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Post n°112 pubblicato il 14 Ottobre 2010 da laprigione
<<Ma io chi sono? Cosa sono?>> La domanda era diretta, precisa, senza scampo. Michele voleva sapere chi fosse davvero, il perchè di una vita vissuta tra eccessi e valori, normale e piatta fino ad un certo punto; fino a quel maledetto giorno che era tornato a casa. L'incarcerazione, l'imbruttimento emotivo, il senso di fallimento. Nessuno lo aveva amato come Dorotea, nessuna si era messo in gioco con la stessa determinazione, violenza e passione, nessuno aveva mai mollato tutto per lui; se questo non era amore, allora che diavolo era la routine, il passar di vita senza emozioni con intorno solo piattole che gli succhiavano tutto. La mente di Michele impazziva non riuscendo a trovare una risposta del perché di un passato assente nel presente. Nonostante tutto anche Dorotea non gli garantiva una affidabilità assoluta. Intelligente, autonoma, vera fino al grido dell'anima eppure così cinica nello sparare in faccia a Virgilio e all'ispettrice incolpevole, puttana all'occorrenza, santa e casta di fronte ad un altare. <<Penso sempre al ruolo degli altri, ma qual'è il mio?>> Raul gli aveva spiegato con intensità di diffidare di Dorotea e adesso Michele, pensandola a letto con uno stronzo come Victor, sentiva fortissime quelle parole. <<Io , non voglio essere il suo cagnolino che aspetta, scodinzolando, in attesa del suo ritorno>> Ormai la strada era tracciata, da uomo libero decise di andare a cercare il "vecchio che guarda il mare", voleva essere assolutamente certo che l'amore per Dorotea non sarebbe stato il cercare di tenere nelle mani una stella del cielo. Decise di andarsene prima dell'arrivo di lei dovendo scoprire quanto ancora non gli aveva rivelato Raul. Un messaggio sul tavolino spartano della camera per comunicare alla sua donna i motivi della decisione: "Perdonami e cerca di capirmi, vado nel profondo sud..." Drammatica la scelta, ma Michele non aveva alternativa, dopo quello che aveva vissuto non poteva più accontentarsi di una vita normale, dentro la routine; doveva essere assolutamente certo di amare, per sé e per Dorotea. Se fosse stato l'ennesimo errore avrebbe mandato a puttane non solo la sua vita, ma anche quella della donna che aveva deciso di amare. Lasciò tutto e prese il primo treno per Napoli e poi ancora più giù verso la Sicilia. Dorotea arrivò, ignara e all'oscuro dei ragionamenti di Michele e aprì subito la porta, in attesa di un bacio completo dal suo uomo. <<Sono io amore!>> Quasi persa e disorientata girò lo sguardo nella stanza, assorbita dal nulla circostante. Nessuno ad accoglierla, l'abbraccio immaginato deturpato da quel piccolo biglietto sul comodino. <<No!>> gridò in un disperato assolto delle corde vocali, piegandosi sulle ginocchia e sbattendo la faccia sul materasso del letto. <<Lui, no, no lui no!>> Quell'uomo l'aveva abbandonata, tradita nei pensieri, dopo tutto quello che aveva fatto per lui; non le aveva dato fiducia e quindi non credeva in lei, non la amava nello stesso modo. Dorotea si sentì doppiamente puttana nell'assenza di tutto. Non esisteva più il padre, aveva perso il lavoro, cancellato il passato per un uomo e lui adesso se l'era filata. |
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