Two Of Us

Rebecca


Loic aveva diciasett'anni e una testa da cinquantenne. Il corpo appena copertodi peli e pettorali bruniti sormontati da un leggero rilievo. Un cazzo scuro che gli ciondolava fra le cosce ravvicinate e bei piedi, da efebo. S'era rasato la testa, sacrificando i riccioli scuri, per rendere uniforme il suo corpo e farne un santuarioper Rebecca, che Lo guardava attraverso le fessure delle palpebre, con silenzidesiderosi e tumide contraddizioni. Lei era più avanti di Lui e andava sopra i quarant'anni, possedeva diversi amanti e Li gestiva con scioltezza, a volte un po' appesantita, ma anche con saggezza da matrona. Uno, Ettore, scavalcavai trenta: era sciroccato e giovialmente folle, bazzicava interessi bizzarri ed era ricolmo di alti e bassi, sessualmente esplosivo ma butterato da contraddizionimiste a vertiginose crisi di fiducia. Un insieme di scissioni, forsennato, fottuto,esaltato e ritroso. La metteva sempre di fronte a fatti compiuti, Improvvisate, rapide retromarcie e incursioni sconcertanti. A Lei piaceva ma impauriva, i suoipensieri erano come le sue scopate: irsute e selvatiche, le sue parole carichedi suoni desueti e superati. Come un cardinale caduto tra le braccia del Diavolotroppo presto. Poi c'era Miguel, uno spagnolo quadrato e professionale, con una passione per il crepuscolo e il gocciolare dell'erotismo nella calura estiva. Miguel era la rassicurazione, l'affidabilità, il lavoro e il sesso sicuro. Incisa nelle vene non aveva troppa fantasia ma la muscolarità della performance grintosa e del dialogo sopra i minimi sistemi. Geloso senza esserlo, metteva al top la possessivitàe l'amor proprio. Vedeva nei possibili altri amanti di Rebecca un'offesa personalepiù che una minaccia a quella che considerava la sua donna. Era sovraccarico di vanità e super Ego. Viveva il suo lavoro di rappresentate di automobili come le sue scopate: una berlina tedesca che scompigliava i capelli mentre la strada si dipanava sotto le ruote, con i pneumatici incollati al terreno e i chilometri da trasudare fino a quella che considerava la sua donna. Loic, dal canto suo, studiava Rebecca con accesa partecipazione. Ancora non aveva avuto accesso a tutto il suo corpo, ma lo conosceva come un libro d'ore. Simile a un amanuense aveva trascritto sulla pellicola del suo cranio le curveaccennate ma piene della donna, e le pieghe nere della sua vulva sugosa, tale un'albicocca, lo rigavano mentre, lavorando di bulino duro aveva tratto xilografie madide e roride dagli accenni impostati dal vento nel suo sottogonna.