gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXIX


"Non dimenticarti di nostro padre." Fece Danilo all'improvviso. "è l'ultimodei nostri problemi" Replicai rabbioso "Ha voluto fare un'uscita da grandestar per far dimenticare le sue colpe. Se la caverà, tornerà a casa e riprenderà la vita di sempre." Conclusi mordendomi i polpastrelli. Il miofratellastro stava camminando per la stanza per facilitare la riflessione.Fuori aveva ripreso a piovere e il cielo sembrava più nero della pece."Potremmo veramente tentare con gli hotel" Dissi a un certo punto,esasperato da quell'inattività "Partire dal più lussuoso e andare a scendere." "Non ho nulla in contrario" Rispose asciutto Danilo. Andaiallora a recuperare un elenco telefonico e cominciai la mia personalevia crucis: Dal Majestic al Ropele me li feci fuori tutti senza ricevere la risposta che mi esplodeva nel cuore. Di mia madre non v'era traccia."Tra un'ora avvisiamo la polizia" Fece lui "Potrebbe avere lasciato la città, potrebbe avere intrapreso quel viaggio che desiderava tanto."Lo lasciai dire mentre cominciavo a crollare psicologicamente. "Hodei calmanti, se vuoi. Potenti." Insistette, notando il mio smarrimento."No. Grazie ma voglio essere lucido sino a quando mia madre non ritornerà a casa." Trascorse un'ora mentre non riuscivamo più aparlarci. Solo il dannato pendolo riempiva le nostre orecchie conil suo spietato incedere: ogni secondo che passava era un chiodonella mano. "Avvisiamo le divise?" Proruppi, come se avessi attesosolo quel momento per esplodere emotivamente. "Va bene". ConsentìDanilo, e già si stava dirigendo verso il telefono fisso quando da questiproruppe un lancinante squillo che gelò a entrambi il sangue nelle vene."Il telefono" Urlai meccanicamente "Sta suonando." Lo lasciammo squillare per alcuni secondi poi Danilo sollevò la cornetta con un "pronto" esitante e rotto. rimase in ascolto e ogni cinque secondiannuiva solennemente. Quando poi ebbi l'impressione che la chiamata fosse conclusa restò ancora a lungo con la cornetta in mano. è indescrivibile ciò che provai durante quei lunghissimi attimi. Sprofondai, affiorai, boccheggiai, respirai a pieni polmoni.A un certo punto cominciai a torcermi le mani in modo tantoselvaggio da farmi male. La testa mi sembrava un macigno e gliocchi lacrimavano più per la tensione che per il dolore. Quandoil mio fratellastro ebbe appoggiato il ricevitore non domandainulla. Ero impietrito. Fu lui a cominciare a biascicare con una voce che mi parve provenire da un punto lontanissimo, nell'oscuritàpiù completa. Io coglievo mozziconi di parola come se avessi i canali auricolari tappati. "Lungo la ferrovia... L'hanno riconosciutadai documenti...bisognerebbe recarsi alla camera mortuaria per...il macchinista non ha fatto in tempo a..." Mi sedetti con leggerezza,compresi perfettamente le persone quando impazziscono e fannol'esatto contrario di quello che ci si attenderebbe da loro. "Era stesasui binari?" Chiesi incongruamente. Il mio fratellastro mi squadròpreoccupato: "No. camminava accanto alle rotaie. Il convoglio l'haurtata e sbattuta qualche metro più in là. Nemmeno andava veloce.Una fatalità."(Continua)