Certamente la storia patria non ha mai avuto reale necessità dei canti delle osterie che vengono snocciolate a mo' di litania, separate l'una dall'altra dal famoso bridge "dammela a me biondina, dammela a me biondà" ovvero, per i meno colti, da un più dozzinale "parapaponzipero, parapaponzipà".Tornando alla storia patria, non vi è chi non veda come la famosa osteria del Vaticano (All'osteria del vaticano / è successo un fatto strano / Papa Sisto con gli occhiali / s' in... i cardinali": il significato dei puntini è di facile interpretazione) riporti in effetti un fatto di minima importanza. Cosa ce ne importa, in effetti, se Papa Sisto portasse gli occhiali mentre era intento in opre non certo commendevoli?Non è però questo il punto. Dato che la storia ha poco interesse, come testè constatato, l'attenzione, ai fini del tema del post, deve spostarsi sull' osteria numero mille, laddove essa recita: "All'osteria numero mille / il mio gatto fa faville / fa faville sulla legna / figuriamoci sulla fr...". Anche a tal proposito è d'uopo rilevare che il termine "gatto" va più proficuamente sostituito con altro derivante da un doppio cambio di consonante ("c" per "g" e successivamente "z" per "t"), laddove i puntini trovano adeguata ragione di essere nella rima baciata con la parola "legna".I cultori della materia avranno certamente rilevato come io abbia usato, contrariamente a quanto leggesi su varie fonti, il termine "faville" in luogo di "scintille". La maggiore musicalità del verso rende piena ragione della bontà della mia scelta, basata del resto sui solidi ricordi della mia gioventù e pertanto degna della massima fede. Non mi stancherò mai di levare alti lai e dure rampogne avverso la protervia degli zoticoni del web nel corrompere testi di storica memoria.Il termine favilla, del resto, ben si associa all'immagine della "favilla del genio" che costituisce il tema precipuo di questo post. Stranamente il genio non sono io, ma Marcello Veneziani che, sul Giornale di oggi ha pubblicato un autentico capolavoro. Devo ammettere che, more solito, il geniale pezzo era stato già da me reiteratamente ipotizzato (ed in corrispondenza privata ne ho anche la prova tangibile), ma devo riconoscere a Marcello Veneziani il merito di averlo pubblicato prima di me.Pertanto mi sembra equo che, nel pubblicare il pezzo, io dia a Marcello Veneziani il giusto riconoscimento della primogenitura. Il link al capolavoro è all'edizione del 28 aprile 2011"Bascioni, bascioni. È la ventesima volta che sento la signora accanto nel Freccia rossa accomiatarsi al telefono con il suo bacioso affetto. Forse è una parlamentare o un avvocato, non so. Certo è una incontinente telefonica. Per non disturbare il prossimo non ha la suoneria ma poi declama per orate intere il suo rapporto d'amore con il cosmo e tutti ormai conosciamo la sua vita nei minimi particolari. Non riesci a leggere né a scrivere vicino a lei. Ti devi occupare delle sue scarpe che ha comprato stamani, della sua allergia al polline con la telecronaca dei sintomi; dove va stasera a mangiare, che dice Arturo, il suo povero sottoposto, marito o domestico non so.Tu speri: ora arriva in zona gallerie e qui finalmente il telefono non prende. Il suo telefono invece prende, e se non prende, lei non capisce e continua a parlare e a distribuire bascioni. Se cade la linea, lei riprende e ridice la stessa cosa, la terza, la quarta volta; per sbrigarsi vorresti riassumere tu, voce fuori campo, le puntate precedenti. E prima di accorgersi che è caduta la linea, continua sorpresa a dire pronto, pronto, sei, sette volte. Ma non capisci, gallina, che è caduta la linea? O che è caduto il tuo ascoltatore sotto le raffiche della tua logorrea? E invece a te non cade mai la lingua, maledetta.Impedito a svolgere qualsiasi attività, mi raccolgo in me stesso, chiudo gli occhi, cado in trance ferroviaria. Penso di alzarmi e sferrarle un pugno in bocca, magari facendole ingoiare la bestia, il cellulare. Pregusto la scena nei minimi dettagli, lei è una signora distinta, tirata a puntino. Sarà bello vederla ricondotta alla primitiva bestialità. Poi decido di alzarmi, le tolgo con rapida mossa il telefono e glielo butto via dal finestrino. La signora mi guarda interdetta, non ha parole, io le dico solo bascioni bascioni. Silenzio attonito nel vagone. Lei chiama il capotreno, cerca solidarietà intorno ma la gente mi applaude come un giustiziere. Vivo la gloria del liberatore. Fino a che qualcuno mi dice: già visto il biglietto? Mi ero addormentato, sognavo. Torno alla dura realtà. La signora sta distribuendo per la quarantesima volta bascioni, bascioni."Dal momento che Veneziani mi ha fregato il capolavoro, pubblicandolo prima di me, devo ribadire che lo avevo scritto anche io prima di lui e la prova è costituita (oltre che dalla mia corrispondenza che non posso svelare, per ovvie ragioni di privacy) dal titolo di uno dei miei brani musicali, purtroppo andato perduto: "Perché esiste gente così maleducata da mangiare le mele sul treno". Mi duole comunicare al Dottor Veneziani che, qualora dovesse fregarmi anche questo titolo, egli perderà un suo fervente estimatore. Mi auguro peraltro che questa mia minaccia non vada a compromettere il suo ottimo lavoro quotidiano.Vabbè, siamo seri. Naturalmente lo scopo del post era solo quello di rendere noto all'universo mondo il link al sito nel quale ho pubblicato la mia Opera omnia (salvo "Perché esiste gente così maleducata da mangiare le mele sul treno", mannaggia alla paletta!).
