Creato da laprigione il 14/03/2010

Il bacio della vita

romanzo a puntate

 

 

Finalmente il nuovo romanzo di Antropoetico "Miserabili giorni"

Post n°125 pubblicato il 26 Marzo 2012 da laprigione
 

miserabili

Grazie ad Antropoetico per averlo scritto!

 
 
 

L'amor ricevuto

Post n°124 pubblicato il 13 Novembre 2011 da laprigione

Se pur amar ho amato,

non sapevo

non conoscevo,

neppure potevo immaginar l'amor ricevuto.

Eppure nel far giocoso,

ritornando alla felice gioventù,

ecco,

nella vita sei arrivata tu.

Lasciando in me il buono che c'è in te,

riempiendo di sorrisi i mei modi indecisi,

brillava la luce che hai nel cuore,

portavi cioccolato

mentre cercavo la fuga,

ogni giorno che il sole sorgeva mi hai coccolato.

E adesso che mi hai lasciato,

in questa domenica in cui sembri già il passato,

fa male, sul volto, questa ruga.

 
 
 

Male necessario, un romanzo da non perdere

Post n°122 pubblicato il 15 Febbraio 2011 da laprigione

male necessario

 
 
 

Il bacio della vita episodio 2

Post n°120 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da laprigione

Non restava che pianificare con cura le fasi dell’evento. Certo. Raul non voleva lasciare inghippi a nessuno. Morire era una scelta complessa ed impegnativa, ci voleva tempo per fare tutte quelle cose necessarie per aggiustare al meglio le conseguenze della dipartita. La corda appesa era solo l’ultimo tassello di un puzzle ancora da comporre, il semplice assolo all’interno di una grande melodia, la punta di diamante fino a diventare nella sua mente distorta come “l’unica cosa fatta veramente bene”. Ed ecco che nella sua testa poteva diventare l’artefice perfetto, l’artista dal pennello eccellente. <<Cazzo, se la vita l’ho passata con il culo per aria, voglio diventare il Michelangelo della morte>>. Il ragionamento così perverso, distruttivo per un essere normale, calzava perfettamente come un gambale nel freddo inverno nella mente in decomposizione di Raul. La prima cosa da fare era l’inventario e la distribuzione assegnata dei suoi beni perché la consegna delle cose materiali avrebbe significato il suo giudizio postumo su coloro che avevano vissuto con lui, nei contorni della sua esistenza e che avevano contribuito, a ragione o torto, a quella decisione estrema. Ognuno di loro, così gretti e materiali, all’apertura del testamento, avrebbero dovuto comprendere il suo amore o l’evidente disprezzo. <<Benedetti o maledetti>> esclamò Raul, alzando il calice di prosecco aperto dopo cena, a rincalzar la dose al chianti di cui era rimasto solo il fondo nudo e scuro della bottiglia. Una classifica, un modo per gridare dopo morto e al tempo stesso, l’idea assurda di poter diventare il Dio del “dopo”, del tempo seguente la dipartita. Quindi prese un foglio bianco, ci versò sopra il succo delle bollicine nell’angolo in altro a destra, prendendo subito dopo un coltello appuntito. Buttò giù un altro sorso di prosecco, tenendo in bocca per alcuni istanti il “perlage” inebriante. Brillava come una diamante quella lama affilata ed era bello far girare su sé stesso il filo tagliente, poi di colpo,impugnandolo con la sinistra infilò la punta nel medio della mano destra, entrando nella carne. Bastò un giro per far uscire il sangue. Era questo che voleva Raul, vedere il rosso del suo sangue sporcare il foglio mischiandosi con il vino. Lo fece, fino a lasciar scendere la goccia spremendo il dito violato. Inconsciamente aveva celebrato un rito, spinto da chissà quali arcani retaggi della memoria ancestrale o più probabimente da quelli assimilati in anni di film alla televisione. Ecco, adesso si sentiva speciale, diverso da ogni altro essere vivente sul pianeta e quindi unico e padrone, finalmente padrone del suo destino. Nulla avrebbe più dovuto accadere per volontà di qualcun altro o in conseguenza del caso. Vino e sangue su quella carta sulla quale sarebbe rimasta impressa la volontà voluta. L’ultima e per questo intensa e necessaria. <<Ecco, il patto è sottoscritto adesso! Alla faccia vostra, stronzi…>> Bevve di nuovo, ormai l’alcol non era più nemmeno in grado di renderlo intontito, anzi funzionava nelle sue sinapsi con una specie di effetto leva, potenziandone, almeno nella sua percezione, le capacità e l’intuizione. Fare l’inventario cominciò in quella lunga notte anche ad essere un modo per riepilogare la vita passata. Ogni proprietà, ogni oggetto, narrava i giorni vissuti e possedeva l’energia consumata allora. La prima cosa erano gli immobili. Non aveva fatto una gran fortuna in quei fottuti cinquant’anni ma non era nemmeno uno finito con, solo, le pezze al culo e se il fisco avesse aspettato ancora alcuni giorni avrebbe potuto passare mattoni solidi, pezzi di casa e la palla della vita ai suoi eredi. La casa in montagna, quella al mare, le mura di tre negozi, la villa lasciata in utilizzo all’ex moglie e il bilocale in corte dove si era rintanato. <<Niente male per un fallito!>> pensò Raul, sorridendo come un bambino con i suoi giocattoli. Si era fatto un mazzo tanto, fin da giovane per rendere solido il suo futuro. Come non ricordare la prima casa presa in affitto quasi trent’anni prima?

 
 
 

Il bacio della vita

Post n°119 pubblicato il 19 Gennaio 2011 da laprigione

Raul beve. Non è una novità, ormai è diventato un alcolista cronico, un uomo che si nasconde durante il giorno. Un essere umano che lavora, che si relaziona dentro un'apparente normalità mentre dentro la mente si espande la follia. Una lucida, presente e attenta pazzia. L'analisi della quotidianità diventa spietata falce che taglia quel che resta della voglia di vivere. << Cosa cazzo mi rimane da salvare? L'unica cosa che mi serve è una corda appesa alla ringhiera della scala>> Definire con lucidità come farlo cancella la delusione del passato, rendendo lontani il senso di fallimento, il marcimento del passato << Oppure con la macchina...>> ma dentro ha ancora un barlume di lucidità. L'obiettivo è farla finita, ma senza che altri ne subiscano le conseguenze. Già, un buono dentro come lui, deve uscirsene da solo dal buco di merda di vita in cui chissà quale Dio bastardo lo ha cacciato. Il pensiero è fisso, ammorbidito solo dall'alcol, non c'è futuro nella vita, il desiderio è quello della fuga. <<Tanto, poche settimane e nessuno si ricorderà di chi sei stato, dei pensieri che hai tenuto dentro>>  Raul tira su l'ennesimo bicchiere, mentre alle sue spalle gracchia, come una nuvola di cicale, la televisione. <> Com'è diverso questo mondo da quello immaginato quando aveva vent'anni, puttane, politici corrotti e collusi, il senso di non aver nulla davanti se non un enorme montagna di problemi. <> Come dargli torto? Una ex moglie in cura dallo psichiatra, affondata dentro la depressione più nera, una vita alla deriva in cui lui si sente coinvolto ma inerme comparsa. Responsabile, peccatore, colpevole e comunque impossibilitato ad agire. Una smorfia di sorriso ironico spacca la rigidità di quel viso gonfio di vino e dolore. Ci sono lacrime che non riesci a tirare fuori ma che comunque spaccano dentro. Raul conosce bene questa sensazione. Ha vissuto, respirandone l'odore puzzolente, la depressione fin da giovane. Forse addirittura ci si è assuefatto come un drogato incallito. Nessuna prospettiva dentro un lavoro che non gli piace, la nausea di fronte ad una realtà di sopportazione, la prospettiva di morte di genitori anziani.  La vita lo aveva preso per il culo, lo aveva illuso, coccolato, contrastato con violenza e adesso ne provava forte un senso di ribrezzo. Una corda avrebbe risolto il problema. La vita gli aveva fatto male dentro, tutto era inutilmente presente, falso e doloroso.

 
 
 

