gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXIII


Restai lì ad assaporare le gocce di pioggia sulla mia faccia e sulla sigaretta. Non avevo nessuna fretta e mi sembrava quasi giusto cheil mio fratellastro si accollasse buna parte delle responsabilità. In fondola sua la sua vita era indissolubilmente legata a quella di Luigi più di quanto lo fosse la mia. Finalmente mi decisi di chiudere le finestre e di rientrare dopo avere gettato il mozzicone di sigaretta in strada.Presi il soprabito e scesi in strada per avviare l'automobile. Lungoil tragitto avevo alzato lo stereo a tutto volume e cantavo a squarciagolauna di quelle ridicole canzoncine pop che fanno tanto classifica. Solonei pressi dell'ospedale mi accorsi di avere tre chiamate perse da un numero che mi era ignoto. Provai a contattarlo e sentì subito la voce di Danilo all'altro capo. Con tono quasi vergognoso mi rivelòche mio papà stava bene. Solo qualche lieve abrasione e sintomi da soffocamento. Dicevano che l'avrebbero tenuto in osservazione durante la giornata e l'avrebbero, poi, rimandato a casa. Consigliavanocomunque di farlo seguire dal centro di salute mentale e da qualchepsichiatra e psicologo. Anzi, gli avevano dato tutto il materiale necessario oltre a varie ricette di ansiolitici, antipsicotici e antidepressivi.Sbadigliai nervosamente e gli dissi che stavo entrando nel parcheggiodell'ospedale anche se lui premeva sul fatto che non ve ne fosse bisogno visto che Luigi era sedato e dormiva profondamente. "Nonimporta" Replicai "Voglio vederlo." E in quel momento si concluse la nostra conversazione. Poi parcheggiai con qualche difficoltà ed entrainell'ampio, bianco edificio. Chiesi di mio padre e m risposero che eranel reparto psichiatrico al quarto piano. Presi l'ascensore dopo essermilevato il soprabito e sbucai ben presto a destinazione. Percorsi il lungocorridoio e mi trovai davanti alla stanza numero 11, come mi era stato indicato. Danilo era sulla soglia e sbirciava all'interno con una certa timidezza e un delicato timore. Lo accostai e lo spostai dolcemente dilato, poi diedi un'occhiata alla stanza: Luigi stava sdraiato su un letto dalle federe blu e dalle lenzuola grigie ed era immerso in un sonno profondo che non era per nulla cugino della morte, come spesso capita di notare. Era sereno e quasi gioioso, le sue labbra s'incurvavanoverso l'alto e il suo profilo ossuto non donava il solito senso di apprensionema, al contrario, lo permeava di qualcosa di profetico e sincero, comese stesse vivendo una vita che avesse sempre sognato; lontano dalle mediocrità, dalle menzogne e dai compromessi. "è felice" Dissi. E,stranamente grosse lacrime mi inumidirono le ciglia e caddero al suololasciando dei piccoli bacini di commozione. Udì alle mie spalle Daniloche si allontanava di qualche passo. Silenzioso e discreto aveva capitotutto e spariva chissà dove mentre cercavo disperatamente con le manidi tamponare il mio profluvio di sensibilità.(Continua)