gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XX


Gettai uno sguardo nervoso dentro la stanza e nel letto, ma, con mia sorpresa non trovai nessuno. La stanza era in perfetto ordinee solo quel nitore penetrante, quel lindore agghiacciante stava lìa testimoniare che, fino a poco prima, qualcuno aveva abitato illuogo. Non mi girai nemmeno a guardare se il fratellastro era allespalle o si fosse diretto verso le sale interne. Ero lasciato solo, a constatare che la presenza più stabile del mio precario nido se n'era andata e che mi trovavo sballottato fra un padre debolissimoe un fratello drogato. Tentai di chiudere gli occhi e di far sparire l'orrendo futuro che mi aspettava non appena fossi uscito dalla camera della mia madre scomparsa. Dopo alcuni minuti, sentendopersistere il silenzio negli altri locali, mi decisi a girovagare perl'appartamento ammutolito. Trovai mio padre seduto in soggiornoimpegnato a fumarsi una sigaretta. Lui che non aveva mai fumato. Era in evidente imbarazzo e faceva uscire gli anelli di fumo dalla bocca con smaccata imperizia e precipitazione. Ogni tanto tossivabruscamente. "Non c'è bisogno che mi dimostri che sei diventato grande." Gli sussurrai senza animosità mentre con l'orecchio tentavo di capire dove si fosse ficcato Danilo. A un certo punto sentii tirare lo sciacquone e capì che si era infilato nel bagno. Nelmio bagno. "Si starà facendo una pera?" Chiesi a mio padre. Luifece cenno di no e continuò nel suo bizzarro esercizio di cavare perfetti anelli dalle volute della sigaretta. Mi ricordava stranamentequei bimbi che giocano con le bolle di sapone e ne cercano in modoossessivo le più grandi, le perfette. "Dov'è finita la mamma?" "Mentreparlavi con Danilo ha messo in valigia alcune sue cose, ha chiamato un taxi ed è partita." "Sai dove può essersi diretta?" "Luigi piegò la mano con un assurdo movimento sbarazzino e mi rispose: "Forse da parenti. Forse un albergo. Ha sempre amato gli alberghi, e mi rimproverava di non averla fatta viaggiare abbastanza. Chissà, forseadesso è il suo momento." E abbassò il capo come se terminasse una telefonata e appendesse la comunicazione. Da parte mia ero certo al millesimo che Erminia se ne fosse andata per sempre e avesse lasciatoquel vecchio infingardo, la mia inconsistenza a farmi una vera vita e un figliastro che nella vita non aveva trovato di meglio che ficcarsi unago in un braccio. "Sì, è proprio così." mormorai fra me e me. Poi udii la porta del bagno aprirsi e, dopo qualche passo, Danilo fu di frontea noi ed ebbi a guardarlo per la prima volta con attenzione. Infatti, oltreai vestiti frusti possedeva degli strani occhi, come da pecora bastonata.Nulla trapelava in lui di arroganza e presunzione. Pensai che fosse un individuo buono, in fin dei conti. Un povero sprovveduto finito in un giocopiù grande e dentro un meccanismo che non capiva, di rivalsa, frustrazione,invidia e antichi rancori. "Siediti" Gli dissi, e con un piede allungai una sedia alla sua altezza. Lui sorrise, mostrandomi i denti gialli e riuscii nell'impresa di farmi battere il cuore più velocemente di quanto già facesse. Mi sorgeva spontaneo domandarmi, con sempre maggioreangoscia, cosa ci facesse somigliare. (Continua)