gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXXII


"Papà sta male" dissi ipnotizzato dopo avere posato il cellulare sul tavolo "Un blocco renale. Dal tono di voce mi sembra che le cose si stiano mettendo peggio." E allora, solo allora ci fu la reazionedi Danilo, che mi fece percepire quanto fossimo lontani persinonel dolore. Prese a sbattere la testa contro il muro insieme ai pugni, rischiando di fare un buco nella parete. Lo so, avrei dovutostare zitto ma lasciai la mia voce sovrastare il cervello: "Adessoil tuo cuore sanguina ma per mia madre non avevi abbastanza riserva di lacrime." Lui si interruppe e si voltò a guardarmi con ilvolto deformato dalla preoccupazione. "Tuo padre è tuo padre,mia madre era mia madre." Lo precedetti. Lui parve reagire, masubito tornò a voltarsi e a tempestare di colpi la parete. Era, intutta evidenza, la maniera primitiva che possedeva per evocarequalche spirito in cielo. Dentro di me, nel frattempo, avveniva unastrana metamorfosi: come se le condizioni critiche di mio papàavessero un forte potere calmante sui miei nervi, come se la sua situazione tragica mi allontanasse il pensiero di Erminia e della sua assurda fine. Chiodo scaccia chiodo. E, finalmente, vedevoil mio fratellastro crogiolarsi nel dolore e nella disperazione lasciando da parte le sue saggezze, le sue buone e confortevoliparole e il suo ottimo esempio meditativo. "Fa male, vero?" Loincalzai per vederne le labbra tremare, gli occhi rossi e il nasoche colava, e intanto non cessava di piovere e il pendolo battevaimplacabile i secondi, assediando la pena di entrambi. "Dobbiamoandare a visitarlo." Trovò la forza di bofonchiare tra le lacrime" Nonpossiamo abbandonarlo. Lo è già stato abbastanza." "Prima in listaarriva mia madre. è morta per prima. E se Luigi schiatterà avrannoun posto vicino al cimitero." Non capivo dove stessi trovando quelcinico coraggio. Percepivo solo la presenza di mia mamma che miimplorava :"Picchia dura e non lasciare tregua a quei due. è il modomigliore per ricordarmi." Fu da quel momento che cominciai a percepire la tangibile presenza di Erminia al mio fianco non più nelle vesti di una tranquilla massaia dedita per una vita alla famiglia,ma in quelle di una Erinni implacabile e feroce, determinata a strappare anche nostro padre a questa valle di lacrime. Presi le chiavi della macchina e mi rivolsi a quel relitto che era stato Danilo:"Allora, vuoi venire anche tu? Guarda che per me è indifferente. Dopopassiamo all'ospedale." Feci, ambiguamente. Lui si ripulì il viso alla bell'e meglio, poi uscimmo dalla nostra cella monacale e, sotto un acquazzone che non mostrava di cedere, ci dirigemmo all'auto,e poi via, verso la morgue. (Continua)