Quid novi?

Tre sonetti di Tullia d'Aragona


XXXV.A Bernardo OchinoBernardo, ben potea bastarvi averneco 'l dolce dir, ch'a voi natura infonde,qui dove 'l re de fiumi ha più chiare onde,acceso i cuori a le sante opre eterne:che se pur sono in voi pure l'interne voglie, e la vita al vestir corrisponde, non uom di frale carne e d'ossa immonde, ma sete un voi de le schiere superne.Or le finte apparenze, e 'l ballo, e 'l suono, chiesti dal tempo e da l'antica usanza, a che così da voi vietati sono?Non fora sanà, fora arroganza torre il libero arbitrio, il maggior dono che Dio ne dié ne la primiera stanza.XXXVI.Ad Emilio TondiSiena dolente i suoi migliori invitaa lagrimar intorno al suo gran Tondi,al cui valor ben furo i cieli secondi,poscia invidiaro l'onorata vita.Marte il pianger di lei col pianto aìta, morto 'l campion, cui fur gli altri secondi; io prego i miei sospir caldi e profondi, ch'a sfogar sì gran duol porgano aìta.So che non pon recar miei tristi accenti, a voi, messer Emilio, alcun conforto, che fra tanti dolori il primo è 'l vostro.Ma 'l duol si tempri; il suo mortale è morto; vive 'l suo nome eterno fra le genti: l'alma trionfa nel superno chiostro.XXXVII.A Tiberio Nari Se veston sol d'eterna gloria il manto quei che l'onor più che la vita amaro, perché volete voi, gentil mio Naro, render men bella con acerbo piantoquella lode immortale e chiara tanto, di cui mai non sarà chi giunga al paro del valoroso vostro fratel caro, che morendo portò di morte 'l vanto?Scacciate 'l duol e rasserenate il volto; e le unite da lui nemiche spoglie sacrate a lui, che già trionfa in cielo,E da questo mortal caduco velo più che mai vivo, omai libero e sciolto, par ch'a seguirlo ogni bell'alma invoglie.Tullia d'Aragona