Non vedeva lontano perché si ostinava a voler guardare le cose troppo da vicino. [...] Un esempio di questo genere di errore possiamo riscontrarlo nell'osservazione dei corpi celesti. Quando si dà un'occhiata a una stella, guardandola con la coda dell'occhio, con la parte più esterna della retina (la più sensibile alla luce debole), possiamo vedere la stella distintamente, cogliendone adeguatamente la luminosità che si attenua a mano a mano che volgiamo lo sguardo pienamente su di essa. A questo punti, infatti, l'occhio è investito da un gran numero di raggi luminosi, mentre alla prima occhiata si ha una più raffinata capacità di percezione. La troppa profondità condiziona il pensiero e ci rende perplessi, mentre una osservazione troppo prolungata, troppo concentrata o troppo diretta può fare svanire dal firmamento persino Venere.
(E.A. Poe)
Area personale
Menu
Ultimi commenti
« Repulisti gluttamato | Rebecca II » |
Post n°12 pubblicato il 02 Ottobre 2015 da Quaaalude
Loic aveva diciasett'anni e una testa da cinquantenne. Il corpo appena coperto di peli e pettorali bruniti sormontati da un leggero rilievo. Un cazzo scuro che gli ciondolava fra le cosce ravvicinate e bei piedi, da efebo. S'era rasato la testa, sacrificando i riccioli scuri, per rendere uniforme il suo corpo e farne un santuario per Rebecca, che Lo guardava attraverso le fessure delle palpebre, con silenzi desiderosi e tumide contraddizioni. Lei era più avanti di Lui e andava sopra i quarant'anni, possedeva diversi amanti e Li gestiva con scioltezza, a volte un po' appesantita, ma anche con saggezza da matrona. Uno, Ettore, scavalcava i trenta: era sciroccato e giovialmente folle, bazzicava interessi bizzarri ed era ricolmo di alti e bassi, sessualmente esplosivo ma butterato da contraddizioni miste a vertiginose crisi di fiducia. Un insieme di scissioni, forsennato, fottuto, esaltato e ritroso. La metteva sempre di fronte a fatti compiuti, Improvvisate, rapide retromarcie e incursioni sconcertanti. A Lei piaceva ma impauriva, i suoi pensieri erano come le sue scopate: irsute e selvatiche, le sue parole cariche di suoni desueti e superati. Come un cardinale caduto tra le braccia del Diavolo troppo presto. Poi c'era Miguel, uno spagnolo quadrato e professionale, con una passione per il crepuscolo e il gocciolare dell'erotismo nella calura estiva. Miguel era la rassicurazione, l'affidabilità, il lavoro e il sesso sicuro. Incisa nelle vene non aveva troppa fantasia ma la muscolarità della performance grintosa e del dialogo sopra i minimi sistemi. Geloso senza esserlo, metteva al top la possessività e l'amor proprio. Vedeva nei possibili altri amanti di Rebecca un'offesa personale più che una minaccia a quella che considerava la sua donna. Era sovraccarico di vanità e super Ego. Viveva il suo lavoro di rappresentate di automobili come le sue scopate: una berlina tedesca che scompigliava i capelli mentre la strada si dipanava sotto le ruote, con i pneumatici incollati al terreno e i chilometri da trasudare fino a quella che considerava la sua donna. Loic, dal canto suo, studiava Rebecca con accesa partecipazione. Ancora non aveva avuto accesso a tutto il suo corpo, ma lo conosceva come un libro d'ore. Simile a un amanuense aveva trascritto sulla pellicola del suo cranio le curve accennate ma piene della donna, e le pieghe nere della sua vulva sugosa, tale un'albicocca, lo rigavano mentre, lavorando di bulino duro aveva tratto xilografie madide e roride dagli accenni impostati dal vento nel suo sottogonna. |
https://blog.libero.it/Quaaalude/trackback.php?msg=13285407
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Inviato da: cassetta2
il 12/07/2020 alle 18:16
Inviato da: MerveOrhun
il 15/09/2016 alle 18:41
Inviato da: legrillonnoirdestael
il 02/10/2015 alle 19:42
Inviato da: Quaaalude
il 09/07/2014 alle 18:30
Inviato da: Quaaalude
il 09/07/2014 alle 18:30