Quid novi?

Sei sonetti di Tullia d'Aragona


XLVI.Al Alessandro ArrighiSpirto gentil, s'al giusto voler mionon è cortese il cielo e amico tanto,ch'io possa con ragion lodarvi quantome fate, e io far voi spero e desio;dolgomi del mio fato acerbo e rio,che ciò mi niega, rivolgendo in piantoil mio già lieto e dilettoso canto,per cui fan gli occhi miei sì largo rio.Ma se fortuna mai si mostra amica a le mie voglie, non dubito ancora poter cantarvi tal qual mio cor brama,e far sentir per questa piaggia aprìca quant'è 'l valor, ch'in voi mio core onora, piacciavi s'or lo riverisce e ama.XLVII.A Lattanzio de' BenucciIo ch'a ragion tengo me stessa a vile,né scorgo parte in me che non m'annoi,bramando tormi a morte e viver poine le carte d'un qualche a voi simile,cercando vo per questo lieto aprile d'ingegni mille, non pur uno o doi suggetti degni de i più alti eroi, e d'inchiostro al mio tutto dissimile.Però dovunque avvien, che mai si nome alteramente alcuno, indi m'ingegno trar rime, onde s'eterni il nome nostro.E spero ancor, se 'l mio cangiar di chiome non rende pigro questo ardito ingegno, d'Elicona salire al sacro chiostro.XLVIII.Ad Antonio Grazzini (Lasca)lo che fin qui quasi alga ingrata e vilesprezzava in me così l'intera parte,come u' di fuor, che tosto invecchia e parteda noi ben spesso nel più bello aprile, oggi, Lasca gentil, non pur a vile non mi tengo (mercè de le tue carte) ma movo ancor la penna ad onorarte, fatta in tutto a me stessa dissimile.E come pianta che suggendo piglia novo licor da l'umido terreno manda fuor frutti e fior, benché s'attempi:tal'io potrei, sì nuovo mi bisbiglia pensier nel cor di non venir mai meno, dar forse ancor di me non bassi esempi.XLIX.A Nicolò MartelliBen fu felice vostro alto destino,poi che vena vi die' tanto feconda,che 'l santo Apollo il vostro dir secondapiù ch'ei non fece al suo diletto Lino. Il coro de le Muse a capo chino lieto v'onora, e 'l bel crin vi circonda di vaghi fiori e d'odorata fronda: perché ragion è ben s'a voi m'inchino.Il cantar vostro l'anime innamora, e le fa da se stesse pellegrine, che celeste virtù può ciò che vuole.E 'n voi mirando grazie sì divine chi ha più gentil spirto più v'onora, altri d'invidia si lamenta e dole. L.A Simone Porzio Porzio gentile, a cui l'alma natura e i sacri studi han posto dentro 'l core virtù, ch'esser vi fa primo cultore di lei, cui 'l cieco mondo oggi non cura;poi che rendete a feconda coltura sue alpestre piaggie, onde d'eterno onore semi spargete, e d'immortal valore cogliete frutti che 'l tempo non fura;piacciavi, prego, che vostra alta mente a l'umil pianta mia volga il pensiero, s'ella forse non n'è del tutto indegna,che di quel che per me poter non spero, col favor vostro a la futura gente di maraviglia ancor si farà degna.LI.A Giordano OrsiniAlma gentil, in cui l'eterna menteper farvi sovra ogni alma, bella e chiara,pose ogni studio; onde per voi s'imparala via di gir al ciel sicuramente; sì come il mondo della più eccellente cosa di voi non ha, né tanto cara; e come sola sete e non pur rara d'ogni virtute ornata interamente;potess'io dirne appien quanto 'l cor brama, che d'invidia empirei e di dolore ogni spirto più saggio e più gentile,benché vostro valor eterna fama per se vi acquisti, caro mio signore, quanto 'l sol gira e Battro abbraccia e Tile.Tullia d'Aragona