gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXXV


Giungemmo nel reparto rianimazione, che appariva come un bunkersotto assedio. Continuo viavai di persone e di addetti in tonaca azzurra,passaggio di Dottoroni con stuoli di servitù alle costole in attesa di una sola parola chiarificatrice. Io e Danilo ci appiattimmo istintivamente contro la parete bianca. Avremmo potuto fare serata in quel posto seil mio fratellastro non avesse preso il coraggio a due mani e non si fossespostato in direzione dello sportello informazioni. Lo sentì farfugliarequalcosa e ricevere più dinieghi che altro dall'impiegata. Il sangue cominciava a bollirmi mentre l'effetto del nozinan mi sbarazzava delleultime inibizioni. Mi avvicinai. "Senta, nostro padre sta morendo per un blocco renale e ci sarebbe gradito anche solo vederlo prima che tiri le cuoia. Può farci il favore di essere così gentile da indicarci la direzionedella sua degenza?" Forse il fatto che le parole mi uscissero metallichedalla bocca ebbe un'impressione sulla donna che ci fornì le giuste tracce.Così, come due derelitti (e Io ancora con gli effetti personali di mia madrenel sacchetto trasparente) ci muovemmo stanchissimi verso la stanza in cui era custodito Luigi. Percorremmo cinquanta metri e finalmente trovammola stanza II/C. Il vecchio era sotto la tenda ipobarica per complicazionirespiratorie e una quantità spaventosa di cannule e flebo ne segnavanoil corpo magro e ossuto. Aveva gli occhi semichiusi e non dava la minimaimpressione di riconoscerci mentre succhiava nervosamente il labbro inferiore. Finalmente entrò un' infermiera che prese dei rilevamenti.Luigi parve riaversi e, aprendo la bocca, prese a dilaniare una delle cannule che gli foravano la gola. La donna gli disse di stare fermo mentre Io scoppiavo a ridere istericamente. Danilo mi prese per la collottola e misbatté fuori dalla porta. Era la prima volta che lo vedevo reagire a quelmodo, e in cuor mio ero soddisfatto di avergli fatto perdere le staffe.Totalmente annebbiato dal nozinan mi sdraiai su un divanetto e cominciaia sonnecchiare. Talvolta mi svegliavo di botto facevo lo sforzo per alzarmima cadevo puntualmente di schiena con le palpebre pesantissime. Allafine sentì la porta della stanza II/C sbattere con un certo vigore e uscirnel'infermiera a caccia di aiuti. fu seguita immediatamente da Danilo. "Ilvecchio si agita, vero? Testa dura come il sottoscritto." Ebbi il tempo di dire mentre due robusti tirapiedi dell'ospedale mi prendevano per entrambele braccia e mi trascinavano verso l'ascensore. Poi schiacciavano il bottonesino al pianoterra. MI trascinarono per le corsie di emergenza e poi miscagliarono senza tanti complimenti in mezzo al parcheggio. "Visiteconcluse" Urlò uno dei due, forse il più spiritoso. Era sera e il buioiniziava a incombere. (Continua)