Prigione dei Sogni

Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di bellezza che siamo giunti a comprendere: questa è l'arte. James Joyce

 

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I libri più importanti della mia vita

Post n°149 pubblicato il 08 Giugno 2007 da Notram
 

Accolgo con piacere l’invito del buon Xeinar, principalmente perché mi ha fatto piacere ripensare ai libri che ho letto e a quello che hanno significato per me, in secondo luogo perché grazie a quest’invito ho di nuovo l’occasione di scrivere qualcosa in questo spazio che ultimamente ho un po’ abbandonato.
Dunque, devo dire che per me è davvero una sfida impossibile scegliere cinque libri e porli un gradino sopra tutti gli altri. Questo principalmente per tre motivi: principalmente mi lego più ad un autore che ad un libro in sé per sé, ho letto troppi libri nella mia vita, sono un eterno indeciso!
Comunque inutile indugiare, scriverò questi cinque libri, anche se fra pochi minuti sicuramente me ne verranno in mente altri:

Niente di nuovo sul fronte occidentale - Erich Maria Remarque

Questo libro lo lessi quando stavo ancora in seconda media, eppure certe sensazioni che mi ha provocato le sento tuttora addosso. Forse il motivo per cui non ho mai amato troppo Hemingway è proprio l’aver letto quest'opera stupenda, davanti alla quale Addio alle armi sembra quasi un’allegra scampagnata ( opinione personale).
Niente di nuovo sul fronte occidentale è ambientato durante la Prima guerra mondiale, tra le trincee tedesche, dove il protagonista ed i suoi amici, giovanissimi, vivranno in prima persona il dramma della guerra. Nel libro si vedrà il loro cambiamento, il degrado e la tragedia che li fiaccheranno giorno dopo giorno.

1984 – George Orwell

Che dire, questo libro non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Sapevo che l’avrei letto già qualche anno prima di avere il coraggio e la maturità per leggerlo. D’altra parte un libro che ha per titolo l’anno della mia nascita mi aveva stuzzicato nel momento stesso in cui ero venuto a conoscenza della sua esistenza.
1984 è un libro che va letto, perché solo leggendolo si potrà riflettere su una parola troppe volte inflazionata nella nostra società: libertà.
Inoltre, quest’opera stupenda ( come d’altra parte anche La Fattoria degli animali sempre di Orwell), porta alle estreme conseguenze tutta una serie di tematiche che sono di strettissima attualità tutt’oggi, in un epoca in cui i mass media pilotano ( o almeno possono pilotare) l’opinione pubblica e i fenomeni di costume.

Siddharta – Hesse

Qui è stato davvero arduo la scegliere. Ero fortissimamente indeciso tra Siddartha e Il lupo della steppa, due libri che hanno profondamente influenzato il mio modo di vedere la realtà.
Questo libricino è un vero e proprio viaggio verso la salvezza dell’anima, e porta in modo scorrevole e naturale ad una catarsi. Ecco, mentre scrivo mi rendo conto che forse certe tematiche le ho un po’ superate con l’età, tuttavia per la mia formazione questo libro è stato davvero fondamentale.

La coscienza di Zeno – Italo Svevo

E’ davvero buffo. Io c’ho messo cinque mesi a leggere questo libro, ci ho litigato, lo ho odiato dal profondo del cuore. Eppure, nel momento stesso in cui l’ho finito mi sono reso conto che quel libro sarebbe diventato una pietra miliare del mio pensiero. Eh si, perché quel libro fotografa alla perfezione un periodo storico non ancora completamente concluso, una crisi di valori che sento fin nel profondo dell’anima ed una tipologia di personaggio, l’inetto, che è e sarà per sempre, lo spauracchio della mia esistenza. Questo libro parla di me, forse è per questo che mi è risultato così difficile leggerlo, forse per questo l’ho amato così tanto subito dopo…

L’insostenibile leggerezza dell’essere - Milan Kundera

Ero un po’ indeciso su questo quinto libro perché ce ne stavano molti che considero più o meno sullo stesso piano e non riuscivo proprio a decidere. Ho optato per questo libro perché rappresenta un po’ il “nuovo corso”, nel senso che Kundera l’ho scoperto da poco e il suo stile mi piace molto. Soprattutto adoro il suo modo di far riflettere durante la narrazione, che rende ogni suo libro un piccolo saggio di filosofia oltre che un romanzo

Ok, pare che io abbia finito! Che tristezza, ci sono così tanti altri libri che avrei voluto menzionare, comunque le regole del gioco erano queste e quindi mi attengo ahah.
Estendo l’invito di Xeinar a chiunque volesse parlare dei libri che più l’hanno segnato. E’ una bella iniziativa dopotutto, perché permette di scoprire nuovi titoli o di ricordare dei piacevoli momenti.
Ciao a tutti ( stavolta giuro che mi rivedrete presto ahah)

Notram




Alessandra Bovarini

 
 
 

Durante tutto il viaggio...

