Uscì dalla porta di casa non prima di avere dato una rapida occhiataa mia madre, che era lunga distesa nel suo letto. Teneva gli occhi aperti e fissava il soffitto, vacuamente. Mi preoccupai, ma ormai eroavviato verso le scale e nessuna forza al mondo avrebbe più potutofarmi tornare sui miei passi. Chiusi la porta e presi l'ascensore mentreun turbinio di pensieri confusi mi sbatteva contro le pareti craniche,cercando di uscire all'aperto e di infettare tutta la città con le colpe di mio padre. Arrivai lentamente al pianoterra e in pochi passi fui al portone.Lo spalancai e uscì in strada incolonnandomi educatamente alla fila del semaforo. Dall'altra parte delle corsie potevo vedere Danilo sedutoal tavolino con davanti un bicchiere e in mano una sigaretta accesa. Finalmente giunse il verde e in pochi minuti fui davanti al mio fratellastro,il cui volto era seminascosto dal cappello di feltro. Restai immoto davanti a lui attendendo che notasse la mia presenza. Quando finalmente lo fecetrovai nelle sue fattezze mio padre con parecchi (ma non troppi) anni in meno. "Sei Danilo?" Mugugnai. Lui annuì, invitandomi a sedere al suotavolino. Avrei potuto rifiutare, avrei potuto mandare all'aria tutto, avreipotuto strangolarlo con le mie mani. Invece mi accomodai e ordinai un analcolico. Tirava una brezza mattiniera abbastanza sostenuta, ma nullache potesse giustificare la sua bardatura e il suo terrore degli spifferi.E in quel momento pensai che era davvero mio padre riesumato da anni di umiliazioni, silenzi e frustrazioni. E compresi il significato delle parole di quei tali che vedono nella progenie la sconfitta della Morte;la possibilità di eternarsi e di avere una seconda chance quando l'esistenza grama non gliene aveva offerto nemmeno metà della prima.Mi accorsi di non essere mai stato, veramente, suo figlio e di avere compreso un granello delle torture e delle sconfitte che Luigi aveva subito in vita. Realizzai che quell'uomo, mio padre, aveva perpetratola vendetta più sottile che poteva alle mie spalle: farmi conoscere ilsignificato della parola altruismo applicato a un perfetto estraneo,il senso dell'amicizia quando l'unico riferimento che avevo avuto daimiei eventi personali non aveva fatto altro che consolidare l'egosmisurato che nutrivo tutti i giorni. Quel signore di fronte a me,silenzioso e assorto, diventava la sfida per abbandonare la superficiedelle cose e tuffarsi dentro l'ignoto, con tutti gli annessi e i connessiche questo comportava. "Fa caldo..." Mormorai asciugandomi in modomeccanico la fronte. Danilo mi fissò e sorrise offrendomi una sigaretta.La rifiutai e non smisi di scrutarlo: il naso affilato pareva tagliare l'aria,le labbra erano esangui e smorte, da sotto il cappello gli spuntava un ciuffo di capelli color castano chiaro mentre il mento, appena sotto le labbra era sfuggente e ben poco volitivo. Mi agitai sulla seggiola e sorbì l'analcolico che mi era stato appena portato. "Stai morendo?" gli chiesi improvvisamente e senza emozione. (Continua)