La prigione 113

Post n°115 pubblicato il 17 Ottobre 2010 da laprigione

<<Dove sei diretto?>> <<A Palermo>> <<Vieni che ti diamo un passaggio, salta su>> Michele non se lo fece ripetere due volte, raccolse la sua roba sparsa per terra rimettendo assieme quello che gli restava dello zaino. Lo fecero mettere proprio in mezzo i sei uomini che occupavano i sedili del furgone. Destava curiosità quell'uomo dall'accento del nord e soprattutto, volevano capire chi fosse e che cosa volesse per essersi spinto tanto a sud. Nella rete di connivenze e negli intrecci della mafia, non si muoveva foglia in Sicilia senza che in qualche modo, non ci fosse qualcuno che lo rifesrisse a qualcun'altro fino ad informare i capi di zona. <<Manuel che lavoro fai?>> chiese Ciro il più giovanel del gruppetto. <<Adesso nulla, prima avevo un pub>> <<Un pub? Cos'è un pub?>> Michele rimase meravigliato che il ragazzo non sapesse nel 2010 cosa fosse l'attività che per anni lui aveva esercitato. <<Diciamo che è una birreria e panineria>> <<Ma allora dillo subito! Un bar, giusto?>> <<Diciamo un tipo di bar, molto diffuso in Inghilterra e Germania>> <<Ne vuoi aprire uno a Palermo?>> intervenne Rocco, il più grosso di tutti, dai profondi occhi neri <<Mi piace la birra! Anche se è meglio u vino>> <<Chi cerchi?>> ripetè la domanda quello che era sceso per soccorerlo, in modo da far sentire anche agli altri la sua risposta <<Il vecchio che guarda il mare, te l'ho già detto>> <<Qua vecchi non ce ne sono, muoiono tutti giovani! Specie quelli che parlano troppo!>> gridò ad alta voce l'autista <<Mi puzzi di carabiniere senza divisa>> aggiunse guardandolo dallo specchietto retrovisore. Michele scoppiò a ridere senza controllo, pensando a quanto fosse lontano dalla realtà il tipo. <<Proprio! Si fra un pò mi fanno maresciallo!, Sapessi dove sono stato nell'ultimo anno>> Tutti lo fissarono in un lungo attimo. <<Eddai, diccelo dove sei stato>> <<Sono stato in carcere, è per quello che devo trovare il "vecchio che guarda il mare", ho un messaggio per lui>>. Gli uomini si guardarono uno con l'altro, rimanendo il silenzio per il resto del viaggio. <<Non esiste chi stai cercando, i politici al nord fanno credere che ci sia un capo ignorante che gestisce gli affari più loschi, è solo un mito se non una copertura>> disse l'unico con gli occhiali di quei sei uomini. <<E tu che ne sai?>> <<Ho fatto politica per cinque anni e ho conosciuto tante persone>> <<Non puoi dirmi almeno dove andare a chiedere a Palermo?>> <<Ma allora non mi ascolti, non c'è nessun vecchio a cui rivolgersi>> <<Non vedo, non sento e non parlo, cazzo proprio come nella "piovra", la serie cult con Michele Placido>> <<Tu pensala come vuoi, non troverai nessuno>> Rocco a quel punto intervenne <<Ma digli di andare allo Zen, forse lì qualche mafioso giusto lo trova>> <<Lo Zen? Che cos'è?>> <<Un quartiere dei migliori di Palermo!>> Disse ad alta voce Ciro battendo la stecca con le dita e facendo sorridere tutti gli altri. In lontananza finalmente alla destra della strada Michele vide comparire il cartello di Palermo. <<Ho capito, lo Zen, lo cercherò, vedo che siamo arrivati giusto?>> <<Già, scendi, più avanti c'è la fermata del pulman>> <<Grazie, siete stati gentili ad accompagnarmi, davvero>> <<Di nulla>> Michele scese per andare incontro a quello che il destino gli avrebbe messo di fronte. Alzò il braccio in segno di saluto e vide Rocco, ricamabiare tirando giù il finestrino. <<Un ultima cosa, uomo del nord, noin non ti abbiamo detto un cazzo, chiaro?>> <<Chiarissimo, mi pare ovvio, anzi, non mi avete nemmeno dato un passaggio>> <<Bravo, vedo che impari in fretta, continua così e magari ti incontriamo qualche altra volta su questa statale>> Il furgone riprese la sua corsa sparendo velocemente alla vista. Non avendo soldi Michele non prese il pulman ma si mise a camminare di buona lena, amava camminare, essendo stato negli alpini ed in poco tempo entrò nel vivo della città, chiedendo ai passanti dove fosse il quartiere Zen. Molti sembravano ritrosi a dirlo, tranne i vecchi che probabilmente ormai non avevano più nulla da perdere. Con fatica alla fine riuscì a farsi indicare la strada giusta e prese a muoversi in quella direzione pur sentendosi sempre addosso la sensazione di avere gli occhi di qualcuno a spiarlo. <<Speriamo che vada tutto bene, forse ho fatto una cazzata a venire qui>> Michele si mosse con circospezione pensando di avere alle costole uomini dell'organizzazione che stava cercando ma in realtà alle sue calcagna c'era Dorotea. Dopo l'incidente aveva abbandonato la macchina in una stazione di servizio e ne aveva rubata un'altra, una punto, lasciata incautamente parcheggiata aperta e con le chiavi nel cruscotto. Adesso le cose erano diventate più semplici, l'inseguimento proseguiva a piedi nei vicoli caratteristici di Palermo. Non aveva dietro armi perché non avrebbero passato il controllo all'aereoporto ma rubare un coltello in un bar era stato uno scherzo facile, facile. Adesso non doveva far altro che cogliere l'attimo e piombandogli alle spalle, accoltellarlo da dietro. Michele era molto più forte di lei e senza la sorpresa avrebbe senz'altro avuto la peggio. L'amore che sembrava così forte nei confronti di quell'uomo cominciava stingersi nella sua anima. Ora stava diventando una minaccia. Nel carcere Dorotea aveva potuto fare il bello e il cattivo tempo con chi chiunque, a condizione di non toccare i mafiosi e i parenti dei mafiosi. Era stata la prima regola che il padre le aveva insegnato perché nei clan di quel tipo non si possono toccare i membri se non con il consenso dei capi. Sfortunatamente capitano gli incidenti e lei e Virgilio avevano ucciso per venderne gli organi un giovane ragazzo di meno di vent'anni affiliato al clan più potente d'Italia, per un disguido le informazioni erano arrivate troppo tardi. Per quello Raul era finito dentro, per capire che fine avesse fatto suo fratello, trovandosi poi nell'impossibilità di comunicare con l'esterno quanto fosse successo. Dorotea lo aveva fatto tenere sotto stretto controllo, non potendolo uccidere in quanto persona di riferimento del " vecchio che guarda il mare ". Voleva filarsela all'estero anche per quel motivo.

 
 
 

La prigione 112

Post n°114 pubblicato il 16 Ottobre 2010 da laprigione

<<Provochiamogli un coma farmacologico e cerchiamo di trovare presso le associazioni di organi un fegato da trapiantargli>> Ormai Vicotr strabuzzava gli occhi e aveva la bava ai bordi della bocca, le tossine proseguivano nella marcia all'interno del suo sistema vitale e quell'iniezione fu quasi una liberazione dal dolore che lo lacerava all'interno del corpo. Si trattava di una operazione impossibile a causa del poco tempo disponibile per un comune mortale, ma Victor trafficava in quel campo e aveva molti agganci in grado di rendere brevissimo il tempo di ricerca. Cominciava così una spietata corsa contro il tempo. Ce l'avrebbe fatta quel delinquente incallito a salvarsi ancora una volta la pellaccia? Il pensiero non sfiorava minimamente il cervello di Dorotea che ormai dava per scontata la dipartita del suo ex socio. Il primo aereo disponibile per la Sicilia partiva alle sette e trenta del mattino e Dorotea alle sei ed un quarto aveva già sbrigato la prassi obbligatoria prima dell'imbarco. Se il volo fosse andato liscio alle nove e dieci sarebbe atterrata sull'isola e nolleggiando un'auto avrebbe potuto arrivare a Messina dove sbarcano i traghetti provenienti dal continente entro le dieci. Forse in tempo per intercettare sulla strada Michele, visto che sapeva per certo che lui non aveva preso l'aereo, non vi era infatti nessuna prenotazione a nome di Manuel Sanchez presso le compagnie aeree a cui aveva chiesto conferma dell'eventuale presenza di quel nominativo, all'atto della prenotazione del volo. Dentro la sua mente cominciava a rimpicciolirsi l'amore per lui custodito nella parte irrazionale ed emotiva, mentre sentiva aumentare una delusione crescente per l'abbandono ricevuto. Appena ricevute le chiavi dall'autonoleggio diede tutto gas, schizzando veloce con la panda bianca noleggiata, arrivando pochi minuti prima dell'arrivo del traghetto delle dieci. Spense il motore e si accostò nei pressi della banchina del porto in doppia fila, non troppo vicino a punto di sbarco, nascondendosi dietro ad un grosso piao di occhiali neri scuri e coprendosi il viso con la sciarpa. Con il freddo che faceva sarebbe passata del tutto inosservata da tutte le persone in attesa dello sbarco. Le macchine cominciarono a sbarcare in fila indiana, con il trambusto tipico dei marinai a fare da vigili urbani affinché tutto avvenisse secondo le procedure di sicurezza. <<Chissà che macchina avrà preso...>> pensò Dorotea, cercando di immaginarsene il modello. <<Ehi..., ma quello...>> Vide una sagoma familiare nascosta dietro ai tanti volti delle persone, intente a sbarcare a piedi <<E' lui>> Certo non poteva agire in mezzo a tutta quella gente e con la macchina della polizia in arrivo. Aveva già avuto fortuna a beccarlo, decise quindi di seguirlo con lo sguardo per vedere se avesse appuntamento con qualcuno venuto a prenderlo. Le fece pure tenerezza vederlo con la sacca blu appesa sulle spalle, camminare a testa bassa. Non aveva l'espressione di un uomo felice e gioioso per la sua libertà, piuttosto quella di una persona intristita ed incerta. <<Cucciolo...>> Quando ormai lo vide diventare piccolo, piccolo, ormai vicino all'uscita dal porto, Dorotea mise in moto la macchina e a passo lento si mise a pedinarlo, sfruttando la coda a passo d'uomo delle altre auto. <<Poevero cucciolo, deve stare attento a camminare ai bordi della strada, con tutte queste macchine...>> Michele non aveva una meta precisa, non sapeva dove trovare colui che stava cercando. Poteva solo farsi guidare dal suo istinto e sperare di avere un pò di quel culo che fin'ora gli era mancato. Ormai si trovava sulla statale, in direzione di Palermo, circondato da campagna spoglia e aria fredda. <<Certo che senza soldi... >> Non avendo un euro in tasca l'unica alternativa era fare l'autostop sperando nel buon cuore della gente del sud, ma tutti pure lì insolitamente sembravano avere una fretta smodata. Michele era intento dentro il girotondo di pensieri della sua testa e camminava a ciondoloni senza girarsi sporgendo solo verso la strada il braccio sinistro con il suo pollicione per aria. Una questione di secondi, appena quanto bastava per sentire dietro a sè il ruggito del motore Fiat della panda in forte accellerazione, l'istinto lo spinse a buttarsi al dilà del guard rail rotolando nell'erba sporca e bagnata. La macchina andò a sbattere violentemente contro la protezione della strada e riprese la sua corsa senza fermarsi, mentre la sacca rimasta sul cemento venne presa sotto le ruote da un pulmino blu carico di muratori che subito accostò avendo visto tutta la scena. <<Ma vaffanculo!>> gridò Michele rimettendosi in piedi, scioccato per essere stato ad un pelo dal morire. <<Tutto bene cumpà?>> chiese il primo a scendere. <<Ma hai visto che roba? Autista da strapazzo, deve aver perso il controllo e manco si è fermato...>> <<Oggi, amico ne capitano proprio di tutti i colori, anche se devo dirti che si è trattato di un incidente strano>> <<Strano? Perchè?>> <<Ma no niente..., mi è sembrato che ti puntasse addosso>> <<Sono appena arrivato, non conosco nessuno qui in Sicilia>> <<E che ci venisti a fare allora a cà?>> <<Cerco una persona, un vecchio che guarda sempre il mare...>> Michele vide l'uomo cambiare espressione anche se era bravo a mascherarlo>> <<Qui sai quanti vecchi cisono che guardano il mare? Signor...? Cumma te chiami?>> <<Io Sanchez, Manuel Sanchez>> <<Minchia,spagnolo sei?>> <<Di origine, di origine, sono nato in Italia>>

 
 
 