Post n°148 pubblicato il 22 Maggio 2007 da Notram
 
Tag: Poesie
Foto di Notram

             
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.


(Nazim Hikmet)


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Post N° 147

Post n°147 pubblicato il 06 Maggio 2007 da Notram
 
Foto di Notram

"Molte persone muoiono con la musica ancora dentro di loro. Troppo spesso è perchè sono sempre pronti a iniziare a vivere… ma prima che se ne rendano conto…il tempo a loro disposizione finisce."

                                 (Oliver Wendell Holmes)

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Io corro...

Post n°146 pubblicato il 28 Aprile 2007 da Notram
 

La metafora della corsa è sempre stata una delle mie preferite.
Io corro, ma anche gli altri attorno a me lo fanno, continuamente, non si fermano mai.
Si corre incontro a qualcosa, un traguardo, una persona, un numero su un cronometro, anche se probabilmente corriamo tutti semplicemente contro noi stessi...
Ci affanniamo verso questo grande obiettivo, lo vediamo piccolo piccolo, in fondo ad un lungo rettilineo oppure, a volte, neppure riusciamo a scorgerlo, nascosto com'è da una fitta vegetazione o da una strada tortuosa. Eppure dentro di noi lo sappiamo che c’è, e questo ci rincuora, ci spinge a trovare dentro di noi la forza per andare avanti. Per continuare a correre.
Ci sono alcuni di noi che non sanno gestire le loro forze, iniziano a correre subito a perdifiato e sembrano velocissimi. Sono come delle immense fiammate: luminose, stupende, bellissime. Si consumano in breve tempo però queste persone e, quando non ce la fanno più, sono costrette a fermarsi o a procedere lentamente. E nel momento in cui questo accade allora invecchiano di colpo e quello che le fa invecchiare non è il fatto di aver rallentato, ma è il continuo vedersi sorpassati, anche da quelli che avevano lasciato indietro.
Non fraintendetemi però, ci sono anche quelli che, per conservare le energie, vanno più piano del necessario. Se proprio vi devo dire la mia, quelli li detesto più di tutti. Si nascondono, questi pusillanimi, non danno mai tutto quello che hanno. Accampano mille scuse per non mettersi in gioco.
Spesse volte non corriamo da soli, abbiamo persone al nostro fianco che ci accompagnano e seguono la nostra stessa strada per un certo tratto. Ci piace stare con loro, ci fa sentire bene, ci riscalda il cuore. Eppure cosa succede se ci rallentano? Le abbandoniamo, inesorabilmente. A volte magari proviamo a procedere con il loro passo, ma dopo un po’ la voglia di correre diventa troppo forte e allora le lasciamo lì, con l’augurio di incontrarci più tardi, un augurio ipocrita e vuoto che rincuora sia noi che loro. Altre volte invece accade che le strade si dividono, che il percorso non possa essere condiviso ulteriormente. In quelle occasioni ce la prendiamo col destino crudele. Non ci sfiora minimamente l’idea di accompagnarle, queste persone così importanti, anche a costo di deragliare dai nostri preziosi binari.
Ad ogni modo nessuno di noi rimane fermo, tutti corriamo e lo facciamo senza voltarci indietro, perché si sa, anche questo ci rallenterebbe. Eppure in questa maniera ci perdiamo tante cose.
Una volta un mio amico mi ha detto che non conta la strada che segui, conta il viaggio, quello che ti circonda e che vedi fuori dal finestrino…Parole belle, non c’è che dire, ma voi ci credete? Insomma, anche lui seguiva la sua strada, credetemi, anche se si illudeva, sbirciando ogni tanto da quel suo finestrino, di aver capito il senso della vita.
Quante cose perdiamo mentre procediamo in questa folle corsa? Questo mi chiedo. Quante cose dobbiamo sacrificare per andare avanti? Ma soprattutto: perché lo facciamo? A volte è così bello fermarsi e stendersi su un prato per ore, guardare semplicemente il cielo.
Invece no, continuiamo a correre con la speranza di arrivare in tempo, con la sicurezza innata che, una volta raggiunta la meta, finalmente ci attenderà il riposo. Ma si ci arriva mai a quel traguardo? E se sì, cosa c’è oltre? Un altro traguardo forse?
E se stessimo correndo tutti in circolo? Ci avete mai pensato?
Se quella linea lontana che stiamo seguendo fosse semplicemente l’orizzonte, che cosa staremmo facendo?
Io sto correndo sì, ma dove sto andando? Forse è meglio non farsele tutte queste domande, perché dopotutto fermarmi mi fa più paura, meglio andare avanti…