Osteria numero mille
Certamente la storia patria non ha mai avuto reale necessità dei canti delle osterie che vengono snocciolate a mo' di litania, separate l'una dall'altra dal famoso bridge "dammela a me biondina, dammela a me biondà" ovvero, per i meno colti, da un più dozzinale "parapaponzipero, parapaponzipà".Tornando alla storia patria, non vi è chi non veda come la famosa osteria del Vaticano (All'osteria del vaticano / è successo un fatto strano / Papa Sisto con gli occhiali / s' in... i cardinali": il significato dei puntini è di facile interpretazione) riporti in effetti un fatto di minima importanza. Cosa ce ne importa, in effetti, se Papa Sisto portasse gli occhiali mentre era intento in opre non certo commendevoli?Non è però questo il punto. Dato che la storia ha poco interesse, come testè constatato, l'attenzione, ai fini del tema del post, deve spostarsi sull' osteria numero mille, laddove essa recita: "All'osteria numero mille / il mio gatto fa faville / fa faville sulla legna / figuriamoci sulla fr...". Anche a tal proposito è d'uopo rilevare che il termine "gatto" va più proficuamente sostituito con altro derivante da un doppio cambio di consonante ("c" per "g" e successivamente "z" per "t"), laddove i puntini trovano adeguata ragione di essere nella rima baciata con la parola "legna".I cultori della materia avranno certamente rilevato come io abbia usato, contrariamente a quanto leggesi su varie fonti, il termine "faville" in luogo di "scintille". La maggiore musicalità del verso rende piena ragione della bontà della mia scelta, basata del resto sui solidi ricordi della mia gioventù e pertanto degna della massima fede. Non mi stancherò mai di levare alti lai e dure rampogne avverso la protervia degli zoticoni del web nel corrompere testi di storica memoria.Il termine favilla, del resto, ben si associa all'immagine della "favilla del genio" che costituisce il tema precipuo di questo post. Stranamente il genio non sono io, ma Marcello Veneziani che, sul Giornale di oggi ha pubblicato un autentico capolavoro. Devo ammettere che, more solito, il geniale pezzo era stato già da me reiteratamente ipotizzato (ed in corrispondenza privata ne ho anche la prova tangibile), ma devo riconoscere a Marcello Veneziani il merito di averlo pubblicato prima di me.Pertanto mi sembra equo che, nel pubblicare il pezzo, io dia a Marcello Veneziani il giusto riconoscimento della primogenitura. Il link al capolavoro è all'edizione del 28 aprile 2011"Bascioni, bascioni. È la ventesima volta che sento la signora accanto nel Freccia rossa accomiatarsi al telefono con il suo bacioso affetto. Forse è una parlamentare o un avvocato, non so. Certo è una incontinente telefonica. Per non disturbare il prossimo non ha la suoneria ma poi declama per orate intere il suo rapporto d'amore con il cosmo e tutti ormai conosciamo la sua vita nei minimi particolari. Non riesci a leggere né a scrivere vicino a lei. Ti devi occupare delle sue scarpe che ha comprato stamani, della sua allergia al polline con la telecronaca dei sintomi; dove va stasera a mangiare, che dice Arturo, il suo povero sottoposto, marito o domestico non so.Tu speri: ora arriva in zona gallerie e qui finalmente il telefono non prende. Il suo telefono invece prende, e se non prende, lei non capisce e continua a parlare e a distribuire bascioni. Se cade la linea, lei riprende e ridice la stessa cosa, la terza, la quarta volta; per sbrigarsi vorresti riassumere tu, voce fuori campo, le puntate precedenti. E prima di accorgersi che è caduta la linea, continua sorpresa a dire pronto, pronto, sei, sette volte. Ma non capisci, gallina, che è caduta la linea? O che è caduto il tuo ascoltatore sotto le raffiche della tua logorrea? E invece a te non cade mai la lingua, maledetta.Impedito a svolgere qualsiasi attività, mi raccolgo in me stesso, chiudo gli occhi, cado in trance ferroviaria. Penso di alzarmi e sferrarle un pugno in bocca, magari facendole ingoiare la bestia, il cellulare. Pregusto la scena nei minimi dettagli, lei è una signora distinta, tirata a puntino. Sarà bello vederla ricondotta alla primitiva bestialità. Poi decido di alzarmi, le tolgo con rapida mossa il telefono e glielo butto via dal finestrino. La signora mi guarda interdetta, non ha parole, io le dico solo bascioni bascioni. Silenzio attonito nel vagone. Lei chiama il capotreno, cerca solidarietà intorno ma la gente mi applaude come un giustiziere. Vivo la gloria del liberatore. Fino a che qualcuno mi dice: già visto il biglietto? Mi ero addormentato, sognavo. Torno alla dura realtà. La signora sta distribuendo per la quarantesima volta bascioni, bascioni."Dal momento che Veneziani mi ha fregato il capolavoro, pubblicandolo prima di me, devo ribadire che lo avevo scritto anche io prima di lui e la prova è costituita (oltre che dalla mia corrispondenza che non posso svelare, per ovvie ragioni di privacy) dal titolo di uno dei miei brani musicali, purtroppo andato perduto: "Perché esiste gente così maleducata da mangiare le mele sul treno". Mi duole comunicare al Dottor Veneziani che, qualora dovesse fregarmi anche questo titolo, egli perderà un suo fervente estimatore. Mi auguro peraltro che questa mia minaccia non vada a compromettere il suo ottimo lavoro quotidiano.Vabbè, siamo seri. Naturalmente lo scopo del post era solo quello di rendere noto all'universo mondo il link al sito nel quale ho pubblicato la mia Opera omnia (salvo "Perché esiste gente così maleducata da mangiare le mele sul treno", mannaggia alla paletta!).