La prigione 111

Post n°113 pubblicato il 15 Ottobre 2010 da laprigione

<<Cosa devo fare...>> Si spogliò, preparandosi, subito dopo ,per la notte, non aveva nessuna voglia di andare a mangiare da sola e poi lo stomaco le si era chiuso completamente. Lavarsi i denti e struccarsi ebbe un sapore diverso quella sera. <<Cosa devo fare? Piantare tutto e andarmene da sola?>> Lo spazzolino grattò così forte sui denti arrivando al punto di farle sanguinare le gengive come se fosse alla ricerca di provare un dolore nella carne per sopire quello del cuore. <<Lasciarlo andare? Far finta di niente?>> Ma Dorotea non era il tipo da farsi lasciare in quel modo dall'unico uomo che era arrivata ad amare quasi come il padre. <<Perché non mi ha dato fiducia? Io l'ho protetto e aiuto a tornare libero, perché?>> Le lacrime cominciarono a scendere copiose, mischiandosi con il mascara in disfacimento. Dorotea si sentì sola,abbandonata da tutti specie da coloro a cui aveva voluto maggior bene, ma era abituata a reagire, a trovare nel suo profondo forze inimmaginabili. Non era giusto rimanere lì con il morale a terra, decise pertanto di andarlo a cercare anche se quella sarebbe stata una impresa quasi impossibile e di rimandare la partenza per l'estero pur con tutti i rischi che avrebbe dovuto correre. Victor era un uomo con agganci importanti e gestore di interessi economici più grossi di lui, la sua morte non sarebbe passata inosservata e soprattutto impunita. Le voci sarebbero corse in fretta e nel giro di pochi giorni lei sarebbe diventata il bersaglio numero uno per le organizzazioni criminali più importanti della zona. Paradossalmente, con tutto quello che era successo, nessuno avrebbe mai più cercato Michele, apparentemente morto nel granaio, la situazione si era girata al contrario e adesso chi rischiava la pelle era lei. Decise di scendere verso la Sicilia con il primo aereo disponibile della mattina successiva in quanto già all'interno del carcere qualcuno prima di Michele aveva cercato di mettersi in contatto con il "grande vecchio" ma lei aveva represso ogni tentativo do contrastare il suo potere . L'obbiettivo di Michele poteva essere soltanto il grande capo di tutti i traffici sporchi. Dorotea immaginò che qualcuno avesse messo in guardia il suo uomo su di lei, spingendolo a contattare l'unico uomo dal quale non sarebbe mai potuta sfuggire nè in Italia nè all'estero. <<E' troppo ingenuo Michele, non sa che se lo raggiunge troverà la morte ed in ogni caso se deve morire, voglio essere io ad ucciderlo>> Pensò Dorotea benché in cuor suo sperasse di poterlo recuperare alla sua causa e all'amore che provava per lui. Una notte inquieta a girarsi e rigirarsi nel letto, quella che dovette trascorrere l'ex direttrice, in attesa dell'alba; una notte seduto su di una poltrona nel treno che portava fino in Calabria quella che invece passò Michele, intorpidito dall'aria fredda di un finestrino aperto ed incastrato senza la possibilità di chiuderlo. Tutto sommato due modi comunque tranquilli di passare la notte se paragonati con il ricovero d'urgenza di Victor. Gridava più forte lui della sirena dell'ambulanza che era andata a prelevarlo mentre il fegato comiciava a spappolarsi a seguito della necrosi delle cellule. <<Puttana! Me la pagherai, se ne esco vivo ti farò a pezzi>> Egli sguinzagliò tutti i suoi uomini alla ricerca di dove fosse finita la donna bastarda che lo aveva avvelenato prima di venir sedato dai medici. La sua era un corsa disperata contro il tempo avendo davvero poche speranze di salvarsi. Lo sguardo d'intesa degli infermieri era chiaramente quello di chi già sapeva come sarebbe andata a finire. <<Uno su cento, solo uno su cento ce la fà rimanendo handicappato per il resto dell'esistenza>> dissero a Calogero. <<Non me ne frega un cazzo delle probabilità, fate ogni cosa necessaria almeno, provateci e fatele per bene, per il vostro bene>> Gli rispose lui mostrando la canna della pistola.

 
 
 

La prigione 110

Post n°112 pubblicato il 14 Ottobre 2010 da laprigione

<<Ma io chi sono? Cosa sono?>> La domanda era diretta, precisa, senza scampo. Michele voleva sapere chi fosse davvero, il perchè di una vita vissuta tra eccessi e valori, normale e piatta fino ad un certo punto; fino a quel maledetto giorno che era tornato a casa. L'incarcerazione, l'imbruttimento emotivo, il senso di fallimento. Nessuno lo aveva amato come Dorotea, nessuna si era messo in gioco con la stessa determinazione, violenza e passione, nessuno aveva mai mollato tutto per lui; se questo non era amore, allora che diavolo era la routine, il passar di vita senza emozioni con intorno solo piattole che gli succhiavano tutto. La mente di Michele impazziva non riuscendo a trovare una risposta del perché di un passato assente nel presente. Nonostante tutto anche Dorotea non gli garantiva una affidabilità assoluta. Intelligente, autonoma, vera fino al grido dell'anima eppure così cinica nello sparare in faccia a Virgilio e all'ispettrice incolpevole, puttana all'occorrenza, santa e casta di fronte ad un altare. <<Penso sempre al ruolo degli altri, ma qual'è il mio?>> Raul gli aveva spiegato con intensità di diffidare di Dorotea e adesso Michele, pensandola a letto con uno stronzo come Victor, sentiva fortissime quelle parole. <<Io , non voglio essere il suo cagnolino che aspetta, scodinzolando, in attesa del suo ritorno>> Ormai la strada era tracciata, da uomo libero decise di andare a cercare il "vecchio che guarda il mare", voleva essere assolutamente certo che l'amore per Dorotea non sarebbe stato il cercare di tenere nelle mani una stella del cielo. Decise di andarsene prima dell'arrivo di lei dovendo scoprire quanto ancora non gli aveva rivelato Raul. Un messaggio sul tavolino spartano della camera per comunicare alla sua donna i motivi della decisione: "Perdonami e cerca di capirmi, vado nel profondo sud..." Drammatica la scelta, ma Michele non aveva alternativa, dopo quello che aveva vissuto non poteva più accontentarsi di una vita normale, dentro la routine; doveva essere assolutamente certo di amare, per sé e per Dorotea. Se fosse stato l'ennesimo errore avrebbe mandato a puttane non solo la sua vita, ma anche quella della donna che aveva deciso di amare. Lasciò tutto e prese il primo treno per Napoli e poi ancora più giù verso la Sicilia. Dorotea arrivò, ignara e all'oscuro dei ragionamenti di Michele e aprì subito la porta, in attesa di un bacio completo dal suo uomo. <<Sono io amore!>> Quasi persa e disorientata girò lo sguardo nella stanza, assorbita dal nulla circostante. Nessuno ad accoglierla, l'abbraccio immaginato deturpato da quel piccolo biglietto sul comodino. <<No!>> gridò in un disperato assolto delle corde vocali, piegandosi sulle ginocchia e sbattendo la faccia sul materasso del letto. <<Lui, no, no lui no!>> Quell'uomo l'aveva abbandonata, tradita nei pensieri, dopo tutto quello che aveva fatto per lui; non le aveva dato fiducia e quindi non credeva in lei, non la amava nello stesso modo. Dorotea si sentì doppiamente puttana nell'assenza di tutto. Non esisteva più il padre, aveva perso il lavoro, cancellato il passato per un uomo e lui adesso se l'era filata.

 

 

 
 
 

La prigione 109

Post n°111 pubblicato il 13 Ottobre 2010 da laprigione

Dorotea, tirò le gambe verso di sé, stringendole al petto con le braccia. Tutto sembrava essersi concluso secondo quanto lei aveva programmato, non restava che raggiungere di lì a poco Michele e cominciare una nuova vita, liberi e benestanti. L'idea la rendeva piena di vita e capace di superare ogni prova subita. Si alzò andando a preparare il caffè, come era sua abitudine fare; la voce di Victor che cantava "ti pretendo" di Raf, le fece comprendere che dalla tazza il suo ormai ex socio si era infilato sotto la doccia. Pochi minuti e se lo ritrovò bello pimpante davanti agli occhi. <<Adesso mi sento meglio! Quando la faccio prima metto l'acqua caldissima e poi concludo con quella fredda. E' come ricevere una strigliata, dopo mi sento pieno di energia!>> <<Capisco, bisogna godersi ogni giorno, qualcuno sostiene che bisognerebbe sempre viverlo come se fosse l'ultimo>> << Non ci penso alla morte, prendo quello che posso, Dorotea, in fondo, sarò uno stronzo, ma non ho voluto io venire in questo mondo e se non mi fossi dato da fare avrei vissuto da pezzente come hanno fatto i miei genitori>> <<La vita non va sempre come vogliamo noi, mio padre non doveva morire>> <<Ancora con questa storia? Ma ti sei proprio fissata!>> <<Lui era tutto per me, il senso stesso di ogni cosa per cui ho vissuto>> <<Che cazzo ci vuoi fare? Non possiamo cambiare il passato>> L'espressione di Victor si mostrava impacciata, traspariva chiaramente la sua voglia di andarsene da lì a breve. <<Vado, adesso vado, ma se vuoi stasera torno e facciamo il secondo round!>> Disse lui con un sorriso malizioso stampato sulla faccia. <<Chi non muore si rivede..., chissà>> <<Giusto, giustissimo, alla prossima scopata!>> Finalmente sparì alla vista di Dorotea lasciandole la possibilità di sfogare la sua rabbia tirando con forza la tazzina vuota contro il lavandino. La osservò nel suo frantumarsi in briciole di ceramica. <<Bastardo, stasera ne riparliamo del tuo fegato!>> Poi però la ragione riprese il sopravvento, doveva infatti preparare ogni cosa e raggiungere il suo amato perchè l'aereo sarebbe partito quella sera. La sua mente era già dentro l'altra vita, quella immaginata, sognata e consumata mille volte nella testa. Victor scese al piano terra, sentendo di avere lo stomaco in disordine con dolori che aumentavano sistematicamente e voglia di defecare in modo isterico. <<Cosa diavolo si deve fare per una trombata...>> Sotto ad attenderlo, Calogero che, poveraccio, aveva passato la notte dormendo in macchina. <<Svegliati!>> gli urlò nell'orecchio Victor facendolo saltare per aria. <<Andiamo, devo trovare subito un cesso>> Salito in macchina, Victor riaccese il cellulare, lasciato spento perché nessuno gli rovinasse la serata. <<Vediamo se mi ha cercato qualcuno>> Dopo pochi secondi l'arrivo di un sms del gestore lo avvisò che la sera prima lo aveva cercato una sua vecchia conoscenza. <<Idraulico liquido? Che cavolo poteva volere da me ieri alle 10,30?>> Victor digitò in fretta il numero. <<Sono io, allora? Che è successo?>> <<Ho paura a dirtelo>> <<Ma sei diventato scemo? Sputa>> <<Ho saputo che Dorotea è al corrente che le hai ucciso il padre per addossare la colpa a Michele>> <<Non dire minchiate, me la sono appena fatta>> <<Lei sa e ti vuole uccidere>> <<Ma secondo te una che vuole vendetta nei miei confronti, passerebbe la notte a letto con me?>> <<Hai corso un bel rischio>> <<Senti, chiamami solo per cose serie e adesso vattene a cagare, visto che ci devo andare pure io!>> Victor chiuse la telefonata, ancora ignaro di quanto Dorotea fosse stata sottile per vendicarsi. Tutt'altra notte quella di Michele, passata a camminare lungo i viali di una infreddolita Torino, dopo aver lasciato i bagagli nella stanza prenotata dalla sua compagna. Dentro un cappotto di pelle con il bavaro alzato, aveva continuato ossessivamente a pensare alla serata di Dorotea con Victor. Avrebbe potuto fidarsi di lei? Avrebbe potuto pensare che una persona senza scrupoli nei confronti del mondo, sarebbe stata, per tutta la vita, compagna fedele e romantica? La logica gli diceva che, se era stata disponibile ad avere dei rapporti con l'uomo che le aveva ucciso il padre, al primo girar di vento probabilmente non ci avrebbe messo né uno né due a cambiare atteggiamento e prospettiva. Tutto quel bel manuale fatto per i carcerati, quegli stessi carcerati che poi faceva ammazzare per averne un guadagno in soldi contanti gli fecero comprendere chi o cosa era Dorotea <<Dentro quel corpo vivono due donne diverse, eccola la spiegazione>> Il bene all'estremo e il male all'eccesso coesistevano in lei che aveva trovato in Michele il suo paradiso emotivo.