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                                           (Foto di Kenvin Pinardy)

 
 
 

Incomprensioni (II parte)

Post n°145 pubblicato il 12 Aprile 2007 da Notram
 

Quanti giorni erano passati? Due? Tre? Cinque?
Aveva perso completamente la cognizione del tempo come sempre gli succedeva quando scriveva.
Era stata lei che aveva permesso questo miracolo, la ragazza del marciapiede…
Lui era rimasto incantato a fissarla, cercando con tutte le sue forze di reprimere le lacrime di commozione che stavano per scendergli sul viso Poi però, quando la ragazza gli aveva sorriso così amabilmente, qualcosa si era accesa dentro di lui e solo allora, mentre la vedeva allontanarsi, non era più riuscito a contenere le sue emozioni ed era scoppiato a piangere a dirotto.
“La mia musica, proprio la mia musica!”, continuava a pensare mentre  singhiozzava come un bambino, ma non era solo questione di musica, era molto di più.
Alla fine si era sentito liberato, alleggerito da un peso che l’aveva accompagnato da così tanto tempo, che si era dimenticato persino di portarlo sulla schiena.
Si era messo a scrivere quella sera stessa, cercando di descriverlo quel pianto liberatorio, cercando di ricordare i tratti della ragazza ed il suo sorriso. Aveva composto senza pensare ad altro, nutrendosi solo quando la fame gli impediva di pensare ed addormentandosi seduto alla sua scrivania, con la matita in mano. Gli sembrava che quella musica fosse sempre stata lì, in un angolo del suo cuore, e che  il suo compito fosse semplicemente quello di ricopiarla su un foglio di carta.
Quando finalmente aveva finito si era sentito  talmente stanco da non avere neppure la forza di sollevare il violino. Si era buttato sul letto e si era addormentato soddisfatto come non lo era mai stato...

***

Avanzava speditamente, con la testa fra le nuvole e una gran voglia di una cioccolata calda. Era stata una giornata dura, ma il meritato riposo l'aspettava.
Dopo quello spiacevole episodio aveva deciso di non andare più sotto la finestra  del musicista  a qualsiasi costo. All’inizio non fu facile per lei, un po’gli mancavano quei cinque minuti in cui il mondo si fermava, ma non voleva dare più alcuna soddisfazione a quella persona così odiosa.
“Se la sua musica, per quanto bella, l’ha inaridito in quel modo probabilmente è meglio tenersene alla larga”, pensava.
Quel giorno però capitò lì sotto quasi per caso, mentre tornava a casa dopo le lezioni.
Sentì il suono del violino e non riuscì a proseguire.
Per un attimo ebbe l’impulso di sedersi sul marciapiede, come faceva sempre, alla fine però si accostò al muro del palazzo, furtivamente, in modo che se anche il violinista si fosse affacciato non l’avrebbe vista.
Si sentiva un po’ stupida nel fare una cosa del genere, ma era più forte di lei, come se evitando di mettersi al solito posto avesse l’illusione di non venir meno ai propri propositi.
Non era però il solito brano quello che proveniva da dentro. Non quel motivo così triste e delicato, ma uno nuovo, veloce, senza respiro.
Non c’era equilibrio, era tutta tensione.
Una cascata di suoni la colse alla sprovvista, schiaffeggiandola con la sua intensità, ghermendola con vigore e lasciandola senza fiato.
Maria rimase turbata, quasi impaurita da così tanta violenza. Voleva scappare via, ma non poteva, i piedi erano troppo pesanti per muoversi.
Era come una caduta senza fine, con il cielo che si allontana e l’aria che preme contro la schiena…
La musica continuò in un turbinio di rapide note che convergevano in una catarsi finale oltre la quale tornava la calma, una pace quasi innaturale dopo quello che c’era prima.

Non tornò mai più sotto quella finestra. Mai più, decise, avrebbe permesso a qualcosa di penetrare così profondamente dentro di lei, mai più si sarebbe sentita così nuda, inerme.
Di lì a poco il violinista divenne famoso e si trasferì in un’altra città.

Ancora oggi parlando con gli amici quando salta fuori l’argomento, Maria  ricorda quel famoso musicista che, quando ancora non era nessuno, viveva nel suo palazzo,  e racconta loro del suo carattere burbero e antipatico e dei giudizi di sua madre su lui e i suoi capelli.
Nel cassetto però, dove nessuno li può trovare, custodisce gelosamente tutti i cd di quel suo violinista, anche se tuttora si rifiuta di ascoltarli. Chissà poi se un giorno lo farà…

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