mario pulimanti

La lotta dei forconi


La lotta dei Forconi.
La protesta dei forconi, contro l’austerità e il governo Letta, si muove in tutta Italia, e l‘agitazione organizzata da agricoltori, camionisti, piccoli imprenditori, operai, disoccupati e semplici cittadini, sembra non arrestarsi.La protesta è organizzata dal movimento di agricoltori e pastori protagonisti delle manifestazioni in Sicilia dell’anno scorso e da alcune sigle minori dei camionisti, ma vede la partecipazione anche di semplici cittadini che chiedono le dimissioni dell’esecutivo e un referendum per l’abolizione dell’euro.Il movimento che a gennaio 2012 paralizzò la Sicilia ha trovato ora nuovi alleati, dai Liberi imprenditori federalisti europei (Life) all’associazione italiana trasportatori (Aitra), dal Movimento autonomo autotrasportatori (Maa) ai Cobas del latte, dai Comitati riuniti agricoli (Cra) ad Azione rurale Veneto che proprio in questi giorni, in diverse parti d’Italia, stanno bloccando il traffico, scontrandosi in alcuni casi con la polizia. Chi le ha organizzate ha detto di protestare contro le tasse, le banche e le politiche del governo, anche se le effettive richieste indirizzate alle istituzioni non sono sempre chiare. Sembra che sia iniziata la Rivoluzione. Sembra che un'orda di contadini, allevatori, camionisti stia risalendo la Penisola dalla Sicilia, forconi in mano, molto arrabbiati. Sembra anche che quello che non è riuscito al movimento mondiale degli Indignados - cambiare l'economia, ridistribuire le ricchezze - presto avverrà grazie a loro.In ogni caso questo Movimento dei Forconi sta riscuotendo grande simpatia praticamente ovunque. Normale, visto che a parlare davanti alle telecamere sono onesti lavoratori, bravi padri di famiglia. Mica studenti figli di papà, spranghe in mano e passamontagna sul volto. Dicono di non reggere il peso della crisi economica: non hanno soldi per il gasolio del camion. Non riescono a vendere i loro prodotti agricoli. Intanto le tasse sono sempre più alte e, insomma, così non si può più andare avanti. Rivendicazioni comprensibili, per carità. Gli arrabbiati del Paese solidarizzano.Ma cosa c'è dietro il Movimento? La risposta è semplice: nulla. Nessuna proposta alternativa seria. Solo rabbia, rivolta, fame.Il problema non è dove è nata questa protesta. Ma dove, eventualmente, andrà. Se cioè avrà la forza e il consenso sociale per proseguire ed assumere consistenza sul piano politico o se invece si affloscerà in un ribellismo di breve durata fine a se stesso. Le disquisizioni sulla legittimità delle ragioni della protesta sono persino ovvie. Così come è altrettanto evidente che nessun malessere può giustificare comportamenti illegali o la violazione dei diritti di altri cittadini.La domanda vera che però la classe politica dovrebbe farsi è un'altra. Lo sciopero dei forconi, esploso con una violenza e una diffusione che ha sorpreso molti, è un fuoco di paglia o è invece il primo segnale di una tempesta sociale che potrebbe investire l'intero Paese? Le contraddizioni emerse già il primo giorno di protesta, le rivendicazioni molto generiche e spesso assai diverse da zona a zona, la presenza tra i "forconi" di soggetti e movimenti distanti anni luce tra di loro (si va dagli autotrasportatori agli ultras del calcio fino agli esponenti della forza di estrema destra Casa Pound) fanno ritenere che dietro le mobilitazioni ci sia un amalgama piuttosto confuso e privo di direzione e strategia politica.Ma il numero di città coinvolte dalla protesta, gli attestati di solidarietà che, in qualche realtà, i manifestanti hanno ottenuto dai cittadini o anche dagli stessi poliziotti in servizio proprio nelle zone dei blocchi, non sono aspetti da sottovalutare. E suggeriscono che derubricare subito il popolo dei forconi come un semplice problema di ordine pubblico o come episodico sfogo di realtà minoritarie, potrebbe rivelarsi un grave errore.Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)