Il bacio della vita

La prigione 97


Ormai non rimaneva che aspettare il 29 gennaio, il giorno della cena con Victor. Da quel momento in avanti il destino avrebbe mutato il suo corso. Michele provava dentro il suo cuore una depressione crescente in quanto ogni cosa sembrava girargli intorno nel modo sbagliato. Era tutto così lontano dalla sue idee da ragazzino, a quei tempi infatti aveva immaginato per sé stesso una vita normale, una famiglia e la semplice gioia della compagnia. Era come se il fato ci godesse a fargli andare tutto storto e giocasse con lui come il gatto con il topo. Egli stava cambiando, mutando in qualcosa di diverso e peggiore. Se ne accorsero tutti all'interno del carcere. Il suo sguardo, da solare e curioso, cominciò a diventare cupo ed arcigno, qualcosa di inquietante. Era come se andasse in giro con una bomba in corpo; mancava solo il detonatore giusto per farla esplodere. Sentiva di non aver nulla da perdere ormai. Dorotea nel frattempo organizzò nei dettagli i particolari della fuga, procurando i documenti falsi per il suo amante e ordinando i biglietti dell'aereo. Ebbe cura di prenotare il suo sia per l'andata che per il ritorno come se si trattasse di una normale vacanza di qualche giorno, per non insospettire Victor o uno dei suoi scagnozzi. Non tralasciò nemmeno la cura del suo corpo perché voleva essere stupenda come una sposa il giorno delle nozze. Si recò prima in un studio estetico per un paio di giorni sottoponendosi a tutti i moderni trattamenti di bellezza e successivamente in un centro abbronzatura, colorando il suo corpo con una serie di lampade integrali. Concluse il giro il ventotto gennaio alla mattina andando dal parrucchiere facendosi la tinta di un rosso castano attraversato da dei delicatissimi colpi di sole. In quel giorno avrebbe dovuto concretizzare la messinscena teatrale della morte di Michele. Tornando dal parrucchiere, dunque, Dorotea si fermò dal suo amico Antonio per recuperare il corpo dell'uomo sprofondato nel coma. Suonò al portone, facendosi aprire il cancello, passò dal cortile ed infilò la macchina nel box. <<Ciao Antonio, allora ci siamo>> <<Stavo andando adesso a staccare il respiratore, vieni, amica mia>> Quando entrò nella stanza di quel poveraccio, Dorotea ebbe un sussulto al cuore in quanto il chirurgo estetico aveva fatto davvero un gran bel lavoro. Il corpo steso davanti ai suoi occhi sembrava proprio quello di Michele. <<Non ho parole, è perfetto>>. Antonio le sorrise e i due staccarono il supporto vitale come se quella fosse una cosa normale, una prassi di routine e attesero una decina di minuti finchè ogni segno vitale si trasformò in una linea piatta sul monitor. <<Ho portato un paio di sacchi neri della spazzatura, dici che andranno bene per portarlo fino in prigione?>> <<Non è certo l'ideale, però può andare visto che il morto è fresco>> <<Dai Antonio, carichiamolo, prima che ci veda qualcuno>> <<Stai tranquilla, non c'è nessuno in casa, siamo soli come mi avevi chiesto al telefono>> Gli infilarono un sacco dalla testa e l'altro dai piedi facendo poi la giuntura nel mezzo con del nastro adesivo e lo adagiarono nel cofano della macchina. <<Ma perde sangue?>> disse Dorotea facendogli segno col dito di abbassarsi per vedere meglio all'interno del bagagliaio. Antonio si avvicinò con la testa verso il cadavere. <<Vediamo, non mi sembra...>> In quel momento inaspettamente Dorotea piegò di colpo e con violenza il portellone del bagagliaio dandogli una botta terribile sulla testa, facendolo cadere per terra svenuto. Lo trascinò poi fino al vano scale di collegamento con l'abitazione al piano superiore e da lì all'interno della cucina. <<Mi dispiace vecchio, non posso correre rischi, tanto tu hai già vissuto la tua vita>> disse ad alta voce. Decise di aprire tutte le valvole del gas, ma subito dopo ci ripensò, molto meglio staccare il tubo di gomma del gas vicino alla valvola posta sotto il lavello. Una bella esplosione avrebbe cancellato ogni traccia. Accese tre candele profumate che si era portata dietro posizionandole una in cucina, l'altra in sala e l'ultima nel tinello adiacente. Gli effetti del gas però cominciavano a farsi sentire e Dorotea raggiunse rapidamente il seminterrato, salì in macchina diede gas portandosi proprio davanti al cancello di uscita. <<Che stupida che sono, ho dimenticato di aprire il cancello>> Dorotea lasciò la macchina accesa e in folle, scese e correndo, rientrò nel box. <<Dove cavolo è l'interruttore?>> Fece scorrere lo sguardo lungo le pareti, era agitata e preoccupata, il tempo era fondamentale, aveva pochi minuti per filarsela. <<Eccolo>> lo schiacciò più volte, correndo poi verso la macchina così velocemente come non faceva più da quando era ragazzina. Infilò la prima e uscì svoltando a destra raggiungendo la statale adiacente, dopo di che si fermò attendendo che accadesse ciò che aveva programmato. Passarono altri quattro o cinque minuti ma infine il boato sordo dell'esplosione arrivò con un urlo, per lei, liberatorio.