gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXXI


 
Dopo infiniti minuti mi sollevai dalla mia scomoda posizione con lostomaco svuotato e un ronzio persistente nelle orecchie. Avevo con me l'evidenza di essere dalla parte del torto per la manieracon cui avevo trattato il fratellastro e nel cervello l'angoscia perquello che restava da fare con mia madre. Appoggiandomi alle pareti arrivai sulla soglia del bagno e guardai verso la finestra.Danilo stava fissando la pioggia quasi ipnotizzato e non parevaessersi accorto dell'affiorare del sottoscritto tagliato in due. Nonavevo avuto il coraggio di guardarmi allo specchio ma sapevo quello che avrei trovato: un uomo di quarantasei anni stracciatoe abbruttito, un uomo sconfitto e rozzo, esacerbato e acido. Tuttociò che avevo sempre sperato di non diventare. "Ehi!" Feci con le lacrime appese agli zigomi "Penso proprio, Danilo, che mi toccheràandare a riconoscere mia madre... Che ne pensi?" Lui si voltò radioso; non serbava traccia di rancore nei miei confronti e mivenne incontro con le mani lungo i fianchi. "Penso che sia utilee anche indispensabile." Mi disse serenamente. "Cosa vuol direutile?" "Ti toglierà da questa casa e la smetterai di macerarti su quello che avresti potuto fare...Non è stata colpa tua." Mi spostaiverso il divano e mi ritrovai saldo sui miei piedi fino a quando sprofondai davanti al tavolo. "C'è un peccato, ed è quello di non averla considerata quanto meritava. E lei non faceva nulla per fartelo notare. Mai una lamentela, mai un rimprovero, la sua vitaè stata sacrificata a un cazzo di famiglia. Io ho pensato unicamentea me stesso: a scopare, a ubriacarmi, a farmi i miei bei giri in Europa,a soddisfare ogni mio estro mantenendo il culo al caldo nella coscienzache qualcuno non mi avrebbe mai giudicato ma mi avrebbe sempredifeso; qualcuno che mi avrebbe giustificato in ogni mia pazzia e capriccio. Non ho afferrato il senso della sua solitudine e ormai ètroppo tardi; si è ripresa con gli interessi quello che aveva sborsatoin affetti e sentimenti ed è volata via, di certo verso un posto dove non potrà essere trattata peggio che qui. Ma andiamo, se questo è il destino lo devo ingoiare, scarpe comprese. Prepariamoci e andiamo in questa camera mortuaria a fare il riconoscimento." Così dicevo ma non riuscivo a sollevare il sedere dal divano. Erocome inchiodato con un turbine di sensazioni contrastanti che mifolleggiava in testa. Mi sembrava di essere in giostra e che al prossimogiro sarei sceso, ma non v'era nessuno stop in vista al crepacuore.Poi (lo ricordo benissimo) mi trillò il cellulare dopo tre quarti di giornata silenziosi o fatti di messaggi inutili da parte dei miei inutiliamici. Non riconobbi il numero e risposi con una strana sensazionee le farfalle nella trachea. Era l'ospedale, e mi avvertiva che lasituazione clinica di mio padre era peggiorata e che, non avendo ricevuto visite durante il giorno, avevano pensato bene di avvertirmi.Chiesi dettagli e me li diedero. Non erano le conseguenze del mancatosuicidio ma un improvviso blocco renale. Era sottoposto a cure urgentie ora si trovava in rianimazione. Ringraziai e riagganciai. Il ronzio alleorecchie non cessava di tormentarmi. (Continua)