 

 

 
 
 

La prigione 108

Post n°110 pubblicato il 12 Ottobre 2010 da laprigione

<<Vattene Calogero>> Urlò Victor, indispettito dal lento gustare di lui della miscela di arabica. <<Capo, un minuto, cazzo...>> <<Ho detto di andartene, sono già le 22.30...>> <<Calma, calma Victor, abbiamo tutta la notte, lo vuoi un goccio di rhum con una barretta di cioccolato per chiudere in bellezza?>> intervenne Dorotea <<Amore, sei troppo dolce, dopo ti faccio stare sopra..., te lo meriti>> Era così sgraziato il modo di approcciare di quell'uomo abituato a stupri e puttane da irritare all'eccesso il senso di femmina di Dorotea. Le fece passare ogni desiderio di recitare fino in fondo la sua parte, andò in cucina e cominciò a rovistare nei cassetti alla ricerca di un sonnifero adeguato. <<Eccolo il tavor, con questo dormirà fino a domani mattina>> Lo sbriciolò e lo confuse nel liquore, non avendo nessuna intenzione di farsi possedere il corpo da quel bastardo, sgraziato e violento. Tirò un bel respiro nel petto e tornò di là, con i bicchieri pieni di rhum stagionato in una mano e nell'altra una tavoletta di cioccolato fondente giusto nel momento dell'andarsene via di Calogero. <<Ciao direttrice, io vado>> <<Notte!>> Victor si toccava i genitali, grattando un prurito abitudinario e osservava ogni movimento di Dorotea <<Sei proprio una gran figa!>> <<Anche tu mi sembri un vero maschio, ma adesso brindiamo al futuro>> <<Giusto, sarai la regina del mio harem!>> <<Ti ho concesso questa sera, in onore del passato e di tutto quello che è successo, non voglio essere l'ultima bambola della tua collezione imprigionata a vita>> Lui la fissò con i suoi occhi azzurri vivacissimi <<Insomma, solo una scopata stasera e poi basta. Tutto finito>> <<Esatto>> <<Metti che ti piaccia ciò che ti farò provare?>> <<Voi uomini siete tutti così, pensate di soddsfare sempre e comunque le donne che vi passano tra le mani>> Victor sorrise, si tirò giù la cerniera dei jeans e ingollò il liquore tutto in un colpo, tenendolo in bocca, invitando col dito Dorotea ad avvicinarsi alle mutande e assaggiare con le sue labbra il dono che le aveva portato. Dorotea comprese che doveva stare al gioco, il tavor stazionava come un colluttorio nella bocca di lui e finchè non finiva nello stomaco, non si sarebbe addormentato. Si abbassò pur malvolentieri tirando fuori il membro di lui già evidentemente pronto alla penetrazione facendogli quello che avrebbe fatto volentieri a Michele. <<Brava, così, sì, così>> disse Victor mandando giù il liquido bruciante del rhum facendolo arrivare di colpo nello stomaco. Pochi secondi di quella tortura mentale per Dorotea fino a quando lui lasciò cadere il bicchiere sul divano, schiantato dal tranquillante. <<Che schifo!>> Lo spogliò e lo portò nudo sul letto in camera affinché credesse di averla avuta nella notte, andando poi a lavarsi ripetutamente la bocca con spazzolino e colluttorio. Dorotea ebbe pure la forza e il coraggio di addormentarsi al suo fianco. Victor russava come una trebbiatrice di campagna, lasciando accesso il sorriso sulle labbra della direttrice. <<Domani sera sarà morto>> il suo ultimo pensiero prima dell'abbraccio di Morfeo. Finalmente venne l'alba, in un silenzio soffuso, solo i cinguettii di piccoli uccellini in cerca di riparo dal freddo, comptevano con i rumori molesti di Victor nella sua fase prima del risveglio. <<Ciao caro, sei stato fantastico stanotte!>> gli disse Dorotea, cercando di giocare d'anticipo. <<Mmm..., figo? sono stato figo?>> <<Un vero toro...>> Pur stralunato, nel torbido girare dei suoi pensieri, quella frase gli diede piacere. <<Un piacere bestiale, come nessun uomo ha mai fatto prima>> Confermò Dorotea e mai lo avesse fatto perché quella frase scatenò all'istante le pulsioni di Victor. <<Cazzo, ti voglio chiavare ancora>> La prese inaspettatamente, costringendola ad accettare le attenzioni che aveva cercato di fugare. lei si mise a piangere in silenzio, attendendo che lui facesse i suoi porci comodi. Minuti e minuti come coltellate dentro il cuore fino all'esaurirsi della potenza sessuale di Victor. Nella testa di Dorotea il malessere di quel gesto si abbracciava con la condanna a morte che sapeva avergli inflitto e che non gli avrebbe concesso più di altre ventiquattr'ore di vita. <<Ohhhhhhhh, adesso mi sento meglio, anche se ti ho sentito un tantino freddina>> <<Mi sono appena svegliata, è che ho sonno, preferisco farlo di sera>> <<Capisco, capisco, sai cosa mi succede adesso?>> <<No>> <<Mi scappa da cagare!>> Victor sorrise con quella sua bocca larga <<Scusami, ieri era tutto buonissimo, ma adesso ho la cacarella!>> poi corse al cesso per liberarsi.

 
 
 

La prigione 107

Post n°109 pubblicato il 10 Ottobre 2010 da laprigione

Finalmente cominciarono a mangiare, seduti a quella tavola che sembrava uscire da un tempo passato, in un irreale silenzio dovuto agli atteggiamenti sgraziati di Victor e di Calogero. <<Buoni>> esclamò Victor pulendosi la basella del mento con il tovagliolo <<Ti piacciono?>>Gli rispose Dorotea sfoderando uno sguardo da gatta che non passò inosservato. <<Fantastici, direi che sono buoni da morire!>> Lei sorrise a quella battuta, sapendo quanto fosse reale. <<Ne vuoi ancora una porzione?>> <<No, grazie, voglio assaporarmi anche la seconda portata>> <<E tu Calogero?>> <<Io sì, se vuoi finisco la teglia>> <<Bravo Calogero, bisogna dare soddisfazione a chi cucina>> <<La soddisfazione te la do io dopo!>> Fece la solita sparata il truculento Victor che, non appena Dorotea sparì in cucina, colse l'occasione per dire al suo compare di andarsene in fretta. <<Magnati il secondo, il dolce e appena finito il caffé, devi sparire, voglio che scendi e mi aspetti in macchina fino a quando non avrò finito con lei>> <<Certo capo>> <<Non crearmi intoppi, ho troppa voglia di farmela>>. Passarono alcuni secondi in cui Victor continuava a confermare con l'espressione degli occhi quanto si sentisse arrapato e Calogero conosceva fin troppo bene quello sguardo, fino a che non ricomparve Dorotea tenendo tra le mani la teglia dell'arrosto condito piacevolmente da castagne e noci. <<Ecco una delle specialità che mi riesce meglio>> Il profumo che invase la stanza era talmente buono da spingere i due uomini ad annusare ripetutamente l'aria mentre lei cominciò a tagliarlo con un coltello speciale che sembrò infilarcisi dentro con una facilità straordinaria. Dorotea lo suddivise in tante fette quasi perfette, stendendole nei piatti da portata e ricoprendole con l'intingolo meraviglioso dei frutti dell'autunno. <<Caspita, le lasagne erano buonissime ma questo è davvero super, ti giuro>> esclamò Victor, rapito e sorpreso che quella donna fosse, tra le altre cose, anche una cuoca raffinata. <<Grazie, sei carino a dirmelo. Però adesso vorrei chiederti se hai scoperto chi è stato ad uccidere mio padre>> Il cambio di discorso quasi brutale fece andare il boccone di traverso a Calogero che nascose lo sguardo dentro il piatto. <<Te l'ho già detto, credo sia stato Michele, indagando non ho saputo altro. Te lo giuro>> <<Nulla di nuovo quindi? Ci rimarrei molto male se tu mi nascondessi qualcosa>> <<Tesoro, non potrei mai, mi piaci e sei donna, facciamo affari assieme... abbi fiducia del tuo socio>> <<Non mi fido di nessuno, faccio come te. Il pezzo di merda che lo ha ucciso lo scoprirò e gliela farò pagare>> <<Giusto, non ho nulla da contestarti, anzi facciamo un bel brindisi alla verità, alla vita e a noi prossimi amanti!>> Victor alzò verso il lampadario il calice, invitando con ampi gesti anche Calogero a farlo, il quale si unì immediatamente. Dorotea guardò prima uno e poi l'altro, per un attimo indecisa se farlo o meno. <<Allora? Non vuoi brindare con noi?>> <<Ma certo, la verità verrà fuori prima o poi>> La sbatter di calici servì a festeggiare quello che avevano in mente Victor e Dorotea in realtà. Il primo la scopata imminente e lei l'atroce morte che aveva confezionato per l'aguzzino di suo padre. <<Sparecchio e vi porto il dolce>> Calogero era lontano mille anni luce dal comprendere la portata dei ragionamenti della direttrice del carcere, d'altronde il suo cervello, limitato, analizzava la vita solo nei suoi elementi essenziali, in quel momento pensava solo a che cosa avesse preparato come dessert Dorotea. <<Pere al forno con miele, una vera leccornia!>> Nella mente di Dorotea l'agrodolce sapore di concedere la zuccherina percezione prima del contorto mal di stomaco, voleva rendere raffinata quella condanna a morte. Non le spiaceva nemmeno per Calogero, l'uomo che faceva i lavori sporchi, quais incosapevole del suo ruolo e delle conseguenze. Victor infilava continuamente il cucchiaino nella polpa dolce delle pere e nel miele, portandeselo poi alla bocca nel momento in cui tirava fuori la lingua, pensando, nella sua gretta mente, di eccitare così la percezione di Dorotea, facendo in realtà la figura di un vero pirla. Divagazioni varie sulla politica e sulle "imprese" compiute da quel delinquente e i suoi scagnozzi portarono rapidamente alla fine della cena, sancito dal borbottio della caffettiera.

