mario pulimanti

La romanità


 La romanità Quanti abitanti che oggivivono a Roma sono romani?  Che cosa resterà in futurodella romanità? Certo, nel corso dei secoliRoma ha subito anche drammatici spopolamenti e poi lenti e progressiviripopolamenti. L’antica Roma era abitata daquattro milioni di abitanti che nel Medioevo sono ad un certo punto (per varimotivi: inondazioni, peste ecc.) diminuiti fino ad arrivare solamente a 50milaabitanti. Ai tempi del Belli ce n’erano160 mila, che all’inizio del secolo erano saliti a 200 mila, ma nel corso degliultimi sette o otto decenni, specialmente a partire dal dopoguerra, si éripopolata ad un ritmo vertiginoso. Oggi conta quasi cinquemilioni di abitanti. Ma soltanto in minima partesono romani: non più di centomila. I restanti quattro milioni enovecentomila residenti non sono romani. E tutto sta ad indicare chei romani sono destinati a ridursi ulteriormente, probabilmente fino a sparire,come sarà destinato a sparire purtroppo anche il nostro bellissimo dialetto. Infatti il dialettoromanesco é ormai moribondo. Trattasi non già di unamorte naturale, bensì di un assassinio vero e proprio, perpetrato con freddalucidità, con premeditazione, con tante persone pronte ad approvare la puliziaetnica del nostro amato vernacolo romanesco. Moravia diceva che ildialetto romano è un misto di fiorentino e di campano. I costruttori di San Pietroerano tutti toscani, e mescolarono il loro dialetto con il dialetto campano. Anche la lingua a Roma é unmiscuglio di Italiano. Moravia, anche se campano,diceva anche che Roma non era un cumulo di rovine, perché quelle romane sonorovine attive, ossia sempre in trasformazione, e la trasformazione è qualcosadi vivo, di vitale.  Le stesse idee le ha ancheespresse Federico Fellini, per il quale Roma rinasce miracolosamente dalleproprie rovine, come l’araba fenice dalle proprie ceneri. Del resto fin dall’antichitàRoma era una città cosmopolita, internazionale; alcuni degli imperatorivenivano dalla Spagna, dall’Africa; parecchi degli artisti, scrittori, cineastiche ci hanno offerto nuove visioni o nuove interpretazioni di Roma venivano daaltri luoghi o da altri paesi, come il Borromini, Fellini, Gadda, Pasolini.  Già Montaigne diceva chealla sua epoca Roma era la città più cosmopolita d’Europa.  Dal canto suo Borges non sistancava di ripetere che Roma era un mito dell’immaginazione universale. Significative sono le paroledi Adriano riportate nel celebre libro della Yourcenar: “Altre Rome verranno eio non so immaginarne il volto, ma avrò contribuito a formarlo?”  A mio parere converrebbemantenere sempre vive le tradizioni culturali romane e lo spirito della romanità,da lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)