mario pulimanti

Senza crescita, proteste distruttive


Senza crescita, proteste distruttive  Mario Draghi dice che senza crescita si rischiano proteste distruttive. L’ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Banca centrale europea (nonché strenuo difensore della finanza internazionale) scopre così che disuguaglianza e disoccupazione sono fattori che generano conflitto sociale.E, per evitare forme estreme di protesta derivanti dall’attuale negativa congiuntura economica e sociale, auspica un risanamento dell’economia che punti a ridistribuire la ricchezza in maniera più equa, a frenare l’aumento delle imposte e a implementare riforme per intervenire sulla problematica della disoccupazione giovanile che in Italia tocca un preoccupante 38%.Draghi dice che si deve lavorare per la crescita, ma come si fa a sostenere la crescita se le imprese non investono, non assumono, e le banche non prestano? Inoltre, tagliare la spesa corrente -stipendi, forniture, servizi, sussidi- significa in condizioni di recessione prolungata far diminuire immediatamente anche la domanda, quindi inibire le imprese dal proseguire o sviluppare la loro attività. Insomma: si aumenta la depressione, invece di diminuirla. Mentre all'opposto lavorerebbe una diminuzione delle tasse, peraltro resa impossibile proprio dalle necessità di spesa dello Stato.Ormai è evidente che la politica cerca di premunirsi contro potenziali effetti distruttivi che essa stessa ha contribuito ad innestare.  Infatti in Italia veniamo da un lungo periodo di latitanza della politica. E la politica altro non è che la capacità di scegliere, di decidere e di assumersene le responsabilità. Le proteste e le contestazioni sono, innanzitutto, la reazione a questo vuoto o a una politica vissuta come rendita di posizione, quando non come arricchimento personale, e quindi del tutto fine a se stessa. Per questo motivo penso che sarebbe opportuno che la politica non demonizzasse i fenomeni di contestazione, come quelle dei grillini, ma desse delle risposte alla domanda di lavoro e di redistribuzione dei redditi che cresce nella società. Altrimenti si rischia di innescare spirali di protesta distruttiva, considerato che una delle cause del pessimo stato dell'economia italiana risiede infatti nella straordinaria diseguaglianza tra i redditi.Ma c'è oggi una politica capace di comprendere che una più equa distribuzione del reddito potrebbe aumentare la coesione sociale?  Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)