 
 
 

La prigione 106

Post n°108 pubblicato il 07 Ottobre 2010 da laprigione

Non rimaneva che immergersi nella vasca da bagno, sommersa dalla schiuma e rilassarsi, massaggiando le nudità custodite; che meraviglia chiudere gli occhi e ripensare all'amore consumato con Michele, alle sue mani, a quegli occhi che l'avevano arpionata dentro il cuore, al male piacevole di essere donna per lui. Poche ore e tutto sarebbe finito, scrollandosi dalla pelle la voglia di vendetta per l'uomo che aveva ucciso suo padre. Uscì da quel tepore caldo dopo una ventina di minuti e si sedette davanti allo specchio, cominciando ad asciugarsi i capelli. Sentire il phon passare tra i suoi ricci le ricordò quando da piccola era il padre a farlo, lo faceva così delicatamente che per lei era diventato un vero piacere affettivo. Aprì di colpo gli occhi e prese velocemente la proboscide della doccia, sferzandosi la faccia con l'acqua bollente. Era dolce all'inizio quel ricordo e amaro nel suo finale, così amaro che la mente si era abituata a rimuoverlo, a tagliarlo per tenere solo la parte buona. Amava e odiava gli uomini in un continuo stare in bilico sul filo della ragione, ma quella sera non aveva il tempo per lasciarsi andare fino in fondo, doveva curare il suo aspetto per diventare la donna più bella sulla faccia della terra. Alle 19 in punto l'opera era completata, giusto un'ora prima dell'arrivo di Victor. <<Noi donne siamo in grado di fare molte più cose dell'uomo, anche contemporaneamente>>. Dorotea si sentiva superiore e capace di controllare il suo destino. Per lei la donna sottomessa e compagna "di secondo livello" del maschio era un retaggio del passato, un ricordo del profondo sud. Quella sera sarebbe andata in scena la sua interpretazione da Oscar, voleva fingere su tutto in maniera magistrale per infilare nella trappola l'uomo che l'aveva ferita nel profondo, nel suo lato oscuro. Lo aspettò in interminabili attimi fino a quando, infine, lui arrivò. <<Ciao Victor>> <<Ciao Doroty, che figa che sei stasera!>> <<Non potevo fare di meno per te>> Lui cercò di baciarla subito con quella sua barba incolta. <<Quanta fretta, la notte è lunga>> Lei lo fece arrivare fino all'abbraccio ma gli rifiutò le labbra rosse come ciliege mature. <<Che palle, tutto questo romanticismo, vieni dentro Calogero!>> <<Non sei venuto da solo?>> commentò sorpresa Dorotea. <<Amica mia, non mi fido di nessuno, lo sai>> <<E io che mi aspettavo una cenetta romantica>> <<La cenetta la faremo in tre, ma lui dopo se ne starà seduto buono, buono sul divano, mentre io e te facciamo il ciupa ciupa>> Dorotea aggrottò le sopracciglia <<Non c'è che dire, sei veramente uno di classe>> Victor comprese immediatamente che si stava comportando da pirla. <<Scusami Dorotea, non ci so fare con le donne, quelle che ho voluto me le sono prese quando e come ho voluto, non volevo offenderti, adesso mi do una calmata>> <<Ma sì, accomodatevi a tavola, ci sono già dei bignè salati e una bottiglia di prosecco aperta, vi raggiungo subito, dopo aver controllato le lasagne>>. Calogero non si fece pregare per ingurgitare subito un paio di pasticcini salati. <<Buoni, capo, davvero buoni>> Che strana quella cena con il terzo incomodo. <<Come vanno le cose al carcere? Ho saputo che Michele si è dato fuoco da solo...>> chiese Victor <<Esatto>> <<Quel cornuto, sono contento che sia andato arrosto, ci ha creato solo problemi fin dall'inizio>> <<Ha avuto quello che si meritava>> <<Sicura? Un uccellino mi ha detto che stavate incollati spesso nel tuo ufficio>> Dorotea cominciò a sentirsi a disagio. Vicotor le stava dicendo che ogni cosa lei avesse fatto nel carcere, qualcuno la aveva osservata e lo aveva riferito a lui. <<Vedo che non ti sfugge nulla>> <<Sarei già morto da un pezzo se fossi uno stupido>> L'atmosfera cominciò a migliorare un tantino con il consumare del vino. <<Adesso sono pronte! Vi faccio assaggiare le mie lasagne>> <<Non vedo l'ora, si sente un profumino>> esclamò Victor <<Hai ragione, capo, ho una fame!>> Iniziava la fase più delicata del piano di Dorotea, tirò fuori la teglia dal forno avendo cura di mantenerla esattamente come posizionata per poter riconoscere le parti avvelenate e quelle commestibili. Si sarebbe giocata il tutto per tutto, tagliandola in tavola proprio sotto gli occhi di Victor e del suo scagnozzo. La mise in bella vista mentre i due allungavano il collo per sentirne il profumo, poi la tagliò disegnando una croce con il coltello. La prima la mise sotto il naso di Victor che però la passò a Calogero. <<A me dammi quella alla tua sinistra, mi piace abbrustolita la lasagna, mi ricorda quella che mi faceva mia zia>> <<Sicuro?>> disse Dorotea rassicurandolo implicitamente. <<Sì, sì voglio proprio quella>> Il destino giocava ancora una volta a favore della direttrice. Victor aveva scelto proprio una di quelle due con l'amanita falloide. Gliela diede, cercando di essere dolcissima nei modi. <<Ti trovo in gran forma questa sera>> <<Piccola vedrai dopo, mi immagino già il tuo culo nudo>> <<Dai, che mi stai eccitando e non va bene con qui davanti Calogero>> Il quale se ne uscì con una battuta infelice <<Tutte grandi zoccole le donne...>> provocando l'ira del suo capo. <<Che cazzo stai dicendo? Pezzo di merda, Dorotea non è come le altre donne, solo io posso parlare di sesso con lei. Chiaro, bestione? Sono stato chiaro?>> Urlò con gli occhi di fuori, afferrando il coltello in modo minaccioso e avvicinandosi pericolosamente alla gola del suo compare, lo fece diventare piccolo, piccolo. <<Scusami Victor, non volevo mancarti di rispetto>> <<Scemo, scusati con lei non con me!>> La tensione era aumentata improvvisamente e Dorotea agì per non farla degenare. I due non avevano ancora mangiato le lasagne. <<Calmati Victor, fallo per me>> <<Lasciami fare, voglio che ti chieda scusa in ginocchio. Fallo o ti taglio la gola...>> Calogero si mise genuflesso e con la voce tremolante lasciò uscire dalla gola un umiliante <<Scusami Dorotea>>

 

 
 
 

La prigione 105

Post n°107 pubblicato il 06 Ottobre 2010 da laprigione

<<Ok, mi faccio una doccia, mi vesto e me ne vado, l'aria mi farà bene>> Michele prese e si chiuse in bagno cercando di nascondere il disgusto che provava. Dorotea non appena lo vide sparire dalla sua vista, aprì l'armadio facendo scorrere l'anta a specchio e tirò fuori dal terzo cassetto i vestiti che aveva comprato per il suo uomo. Calzini, maglia e mutande nere della "Pompea" e li buttò sul letto cercando subito dopo nello scomparto adiacente il gessato blu appeso proprio di fianco alla camicia bianchissima. Tirò fuori anche quelli appendendoli alla maniglia della porta della camera. Non rimaneva che recuperare le scarpe nero fumo che aveva nascosto sotto il letto. Ci teneva a Michele e voleva vederlo felice e al massimo del suo splendore, ma soprattutto voleva cogliere l'espressione del suo viso nell'istante in cui sarebbe uscito, rendendosi conto dell'ennesimo regalo che gli aveva preso. Si rimise dunque sotto le lenzuola incrociando le mani dietro la testa e attendendo che lui finisse di farsi bello. Quando Michele infine uscì fece una espressione quasi inebetita, facendola sorridere. <<Dorotea, per me? Questa roba è per me?>> <<Certo!>> Faceva un certo effetto vedere abiti di classe da indossare. <<Non ho parole, con te mi capita spesso>> <<Allora non dire nulla, baciami e abbracciami forte, forte>> Lui la prese e la fece roteare nell'aria sparandogli una raffica di bacetti a fior di pelle sulle labbra e sulle guance in un girotondo senza tempo ma pieno di vita. <<Devi andare adesso, è già tardi>> <<Ok, ma sappi che ti amo, ti amo tanto, una cifra>> <<Dai vestiti, che voglio vederti vestito elegante, come non ti ho mai visto finora>> <<D'accordo ma tu girati, mi vedrai solo quando sarò un damerino!>> Che emozione sentire il profumo degli abiti nuovi addosso dopo essersi fatto la doccia. <<Fatto, puoi vedermi! Sono figo?>> <<Troppo figo, sono quasi gelosa delle donne che ti vedranno sul treno>> Michele fece un giro su sé stesso assumendo l'espressione da uomo vissuto e accennando un ballo di tip-tap, poi la baciò ancora una volta teneramente, raccolse le sue cose dentro il borsone e uscì per raggiungere la stazione ferroviaria. Una volta che lui uscì, Dorotea ripombiò velocemente nel ruolo della vendicatrice. La prima cosa da fare era mettere in ordine e pulire la casa, tirare fuori i funghi velonosi che aveva surgelato e una volta finito recarsi a fare la spesa per preparare la "cenetta" per Victor. Ore di corsa per far sì che tutto fosse in perfetto ordine. Ogni oggetto al suo posto, ogni cosa come programmato dentro la sua mente diabolica. Il menù prevedeva lasagne con misto di funghi, seguito da un arrosto con le castagne e le noci, piatti sublimi per quel freddo fine gennaio e a chiudere pere cotte al forno con miele. Non poteva, Dorotea, cucinare i funghi velenosi a parte. Lui avrebbe dovuto veder arrivare la teglia in tavola e il mangiare di lei delle stesse cose. Pur rischiando, distribuì i funghi buoni assieme a quelli mortali nella teglia della lasagne dividendola a zone. Due sane e due velenose. Mise allo stesso tempo l'arrosto nella pentola a pressione con aglio, cipolla, carota e sedano facendolo cuocere per 40 minuti tondi, tondi, aggiungendo prima di chiudere una spruzzata di barolo. Si curò poi di apparecchiare la tavola con una tovoglia rosa antico attraversata da elaborati disegni floreali impressi su cui mise in bella mostra piatti e posate massicce, al posto dei bicchieri dei calici d'argento. Tutto l'insieme illuminato da alcune candele profumate di grosso spessore messe all'inizio, in mezzo ed alla fine della tavola. Di sottofondo la musica anni 80 degli Spandau Ballet. <<Mi sembra perfetto, se fossi un uomo mi innamorerei di me stessa>>

