Mente e Cervello

Post N° 142


Kahneman . L' economista che spiega l' attimo fuggente «È nel ricordo la vera natura della felicità»Niente nella nostra vita è tanto importante quanto noi pensiamo lo sia nel preciso momento in cui ci pensiamo. Forse questo motto richiede una seconda lettura per capire appieno cosa dice. E una terza lettura per sondare tutta la sua carica innovativa. Lo sostiene il premio Nobel 2002 per l' economia Daniel Kahneman, professore all' Università di Princeton,  con lo psicologo californiano David Schkade, suo frequente co-autore. Anche a questa nostra perenne illusione, ultima in una lunga serie di trappole cognitive da lui scoperte e battezzate nel corso di molti anni, Kahneman ha dato un nome: focusing illusion. Pensare a un aspetto della nostra vita significa metterlo mentalmente a fuoco e, così facendo, attribuirgli un' importanza che per noi in realtà non ha. Salute, denaro,successo, amore e lavoro sono gli esempi più tipici, ma se ne possono aggiungere molti altri, più specifici. Possiamo, allora, concludere che nessuno di noi sa veramente se è felice o meno e, se sì, quanto lo è? Di nuovo Kahneman sorride. «Qualche anno fa avrei detto che è proprio così, ma adesso sono approdato a una conclusione un po' diversa». Facciamo con lui un passo indietro,appunto, a qualche anno fa. Veniva spontaneo chiedersi, e chiedergli, su quale base obiettivapoteva sostenere una simile tesi. Possediamo forse una magica sonda mentale o cerebrale che misura direttamente il nostro grado di felicità così come si misura la glicemia? Non proprio, ma Kahneman e collaboratori hanno messo a punto un metodo semplice ed efficace, con il quale hanno misurato in tempo reale e su valutazioni istantanee la sensazione dello star bene incentinaia di soggetti volontari, momento per momento, in base all' esperienza reale, non in base a ricordi, narrazioni o supposizioni. Così facendo, hanno scoperto che le due valutazioni della felicità, quella momento per momento a caldo, e quella complessiva, su riflessione, sono radicalmente diverse. Tutti pensiamo, per esempio, che avere più soldi, più successo professionale e più armonia coniugale ci renda più felici. Ma, se misuriamo momento per momento,sinceramente e direttamente, il nostro star bene sulla base del nostro vissuto, questi fattori non contribuiscono gran che. La maggior parte di coloro che guadagnano, poniamo, 150.000 euro o più all' anno hanno altrettante ore di malumore e di stizza e passano altrettanto del loro tempo in attività tediose o stressanti di coloro che guadagnano assai meno. Lo stesso vale per il vissuto effettivo dei singoli e degli sposati nella quotidianità. Si è constatato, invece, che aver dormito poco o male la notte prima, guidare da soli nel traffico per recarsi al lavoro, e discutere con un capufficio sono situazioni tipiche di malessere effettivo, mentre una cena con cari amici è uno degli episodi di massimo benessere. Esiste anche una differenza notevole tra salute vissuta e salute reale. Francia e Danimarca sono del tutto simili nei dati sanitari obiettivi, ma i francesi, in media, soggettivamente, ritengono di star in peggior salute di quanto soggettivamente ritengano i danesi. Ritengono anche, soggettivamente, di essere meno sani degli americani, a dispetto di una speranza di vita maggiore di ben tre anni. Negli Stati Uniti, gli studenti universitari di origine giapponese ritengono soggettivamente di essere meno sani dei loro colleghi americani bianchi, a dispetto di cifre che dicono il contrario. Quindi, queste scoperte e molti altri risultati pubblicati negli ultimi anni avevano portato Kahneman a sostenere che la maggior parte di noi non ha alcuna idea del proprio reale star bene e che il modo di pensare la felicità non corrisponde all' esperienza che ne abbiamo momento per momento. Per questo, qualche anno fa sosteneva che dovremmo imparare a recuperare la nostra esperienza effettiva, subito dimenticata, manipolata e trasformata nei nostri ricordi e nelle nostre sincere narrazioni. Tuttavia, pur restando valido tutto quanto è venuto alla luce nei suoi esperimenti, Kahneman oggi si chiede in nome di che cosa dovremmo sminuire il valore affettivo dei ricordi e delle narrazioni. Mi dice: «Attualmente sono in favore di un modello ibrido, di una visione più complessa e integrata, che tenga conto sia dell' esperienza vissuta che del modo di archiviarla, classificarla, riviverla e raccontar(ce)la. Ricordare, rivivere e narrare le nostre esperienze è per noi importante, anche se il loro vissuto originario era per noi diverso. Uno studio psicologico ed economico dello star bene, della felicità, non può trascurare questa componente». Tale modello misto potrà, quanto meno, migliorare ulteriormente la progettazione delle grandi indagini collettive su benessere e sanità. Kahneman mi dice che due sue precedenti scoperte nel campo delle scelte economiche si applicano anche a questo settore di studi. «La prima è che i portatori di valori soggettivi sono i cambiamenti di stato, non gli stati stessi. La seconda è che contano solo i "picchi" (positivi o negativi) e le fasi conclusive degli episodi, non la loro effettiva durata e non i momenti di normalità». Le finestrelle temporali del vissuto reale sono di pochi secondi. Ce ne sono migliaia in una giornata, qualche centinaio di milioni in una vita di 70 anni e svaniscono quasi subito dalla memoria e dal pensiero. Restano solo i momenti eccezionali, i cambiamenti bruschi e le fasi più recenti. Kahneman traccia unchiaro paragone: il signor Rossi e il signor Bianchi ascoltano ciascuno una sinfonia da loro molto amata in una registrazione storica, rimasterizzata. Il disco di Rossi ha i primi cinque minuti pieni di gracidii, graffi e rumori sgradevoli, poi tutto bene per i rimanenti venti minuti. Invece il disco di Bianchi ha gli ultimi cinque minuti pieni di gracidii, graffi e rumori sgradevoli, ma tutto bene per i precedenti venti minuti. Chi dei due, un' ora dopo aver ascoltato la sinfonia, riterrà di essersela goduta di più? Rossi, certamente. Gli ultimi cinque minuti contano più dei primi cinque.Ma è una pura illusione, in quanto ambedue hanno ugualmente goduto i venti minuti di buona registrazione. Ebbene, qualche anno fa Kahneman avrebbe raccomandato a Bianchi di cercare di iberarsi da simili illusioni e di riconquistare il benessere della sinfonia, così come lo aveva in effetti vissuto. Oggi, però, prende atto che i Bianchi di questa terra, cioè tutti noi, proviamo questo tipo di illusioni e che il nostro ricordo del piacere o del dolore datoci dalle brevi finestre sinfoniche della vita dura assai più dei loro pochi minuti di esperienza effettiva. Contano solo i cambiamenti rapidi, i picchi e le fini. Sarebbe insensato voler dare a posteriori lo stesso peso a tutti i momenti della nostra vita, ma sarebbe anche insensato prendere sul serio l' idea che ungiorno da leoni è meglio di cent' anni da pecora. Lo sforzo che mettiamo in atto per  vivere il più a lungo possibile e per far vivere il più a lungo possibile i nostri cari mostra che anche la durata e la  normalità sono portatori di felicità.