Il bacio della vita

La prigione 88


<< E' bello tenerti le mani calde Michele, raggiungiamo il vecchio olivo >> << Sfidi la neve con quelle scarpine da fata? >> <<Baciami e non sentirò più freddo, nè oggi e nemmeno nel futuro >> Lui lo fece con passione e candore al tempo stesso. Sapeva baciare bene, senza sbavature, raggiungeva il limite della perdizione con la grazia di un cigno e questo faceva impazzire Dorotea. Per lei, MIchele rappresentava l'amante perfetto. <<Ho trovato la soluzione per tirarti fuori di qui, dovrai morire...>> <<Che bella soluzione..., uscire qui steso su di una bella asse di legno dentro un sacco di plastica era proprio quello che mi aspettavo, fine di ogni problema!>> <<Che stupido che sei... lasciami finire, ho un amico dottore, specializzato in chirurgia estetica...>> <<Ho capito, vuoi cambiarmi la faccia?>> <<Non mi permetterei mai di toccare quel faccino che mi piace da morire!>> <<Ma allora che vuoi combinare?>> <<Semplice voglio mettere la tua faccia sul cadavere di qualcuno trapassato da poco e dichiarare che il "de cuius" sei tu. Una volta morto, non avrai più alcuna condanna da scontare per la società>> <<Ma si può fare un intervento chirurgico così complicato su di un defunto? Non sarà così semplice...>> <<Bè non deve essere un capolavoro, basta che sia credibile>> Michele non sapeva dove volgere lo sguardo alla ricerca di uno spunto, la cosa gli sembrava una follia completa, ma la convinzione di Dorotea nel successo sembrava incrollabile. <<E per uscire fuori? Come mi porterai all'esterno del carcere?>> Lei sorrise portandosi la mano davanti alla bocca e piegando dolcemente la testa verso il basso. <<Lo saprai a tempo opportuno, sarà difficile da sopportare ma ti aprirà le porte verso una nuova vita>> Il buio intorno, attraversato dalla pioggia di cristalli bianchi e dall'armonioso silenzio, sembrava per un attimo aver reso quel luogo un posto incantato e quando le loro labbra calde si baciarono di nuovo, non sentirono più il freddo circostante. Le perplessità però rimasero nelle sinapsi di Michele, ormai in balia delle iniziative della sua donna; Da un lato gli faceva comodo che la situazione la sgranasse lei, ma dall'altro si sentiva sminuito nel suo ruolo di "uomo", d'altronde non aveva scelta. Ogni speranza per una vita diversa da quella in cui era immerso fino al collo, era riposta in Dorotea. Dormì poco quella notte nella sua cella tutta pitturata e floreale e per passare il tempo cominciò a contare quanti fiori avesse disegnato sulle pareti partendo dai boccioli di rosa fino alle infiorescenze del glicine. <<Centotrentasette..., cavolo, sembra un giardino botanico, in un'altra vita probabilmente sarò stato un pittore>>. Proprio mentre dovette fare un ruttino, figlio del prosecco consumato, notò che sul pavimento, appena dietro alla porta, in un angolo, vi era un piccolo pacchetto legato con dello spago di corda. <<Qualcuno mi ha fatto un regalo...>> pensò, incuriosito, Michele, alzandosi per andarlo a raccogliere. Cosa ci poteva stare in un pacchetto lungo e stretto? <<Questa è una penna>>. Tornò a sedersi sulla branda e prese a scartarlo con foga, non aveva mai avuto fin da giovane la pazienza di aprire con calma i regali. La sua curiosità era al massimo mischiata con l'aspettativa per i discorsi fatti con Dorotea. All'interno, vi era soltanto un chiodo d'acciaio temperato, lungo una decina di centimetri con arrotolata sopra la sua circonferenza un biglietto di carta. Michele fece una smorfia ironica e sorpresa <<Un chiodo?>> Srotolò il biglietto per leggerne il contenuto che si rivelò enigmatico: <<Non separartene mai...>> << Chi Diavolo combina queste puttanate? Che me ne faccio di questo pezzo di ferro?>> Ma la domanda che gli arrovellava il cervello era il perché uno si fosse preso la briga e i rischi per consegnargli un semplice chiodo. In ogni caso poteva diventare un'arma da difesa, seppur impropria, molto efficace come un coltello. Decise di tenerlo infilato nella calza sinistra e di seguire il consiglio. Giravano delle facce strane tra gli ultimi arrivati e qualunque cosa, anche un chiodo, sarebbe stato meglio di niente.