 
 
 

La prigione 104

Post n°106 pubblicato il 04 Ottobre 2010 da laprigione

Il risveglio di Dorotea fu dolce quando lo vide arrivare e delicatamente accomodarsi nel letto di fianco a lei. <<Eccolo il mio cameriere gentiluomo!>> esclamò decisa. <<Per te tesoro servizio in camera,ma non farci l'abitudine, in genere sono pigro alla mattina e adesso dammi un bacio qui, proprio qui sulla mia bocca>> Lei lo fece facendo schioccare le labbra. <<Sai Michele, anche stanotte non ha fatto altro che confermare che tu sei quello che voglio dalla vita. E' stato tutto così naturale, istintivo e coinvolgente. Ogni cosa di te mi è piace, l'odore..., i tuoi sapori, i modi che hai, per non parlare delle tue mani... mi sanno toccare>> <<Forse è il destino che ha voluto che ti incontrassi, non faccio nessuno sforzo per cercare di piacerti, ti piaccio così come sono ed è una cosa bellissima!>> <<Cosa vuoi dire?>> <<Non riesco a spiegarlo completamente, ma è come se con gli altri avessi dovuto sempre mettere una maschera ed interpretare il ruolo che loro si aspettavano da me, con te mi sento libero di mostrare la mia natura. Ecco sì, mi sento libero>> <<Sono commossa, belle parole, soprattutto da uno che è stato chiuso in una prigione tanto tempo, credo di capire. In una cella o fuori nella vita di tutti i giorni siamo prigionieri di convenzioni, schemi, idee, complessi, quasi mai riusciamo ad essere noi stessi>> <<Proprio questo, anche nel fare l'amore con la mia ex moglie non riuscivo ad essere io, mi aveva creato un blocco psicologico. Ci vuole chimica e sintonia cerebrale>> Passarono poi alcuni minuti di relax in cui essi consumarono la colazione e si profusero delle coccole affettive, tutto perfetto fino a quando Dorotea non ricordò a Michele che cosa doveva ancora accadere. <<Caro, ti ho procurato i documenti nuovi>> <<Amiga, lo sa bene Manuel Santos!>> <<Ho preso un biglietto del treno per Torino, parte alle 11.00, ti ho prenotato anche un albergo nei pressi della stazione per stanotte>> <<Ma non partiamo assieme domani?>> <<No>> rispose lei un tantino impacciata <<Devo sistemare la faccenda con Victor>> Michele si rabbuiò come se gli fosse caduto addosso l'inverno <<Ho capito, mi spedisci perché lui verrà qui stasera>> <<Ti ho già spiegato, mi fa male parlarne ancora, ti prego, è l'ultimo ostacolo sul nostro futuro. Io sento che devo farlo e nelle cose vado sempre fino in fondo>> <<Comprendo, ma mi girano le palle, non potremmo tirarlo sotto in macchina? Perché ci devi proprio andare a letto>> <<Non lo capirai ma te lo spiego lo stesso: voglio che lui pensi di aver vinto su tutti i fronti, che si senta un dio in terra, all'apice della sua vita, morire gli brucerà cento volte di più così e soffrirà come un cane prima di andarsene da questo mondo, gli si spaccherà il fegato.. Se dovesse sopravvivere sarebbe per noi una minaccia terribile ma io ho curato ogni particolare, sono meticolosa.

 
 
 

La prigione 103

Post n°105 pubblicato il 03 Ottobre 2010 da laprigione

<<Grazie lei è stato davvero cortese, tenga il resto>> <<Signora fossero tutti come lei i clienti sarei ricco! Arrivederci!>> Nel vedere il taxi allontanarsi Dorotea ebbe un attimo di commozione, la tensione era stata davvero tanta e adesso aveva un gran bisogno di sfogarsi. Prese l'ascensore e salì in casa, preoccupandosi come prima cosa di aprire la valigia nell'atrio per liberare finalmente il suo uomo. <<Era ora, sono quasi morto schiacciato come una sardina lì dentro>> <<Ne valeva la pena, ora sei libero e senza nessuna accusa sulle spalle>> <<Già, adesso sono Manuel Santos!>> Michele prese a guardarsi intorno, curioso di conoscere qualcosa di più della sua donna. L'ambiente in cui uno vive, gli oggetti e le cose raccontano molti particolari della personalità. <<Io vado in bagno a rinfrescarmi, tu mettiti comodo>> Dorotea sparì dietro alla porta laccata bianca, nascondendo a Michele la crisi emotiva che aveva in atto per smaltire la quale doveva assolutamente lasciarsi andare ad un pianto liberatorio. Lo fece nascondendone il grido con lo scroscio dell'acqua nella vasca. La prima cosa che Michele notò furono le foto appese alle pareti del corridoio e del soggiorno; erano tutte quante dalla prima all'ultima foto raffiguranti il padre di Dorotea, scene di loro due abbracciate, partendo dall'infanzia fino alle ultime scattate quando il padre era in carcere. <<Cavolo, sono dappertutto>> Evidentemente nel rapporto tra i due c'era qualcosa di morboso che andava ben oltre il semplice rapporto affettivo come se lei avesse avuto nei confronti di colui che l'aveva generata una specie di mania. L'arredamento era moderno e giocava sul contrasto di colore tra il marrone e il bianco addolcito dalla presenza di fiori e piante. Anche le pareti della cucina erano tappezzate dalle foto del padre al punto di lasciare basito Michele, evidentemente in Dorotea c'era qualcosa di strano ancora non completamente emerso nel loro rapporto. <<Chissà che vita ha fatto da piccola>>. Il piano cottura, invece, riccamente dotato di attrezzatura da cucina, indicava chiaramente che la sua donna doveva cavarsela più che egregiamente come cuoca e questo era senz'altro un punto a suo favore. Michele si sentiva eccitato e non riuscì a controllarsi, bussò alla porta del bagno <<Che ne dici se vengo dentro anche io e facciamo il bagno assieme?>> <<Non l'ho mai fatto con un uomo, la vasca è stretta...>> <<Ecco un buon motivo per farlo, prova e vedrai che non te ne pentirai>> <<Giusto e poi te lo meriti dopo essere stato a disagio tutto questo tempo, vieni>> Michele non se lo fece ripetere due volte, si spogliò velocemente buttando i vestiti per terra ed entrò già completamente nudo nel bagno. Quando entrò lei era nella vasca coperta dalle mille bolle della schiuma e vedere Michele con il suo fisico asciutto e ben costituito era davvero piacevole anche perchè l'eccitazione cominciava a dare potenza al "suo essere uomo". <<Wow, vedo che "lui" si è già messo in piedi>> <<Amore ho una voglia matta addosso, fammi spazio, voglio mettermi dietro di te>> Dorotea si mise sul fianco e Michele gli si posizionò dietro, abbracciandola ed immergendosi nell'acqua calda. <<Che meraviglia!, un bagno..., era una vita che non lo facevo più>> Gli venne istintivo cominciare a baciarla sul collo. <<Ahi! Michele hai la barba lunga pungi come un istrice!>> <<Scusami, hai ragione, allora non ti bacio più, però ti prego fammi entrare, voglio penetrarti adesso>> Lei fece cenno di sì con la testa e tirò fuori dall'acqua una gamba per dargli più spazio. Finalmente Michele la prese passando dal caldo dell'acqua al bollente accoglimento della sede della passione di lei. La penetrazione fu dolcissima, passionale ed intensa al punto che Dorotea provò tanto piacere non poter stare zitta. La gridò tutta quella sua soddisfazione. <<Dio mio, non ho mai provato un piacere così>> disse a Michele girandosi e abbracciandolo con una tenerezza infinita, cercando le sue labbra per ricevere dopo il sesso anche l'affetto. <<Ma ho la barba!>> le rispose Michele appagato due volte da quell'amplesso, la prima per aver fatto godere la sua donna che gli diede una enorme soddisfazione e la seconda per aver sfogato la voglia che da qualche ora si teneva dentro. Poi i due uscirono dall'acqua, asciugandosi reciprocamente il corpo con gli asciugamani, era bello sentire sotto le dita la pelle uno dell'altra e molto sensuale. Si guardarono negli occhi comprendendo di non aver ancora esaurito la voglia di fare l'amore.Michele, sorprendendola la prese in braccio e la portò nella camera da letto, rimanendo per un attimo di stucco. La stanza, infatti era completamente viola dalla pittura sulle pareti al copriletto, ai mobili, tutto in una sfumature di tinte tendenti al viola. <<Ti piace il viola, vedo>> Le disse adagiandola sul letto e accarezzandole i piedini. <<Non solo mi piace ma è il colore che mi porta fortuna>> <<Ok, ascolta, adesso vado a farmi la barba, hai un rasoio in bagno?>> <<Sì ma è uno di quelli che usiamo noi donne per raderci le gambe>> <<Andrà bene lo stesso, dove si trova?>> <<Nel primo armadietto sotto il lavandino>> <<Tu aspettami, ho voglia di assaggiarti tutta stasera, voglio baciare ogni centimetro del tuo corpo>> Dorotea incrociò le gambe <<Io sono qui e dopo ti farò la festa, te l'ho promesso>>

