Quid novi?

Sonetti di Angiola Cimina


Sonetti di Angiola CiminaDi Angiola Cimina, Marchesana della Petrella, deceduta nel 1726, alla quale fu dedicata, in commemorazione della sua morte, una raccolta di poesie di Gerardo De Angelis, in un volumetto di 67 pagine, edito a Firenze nel 1728, conosco i seguenti sette sonetti, tutti pubblicati in "Delle Rime scelte di Varj Illustri Poeti Napoletani", Volume Secondo, In Firenze A spese di Antonio Muzio, 1723:1. Finor seguendo i tuoi desir mio core2. L'alma, che giace in quest'afflitta spoglia3. Lieta ne vo per quelle piagge amene4. Non amo io te con quel sì basso amore5. Presso quel fonte Amore ognor mi mena6. Senno, vertude, angelico 'ntelletto7. Vertù dal Mondo un tempo già partìa1.Finor seguendo i tuoi desir mio coremenato ho i giorni lagrimosi, e tristi;or più non bramo che si turbi, e attristimia stanca mente per tuo van dolore.Sia lungi omai da te quel folle amore,onde cotanta pena, e duol soffristi,e d'uopo sia che sol vaghezza acquistid'alme virtù, di glorioso onore.Questo è quel ben, che l'uom fa chiaro al Mondo,e lo scampa da Lete, e al ricco senodi Dio l'innalza nel superno Regno.O bel disdetto, o avventuroso sdegno,che 'l mesto viver mio farà giocondo,fuor d'ogni affanno, e d'alta gioia pieno.2.L'alma, che giace in quest'afflitta spogliaSdegnosa sempre, e in atre cure involta,Schiva nel velo fral più star sepolta,E di gir colassuso ognor s'invoglia.Spesso a fuggir di questa bassa sogliaS'avanza, e 'nfiamma; e poscia in se rivolta,Oimè, dice ella, a che vaneggio, o stolta,E del molto fallir l'accresce doglia.Umil poi volta al suo divin Fattore,Gli chier mercè de l'orgoglioso ardire;Poichè del suo voler quegli è Signore.Nè può aspirare a sì sublime onore,Nè del carcer mortal puot'ella uscire,E al Ciel Poggiar, se non è fuor d'errore.3.Lieta ne vo per quelle piagge amene,cogliendo in verde prato i più bei fiori,e 'l canto udendo degli augei canori,ond'è sgombro il mio cor d'affanni, e pene.Meco sovente ragionando vienela vaga Nice, e la vezzosa Clori,che in lieti accenti i lor felici amorimi fan palesi, e la lor dubbia spene.Poi tra candidi gigli, e fresche rosesu l'erba molle al chiaro fonte accantol'aura godiam, che dolcemente spira.E finch' il Sol s'asconde in riso, e cantol'ore passiam; né mai cure nojosecangian sì bel piacer in doglia, e in ira.4.Non amo io te con quel sì basso amore,Con cui ama la stolta, e volgar gente,Che a vil piacer va dietro, il qual repenteFugge, e sol lascia pentimento al core:Ma in me nobil pudico, e vivo ardoreIl petto accese, ed infiammò la mentedi bel disio, e pura voglia ardenteD'amar sol ciò, che reca pregio e onore.L'alta eccelsa vertù, che 'n te risiede,E fa nel mondo il nome tuo sì chiaroE' solo il bel, che in te vagheggio, ed amo.E infelice a ragione ognor mi chiamo,Poiché de l'opre tue l'esemplo raroEmpio Fato imitar non mi concede.5.Presso quel fonte Amore ognor mi mena,Ove solea veder l'empio Pastore,Che mi rapì con finti vezzi il core,Per poi renderlo a me carco di pena:Ma l'infedel non trovo, e giunta appena,O qual si sveglia in me fero dolore,Talchè vinta da sdegno, e forte amore,Senza voce rimango, e senza lena.Mesta poi riedo a la Capanna mia,Tutta negli atti dispettosa, e trista,E 'l mio gregge abbandono a mezza via.Non curando che preda a' lupi fiaIl più vago agnellino; e sol m'attristaChe l'infido Pastor mia fede obblia.6.Senno, vertude, angelico 'ntelletto,Spirto reale a ben' oprar sol nato,il gran Motor ti diede, e rese ornatoil tuo, d'ogni suo don, ben degno petto.E sommi fregi, a imprese uniche eletto,aggiugni al sangue; e 'n sì sublime statohai co' tuoi dotti carmi al Mondo datolume da contemplar l'alto subbjetto.Così carco t'en vai d'eccelso onore,alzando il volo di que' spirti a paro,che stan da presso al primo eterno Amore.Né mai potrà l'invido tempo avaroscemare i tuoi gran pregi, almo Signore,ma sia tuo nome ognor laudato, e chiaro.7.Vertù dal Mondo un tempo già partìa,Se 'l Ciel non fea riparo a' nostri mali;poich'uom mandò sì raro a noi mortali,che pien d'acceso amor quella seguìa;quando il vid'ella, omai, disse, ben fiach'io gioiosa rimanga in mezzo a' frali,perché adorno è costui di pregi tali,ch'unita al suo bel cor convien ch'io stia.Ma qual fu l'uom sì glorioso, e degno,cui non preme de' vizj il grave pondo,e fama ognor divulga i vanti suoi:Doria, tu fosti, e lo fece chiaro a noitua grande virtù; sicché tu se' del Mondoin questo secol nostro alto sostegno.