuffo di capelli color castano chiaro mentre il mento, appena sotto le labbra era sfuggente e ben poco volitivo. Mi agitai sulla seggiola e sorbì l'analcolico che mi era stato appena portato. "Stai morendo?" gli chiesi improvvisamente e senza emozione. (Continua)