Per Michele radersi quel giorno, con la sua donna ad attenderlo, distesa sul letto e pronta a fargli l'amore gli diede un piacere inspiegabile. Molte volte la cosa più bella sono l'attesa e l'aspettativa, curò di farla accuratamente, passandosi e ripassandosi la mano sulla pelle alla ricerca dei peli sfuggiti alla lama, finendo l'opera lavandosi i denti con lo spazzolino di Dorotea. Quando tornò nella stanza lei era in piedi coperta solo da una sottilissima sottoveste semi trasparente; sembrava una dea dell'Olimpo scesa dal cielo per lui. Michele non disse una parola, non vi erano parole per descrivere l'emozione che sentiva palpitante dentro;lei gli prese le mani, le guardò e le toccò con le sue dita, portandole poi alla bocca e sfiorandole con le labbra. In un gioco ad incastro i due cominciarono ad esplorare ogni centimetro del corpo dell'altro, toccandolo e baciandolo molto delicatamente. Tra di loro vi era una sintonia nella chimica e nelle volontà che diventava sinfonia melodica quando cercavano di darsi reciproco piacere. Questa volta non lo avrebbero fatto di fretta, con la paura dell'arrivo improvviso di qualcuno, ma si sarebbero lasciati andare completamente e avrebbero sfruttato ogni minimo istante per diventare una cosa sola. Ci vollero ben due ore prima che i loro desideri cominciassero a spegnersi nella notte inoltrata e di fronte alla luna piena che illuminava i loro volti soddisfatti e vicini. Bellssimo anche il risveglio con il sole ad attraversare il vetro della finestra e il tepore delle coperte felpate ad avvolgerli.<<Ti amo, nessuno potrà mai darmi quello che mi hai dato tu>> disse nel dormiveglia Dorotea, affascinante anche senza trucco e la cosa piacque da morire a Michele, già sveglio e pronto ad ascoltare, al punto da spingerlo ad alzarsi e a preparare il caffè per la sua amata. Non lo aveva mai fatto per colei che aveva sposato. Per un attimo, si sentì un groppo al cuore, i fallimenti se li portava dietro, pensando a tutto quello che avrebbe potuto fare non fece per salvare il suo precedente matrimonio ma poi la ragione gli venne di supporto. <<Cazzo, non è stata solo colpa mia, lei non c'era mai quando io ne avevo bisogno>>. Il borbottio della caffettiera lo riportò alla realtà, che meraviglia il profumo del caffè appena fatto e lo spinse a cercare si vifosse qualcosa per accompagnare, da mettere sul vassoio. Rovistò nei cassetti cercando dietro ad ogni antina e riuscì a trovare dei biscotti di riso decidendo poi di aprirne la confezione e di metterne in bella vista una decina dentro un piattino al centro del vassoio assieme allo zucchero.

 

 
 
 

La prigione 102

Post n°104 pubblicato il 02 Ottobre 2010 da laprigione

Passarono lunghissime quelle ore dentro un monologo interiore che Michele faceva a sé stesso per capire chi fosse veramente fino a quando finalmente arrivò Dorotea. <<Bello rivedere il tuo sorriso>> <<Grazie Michele, sono stanchissima>> rispose lei baciandolo e accarezzandogli i genitali con la mano. <<Ehi, ma questo non me lo aspettavo da te!>> <<Chi la fa l'aspetti! Ho passato due ore con l'eccitazione addosso, vedrai adesso che ti porto a casa che ti faccio!>> Michele ne fu sorpreso piacevolmente. In quella donna scopriva continuamente qualcosa di nuovo, di diverso o inaspettato. Comprese il potenziale erotico della sua compagna, esaltato all'interno dell'amore condiviso tra di loro e dalla sua pungente ironia. <<Adesso avrò più problemi, chiuso nella valigia con il mio "coso" impazzito!>> <<Dai, su, non fare il bambino, un'ora ancora e sarai Manuel Santos>> Michele si infilò con fastidio nel contenitore che lo avrebbe accompagnato fuori dal carcere. <<Non mi piace, che nome da pirla>> <<Ma quante storie, uff, abbassa la testa>> Dorotea chiuse col ginocchio la parte superiore della valigia fino a poter far scattare le sicure. <<Quando esco batto due colpi col piede sulla valigia, stai pronto e assolutamente in silenzio>>. Dieci minuti dopo anche lei era pronta e diede il segnale. Con disinvoltura uscì dal suo ufficio trascinando dietro al suo corpo sinuoso la valigia con la maniglia in dotazione mentre nel cortile ad aspettarla era già arrivato il taxi. L'autista scese e un volta aperto il bagagliaio della macchina, le andò incontro per aiutarla a caricare le valige. <<Grazie, lei è gentilissimo>> <<Mio dovere, signora, mio dovere>> <<Dietro metta solo quella grossa, il baeuty case lo tengo davanti>> Il basso e robusto autista diede il suo assenso strizzando l'occhio ma quando cercò di sollevare la valigia per metterla dentro la macchina, rima se bloccato al primo tentativo. <<Signora, è proprio vero che le donne portano un sacco di roba, ma questa pesa come un macigno>> <<Libri, caro amico, molti libri e fascicoli di lavoro, ma sono sicura che un uomo come lei possa farcela a caricare il tutto senza chiedere aiuto, ma se proprio non ce la fà.... lo domando a due dei miei uomini>> <<Io uomo vero sono, calabrese d.o.c non chiami nessuno>> Pungolato nell'orgoglio dalla direttrice, l'uomo si mise di impegno, facendo uno sforzo che mise a dura prova la schiena e con uno strappo di potenza eseguito con tutte e due le mani la tirò fino a farla poggiare sul bordo inferiore del bagagliaio e poi usando anche il ginocchio la fece ribaltare su sé stessa fino a farla cadere all'interno. <<Ha visto?>> <<Ho visto, complimenti>> rispose Dorotea con un sorriso compiaciuto sotto i baffi. Anche le guardie presenti nel cortile si erano talmente divertiti della scena buffa di quell'ometto da non chiedersi come mai la valigia pesasse così tanto; d'altronde dopo anni di servizio al fianco della direttrice non avevano alcun motivo di dubitare di Dorotea, che uscendo con il finestrino abbassato, li salutò sventolando la mano a destra e sinistra. L'autista continuava a fissarla dallo specchietto retrovisore <<Signora la vedo particolarmente felice oggi, è il suo compleanno per caso?>> <<No, ma ha ragione, questo per me è uno dei momenti più belli della mia vita>> <<Allora vuol dire che va a trovare il suo ragazzo!>> <<In un certo senso è vero, diciamo che adesso in avanti il nostro rapporto potrà essere più libero...>> <<Auguri allora e figli maschi!>> La macchina schizzò via lungo la statale, senza particolare traffico verso la meta stabilita, la casa di Dorotea, un appartamentino al terzo piano di una palazzina rosa.

 

 
 
 

La prigione 101

Post n°103 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da laprigione

Completamente diversa era, nel frattempo, la situazione di Michele con le osse schiacciate che iniziavano ad indolenzirsi e l'ossigeno scarso proveniente dai piccoli fori fatti dalla sua donna per permettergli il livello minimo di sopravvivenza. <<Non ce la faccio più, devo uscire>> Il pensiero cominciava a diventare sempre più insistente alimentato dalle gocce di sudore che copiose fuoriscivano dal corpo immobilizzato. <<Ecco, pure il prurito ci voleva>> Un fastidioso pizzichio proprio vicino all'inguine lo fece diventare nervoso costringendolo a spingere con tutte le sue forze sulle pareti della borsa. <<La spacco, io la spacco, devo grattarmi>> Mentre la valigia sussultava rinchiusa dentro l'armadio, Michele sentì la porta dell'ufficio aprirsi, immediatamente si immobilizzò, per cercare di intuire se la persona entrata fosse Dorotea e non qualcuno di inatteso. I passi all'inizio erano così leggeri da essere quasi impercettibili, poi cominciarono a diventare più chiari accompagnandosi all'apertura dell'anta delll'armadio fino a quando lo scattare delle serrature della valigia gli fece comprendere che si trattava proprio di lei. <<Michele è fatta!>> esclamò con la gioia dipinta dentro il rimmel a contorno di suoi occhi da cerbiatta. <<Sì,, sì, ho capito...>> gli rispose lui tirando fuori lentamente senza forzare gli arti <<Un'ora qua dentro è stata come una settimana nella cella d'isolamento, devo essere claustrofobico>> <<Amore, amore, mi spiace, vieni qui che ti stropiccio tutto>> Dorotea non riusciva proprio a contenere la sua gioia, lo abbracciò e lo strinse a sé in modo molto affettuoso, baciandolo al tempo stesso sul petto, sul collo e sulle braccia <<Lo capisci? Sei un uomo libero adesso! Non hai più una condanna da scontare, io e te per sempre>> Travolto da tutta quella vita pulsante, da quell'entusiasmo esplosivo nei suoi confronti Michele ne fu contagiato e tutti i pensieri su cosa fosse giusto o sbagliato, scomparirono dalla sua mente, lasciando spazio alla passione. <<Ti voglio Dorotea..., adesso, qui>> <<Anche io ti vorrei, credimi non sai quanto ma non possiamo fare un passo falso adesso, ne avrò ancora per un paio d'ore>> <<Due ore? Una vita>> ribattè lui. L'istinto di donna leggeva negli occhi di Michele quella voglia animale primordiale d'accoppiamento ma in Dorotea prevaleva la ragione <<Cosa sono due ore in confronto all'eternità? Devo andare, quando avrò finito farò venire un taxi e ti porterò a casa mia, dovrai sopportare la valigia ancora solo per il tragitto>> Michele chiuse gli occhi facendo un profondo respiro ma subito li riaprì in quanto essi non riuscivano a staccarsi dal seno di lei quella sera; glieli strinse fra le mani nonostante il vestito, baciandola in modo possessivo poco prima che lei se ne andasse. <<D'accordo, ti aspetto qui ma nella valigia non ci torno fino a quando non è ora di andare a casa tua>> <<Ok, vado, a dopo>> disse lei sulla porta. Michele si mise seduto sulla tazza del water cominciando ad immaginare come sarebbe stato il suo futuro. Il destino all'improvviso sembrava avergli servito un poker d'assi, cancellando di colpo tutto il suo passato,almeno per gli altri,ma si chiedeva se davvero avrebbe potuto dimenticare tutto quello che aveva vissuto e provato. <<Dimenticare..., come se non fosse mai successo niente, fosse facile>> Tirò lo sciacquone dell'acqua <<Se ne va quello stronzo di Michele, addio>> Lo tirò una seconda volta , voleva essere certo che di lui non rimanesse traccia, ma una vocina dentro il cuore gli diceva che non si poteva fuggire da sé stessi anche se le cose cambiano, che le emozioni, le sensazioni che lo avevano accompagnato nel bene e nel male gli sarebbero rimaste cucite addosso come una seconda pelle.

