gemini

Attaccato al muro insieme all'ombra XXXVIII


"Vai a riposare." Gli dissi "è tutta la notte che sei in giro. Devi recuperare un po' di energia. Secondo me sei a pezzi." "Nonquanto immagini" Mi rispose asciutto. "Ho avuto modo di riflettere parecchio in queste ore e mi sono reso conto chesto invadendo la tua vita con brutalità e ingiustizia. è saggio,Simone, che mi tolga di mezzo, e mi cerchi una casa, una vita,una professione che non pesino sulla tua persona. Penso di avere combinato guai già a sufficienza ed è arrivato il momentodi mettere uno stop." Un brivido freddo mi percorse tutto il corpoa quelle parole. L'idea di vederlo partire e abbandonarmi solo inquella casa maledetta era sufficiente a sconvolgermi. "Non puoilasciarmi" Biascicai "Ormai siamo fratelli." Lui mi batté una manosulla spalla e mi sorrise: "Non è vero. Siamo nemici. Per qualchestrana ragione ho pensato che potessimo trovare un'armonia, e così la pensava anche Luigi, ma abbiamo sbagliato entrambi. èstato un errore irrompere nella tua famiglia e farla a pezzi, malgradonon ci fosse da parte mia questa intenzione. Quella che doveva essere una possibilità si è trasformata in un'ossessione che ha trascinato nella morte tua madre e che sta portando nostro padreal limite della resistenza umana. Che tu voglia crederci o no, non c'era da parte di Luigi una malvagia rivalsa nel condurmi in casatua. Credeva seriamente di mettersi in pace con la sua coscienzae di farsi perdonare i propri peccati. Voleva fare qualcosa di buonodella sua vita prima di andarsene, e fra queste cose buone c'eroanch'Io. Magari la possibilità ti farà ridere ma lui credeva profondamente nella bellezza dell'avere amato Elisa, mia madre, e di avereavuto un figlio da lei. Non v'era nulla di perverso in tutto ciò: eraun sentimento puro e candido." Io restai immobile mentre lui si stava avviando verso l'ingresso con il suo minuscolo zaino daviaggio. Poi feci una corsa di una diecina di metri e gli saltai sulla schiena con un ruggito. "Tu non puoi lasciarmi...non adesso...Tu non puoi lasciarmi..." Ripetevo come inebetito mentre lo prendevo a cazzotti nei fianchi. Lui si difendeva in qualche modoma era travolto dalla mia febbre desolante e non se la sentiva direagire. Rotolammo insieme per terra e ci avviluppammo per diversi minuti finché restammo ansanti e senza forze sul pavimentoscambiandoci occhiate buie. Fu allora che risuonò il telefono di casa.Com'era successo con mia madre il ring mi trapassò le orecchie e mi fece drizzare i peli sulle braccia mentre tentavo, senzasuccesso, di rimettermi in piedi e di correre verso l'apparecchio.Danilo mi aiutò a sollevarmi e insieme, più lentamente di quantoavevo immaginato, ci portammo al ricevitore appoggiandoci l'unoalle spalle dell'altro. (Continua)