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"Caos Calmo" e l'elaborazione del lutto


"Caos Calmo" l’elaborazione del lutto (Regia:Antonello Grimaldi, 2008) Pietro Paladini ha fatto una promessa. Ha promesso alla sua bambina di aspettarla davanti alla scuola fino alla fine delle lezioni.. Lara, sua moglie, è morta improvvisamente l’estate scorsa e Pietro non sa decidersi a soffrire, non sa decidersi a ripartire. Seduto su una panchina, giorno dopo giorno, riceve le visite e rivelazioni dolorose dei colleghi, turbati da una fusione aziendale, e dei familiari, preoccupati per il suo stato di “arresto”. Trasgredite le regole dell’efficienza e della produttività e abitato da una sorprendente calma, Pietro resta in attesa del dolore e della vita dopo il dolore.Pietro, interpretato da Nanni Moretti, evita di affrontare e sentire una serie di sensazioni negative che inevitabilmente accompagnano il lutto, come la tristezza e la disperazione, il vuoto, la precarietà della vita, il senso di impotenza quando ci si rende conto che non si può far nulla per cambiare la situazione.Il lutto è sicuramente tra le esperienze più dolorose che la vita ci può offrire e, sebbene influenzata da diversi fattori che possono evidenziare differenze tra una condizione e un’altra e tempi e modi personali per affrontarlo, tendenzialmente la sua elaborazione segue diverse fasi.Lo shock iniziale della perdita può portare alla negazione della stessa; razionalmente si è consapevoli di ciò che è accaduto ma emotivamente non si è pronti per accettarlo. È un meccanismo di difesa, di contrasto alle emozioni troppo forti, esattamente ciò che accade nel film “Caos Calmo”. Se inizialmente questo atteggiamento può apparire salvifico, nella sostanza è in realtà disfunzionale. Sarebbe meglio abbandonarsi al dolore, affrontarlo, chiedere aiuto ed aprirsi agli altri. Guardare in faccia le emozioni, anche dolorose, per poterle accettare, integrare e andare avanti.Quando si supera questa prima fase e si diventa più consapevoli della realtà della perdita si indaga la relazione con la persona defunta ed emergono reazioni emotive più forti come la rabbia, l’angoscia, il rancore, i sensi di colpa.Nasce da qui una negoziazione e la revisione della relazione con la persona scomparsa; si ricordano i valori, le esperienze condivise e si cerca di mantenere il ricordo e la memoria reagendo all’impotenza, cercando risposte e trovando soluzioni per spiegare o analizzare l’accaduto.Si entra in una fase di depressione, arrendendosi alla situazione razionalmente ed emotivamente e si convive con il dolore.La fase di accettazione consente di riappacificarsi con se stessi e con la realtà, si riscoprono le proprie risorse, si ricostruisce la propria vita e ci si apre agli impegni, ai progetti, ai rapporti.È bene sottolineare che queste fasi possono essere specifiche di una cultura tipicamente occidentale, poiché in altri luoghi, con altre tradizioni e altri approcci alla vita e alla morte, l’atteggiamento e le modalità con cui si affronta una perdita possono avere sfumature e/o caratteristiche diverse.Ogni persona è diversa e tende a soffermarsi in determinate fasi del processo luttuoso in base ai suoi valori e alla propria esperienza personale; non tutti riescono a compiere il processo di elaborazione del lutto e può accadere di rimanere bloccati per lungo tempo senza riuscire ad accettare l’accaduto e poter proseguire il cammino della propria vita.È fondamentale essere consapevoli delle proprie emozioni, magari scrivendo ciò che si prova.La scrittura è spesso, e in molte situazioni difficili, terapeutica. Il dolore si può condividere con le persone care (amici e parenti) ed esistono gruppi di auto-aiuto per sostenere le persone in difficoltà in questi delicati momenti della loro vita. È più funzionale, per il benessere psicologico, mantenere un legame con la persona scomparsa: ricordare i momenti passati insieme è certamente più doloroso ma aiuta a rivivere emozioni e sentimenti che, se affrontata l’elaborazione del lutto con consapevolezza, aiutano a stare meglio.