 
 
 

La prigione 100

Post n°102 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da laprigione

Si infilò dentro l'ufficio, mettendo subito la valigia dentro l'armadio perché non fosse visibile da coloro che entravano e uscivano per incontrarla, dopo di che si sedette aspettando l'evolversi degli eventi, si stava giocando tutto, se la cosa non fosse andata per il verso giusto, non avrebbe avuto altre possibilità di tirare fuori "pulito" il suo uomo.

Dieci minuti passarono lentissimi, poi ancora altri dieci, l'attesa si fece snervante dando la sensazione a Dorotea che il tempo si fosse fermato e che probabilmente l'incendio non fosse divampato ed invece, all'improvviso, ecco il tanto atteso urlare delle guardie e il suono dell'allarme antincendio. <<E' andata!>> urlò felice Dorotea applaudendosi da sola e battendo in modo ritimico i piedi sul pavimento per la pensata geniale, ma ebbe davvero poco tempo per complimentarsi e quindi, infilatasi il cappotto, corse fuori in mezzo al via vai degli uomini che cercavano di spegnere l'incendio. <<Che succede? Ditemi che succede?>> <<Direttrice è scoppiato un incendio improvviso nel granaio>> <<Oddio c'è dentro MIchele! Presto correte, che qualcuno entri, vi prego aiutatelo, cerchiamo di tirarlo fuori>> L'unico delle guardie che si sentè toccato da quelle parole fu Francesco che, non riuscendo a fermare le sue gambe, si precipitò, incurante di fiamme e fumo all'interno del granaio mentre gli altri continuavano a innaffiare abbondantemente l'intero edificio con gli idranti in dotazione. <<Quello è pazzo!>> <<Ci lascerà le penne, ma chi glielo fa fare?>> <<E' solo un detenuto e un assassino per giunta>> I commenti ad alta voce dei compagni aleggiavano nell'aria a conferma dello stupore del suo gesto. Il fuoco intanto cominciò a spegnersi vinto dalla forza dell'acqua. Dorotea era in prima fila, curiosa di vedere cosa stava per accadere, in fondo gli dispiaceva per Francesco, era un brav'uomo anche se con un intelletto contenuto e in quel momento tifava per lui sinceramente. Poco dopo, dal fumo persistente come la nebbia, lo videro uscire di spalle camminando all'indietro e trascinando sul terreno il corpo parzialmente bruciato di colui che pensava essere Michele. <<L'ho tirato fuori ma è morto, poveraccio>> Tutti si soffermarono a guardarne il volto, un paio vomitarono per l'orrore di vedere la carne del viso deformata dal fuoco vivo e per l'odore acre e pungente. Dorotea era in mezzo al capanello di uomini <<Che orrore ragazzi, tutta colpa mia, se non gli avessi chiesto di dare una occhiata al motore dell' auto...>> <<La responsabilità non è sua direttrice, mi sembra di aver visto un accendino per terra, credo che si sia acceso una sigaretta, una vera cazzata dentro un granaio>> gli rispose Francesco. <<E la macchina?>> <<Distrutta, da buttare, meno male che non è esplosa>> <<Della macchina non me ne frega niente ma per aver perso un'altra vita sì, Francesco sei meritevole di lode, ti sei buttato, rischiando la tua vita, bravo!>> <<Qualcuno doveva pur farlo e la vita è sacra per Dio>> Dorotea addolcì lo sguardo manifestando, con l'espressione del viso, l'approvazione per il concetto espresso da quell'uomo semplice, dando subito dopo indicazioni su cosa fare <<Portate quel che resta di quest'uomo all'obitorio del nostro centro e avvisate il medico per l'analisi di rito in modo che possa redigere il certificato di morte. Provava piacere dentro di sé Dorotea, tutto stava andando esattamente come aveva programmato e la fortuna le stava dando una mano, ovviamente dovette controllare tutta l'euforia che come spumante le cresceva dentro per non dare nell'occhio.

 
 
 

La prigione 99

Post n°101 pubblicato il 29 Settembre 2010 da laprigione

<<Stanotte vero? Dobbiamo fare tutto stanotte?>> Dorotea gli sorrise, incastonata nel contorno floreale dipinto sulle pareti della stanza. <<Adesso, amore mio, adesso>> <<Cosa?>> <<Devi venire con me, il "pacco" è in macchina>> <<L'hai prelevato?>> <<Certo, stasera devi morire e domani sarai un uomo libero...>> <<Cosa devo fare?>> <<Ti spiegherò là, tanto faremo in fretta>> I due uscirono dalla cella incamminandosi verso il cortile. Dietro di loro due guardie ad accompagnarli armati di fucile. Quattro persone sotto gli occhi di tutti che attraversavano il cortile e si infilarono poco dopo sotto il porticato d'accesso al granaio. <<Voi aspettate qui, ci metterò pochi minuti a spiegare a Michele cosa non funziona della macchina>> <<Direttrice è sicura?>> <<Certo Matteo, aspetta tranquillo assieme a Francesco>> Lei e Michele entrarono facendo attenzione di non essere osservati dall'esterno. <<Aiutami a tirarlo fuori dal bagagliaio e infiliamolo subito sotto la macchina>> disse Dorotea aprendo il bagagliaio. Michele si avvicinò, rimanendo impressionato dal vedere l'uomo avvolto nei sacchi neri come se fosse spazzatura <<Mi sento una merda>> Lei allora lo prese di petto con la chiara intenzione di scuoterlo <<E' morto. Lo capisci? Non è il momento del pietismo, è morto ormai l'unica cosa di buono che può fare è quello di farti uscire>> <<Sì, scusami, hai ragione>> Lo scartarono come se fosse un pacco regalo e Dorotea si infilò nella borsa l'involucro dentro il quale egli era stato contenuto. <<Spogliati e mettigli addosso la tua divisa, sul sedile dietro nel sacchetto di plastica ci sono pantaloni e maglione per te e il resto, mettigli anche le tue mutande>> La scena era così surreale. Michele lo sentì tutto il freddo di quella notte sulla carne nuda, nel tempo intercorso tra lo spogliarsi e il rivestirsi. <<Perfetto, adesso infiliamolo sotto la macchina e apriamo il cofano del motore>> Spinsero il corpo inerme nella posizione tipica del meccanico steso per terra. Dopo di ché Dorotea per completare l'opera prese una chiave inglese che si trovava sul bancone degli attrezzi per la riparazione dei trattori. <<Questa andrà benissimo>> disse mettendola in mano al morto. <<E io? Adesso?>> <<Un attimo, non ho ancora finito>> Dorotea si inginocchiò mettendo una sigaretta e un accendino vicino alla mano destra del malcapitato cadavere, poi aprì la portiera posteriore della macchina e tirò fuori una valigia di una certa dimensione. <<E' quella del viaggio, nessuno sospetterà>> Michele era sempre più stupito e rimbambito dalla situazione <<Non vorrai dire che devo entrare lì dentro?>> <<E' l'unico modo, ci puoi stare, è sufficentemente capiente>> <<Ma tu sei matta! Io non sono un contorzionista>> <<Diavolo Michele parla piano per Dio, ci sono le guardie, dobbiamo fare in fretta>> Dorotea aprì la valigia e Michele cercò di infilarcisi dentro, accovacciando le gambe in posizione fetale e le braccia nel petto. <<Cazzo, non ci entro e poi mancherà l'aria>> <<Non capisci che qui c'è in ballo la tua vita?>> <<Ok>>La direttrice lo aiutò come meglio poteva, riuscendo infine, a furia di spingere e schiacciare a chiudere la valigia. Aveva pensato anche al modello giusto, si trattava infatti di una valigia dotata di rotelle e maniglia per poterla trascinare anzichè sollevare.La spinse fino a pochi centimetri prima dall'uscita. Poi tornò indietro e simulò una perdita d'olio dalla macchina fino all'inizio del fieno secco, raccolto per gli animali. Le fiamme in questo modo si sarebbero diffuse rapidamente. Ora non restava che accendere la sigaretta a colui che non respirava più e mettergliela tra le dita versando anche un poco di benzina. Dorotea fece due tiri per essere sicura che non si spegnesse, buttando subito dopo l'accendino poco distante. Subito dopo si mise al posto di guida dell'auto avviando il motore della macchina e lasciando in folle. <<Ecco fatto>> pensò tra sé e sé raggiungendo con passo spedito l'uscita dove ad accoglierla trovò le guardie. <<Tutto bene direttrice?>> <<Andrà tutto bene se Michele riesce a sistemare la macchina, perdeva olio e il motore faceva uno strano sfarfallio>> <<Perché Michele? Non è un meccanico...>> <<Vero, ma è l'unico qua dentro che ne capisca qualcosa e io domani devo usarla, speriamo che ce la faccia, se no dovrò prendere un taxi>> disse Dorotea tirando dietro la valigia <<Vedo che non ha ancora disfatto le valigie del viaggio in Argentina>> <<Già, adesso la porto in ufficio, voi state qui fino a quando lui non avrà finito Michele, dategli tempo fino a mezzanotte, poi riportatelo in cella>> <<Come vuole, buona serata>> Il passo di Dorotea si fece veloce, nonostante gli scossoni sul terreno non perfettamente lisco. Al massimo entro una quindicina di minuti lì sarebbe scoppiato l'inferno e doveva portare Michele al sicuro.

 

 
 
 
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dio, qanto č bella.. mi ruba lacrime, nulla č per sempre se...
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..vero, da non perdere... io lo so, ho avuto la fortuna di...
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Sono tornato....
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il 04/02/2011 alle 21:55
 
wow.. un inizio intenso.. promette :))
Inviato da: TheBlackLily
il 04/02/2011 alle 18:11
 
 

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