Quid novi?

Il Dittamondo (1-11)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO PRIMOCAPITOLO XI"In breve assai t’ho chiaro discoperto del mondo l’abitato e come giace, benché ’l veder te ne fará piú sperto": cosí mi disse. E io: "Forte mi piace il tuo parlar; ma qui d’un punto bramo 5 che l’intelletto mio riposi in pace. Dimmi: quel luogo, onde cacciato Adamo con Eva fu, dov’è, ché tu nol poni in su la terra né mostri alcun ramo?" Ed ello a me: "Diverse opinioni 10 state ne son; ma suso in oriente per la piú parte par che si ragioni. È questo un monte ignoto a questa gente, alto, che giunge in fine al primo cielo, onde ’l puro aire il suo bel grembo sente. 15 Quivi non è giá mai caldo né gelo. quivi non per fortuna onor si spera; quivi non pioggia né di nuvol velo, Quivi è l’arbor di vita e primavera sempre con gigli, con rose e con fiori; 20 adorno e pien d’una e d’altra rivera. Quivi tanti piacer di vaghi odori vi sono e tanto dolce melodia, che par che ciò che v’è vi s’innamori. Vecchiezza e ’nfermità non sa che sia 25 colui giá mai che dentro vi giunge: e questo pruova Enoc ed Elia. Ma muovi i passi omai, ch’altro mi punge". E io: "Va pur, ché dietro a le tue spalle non mi vedrai piú d’un passo di lunge". 30 E cosí mi guidò di calle in calle tanto, che noi giungemmo sopra un fiume, che si spandea per una bella valle, sopra la quale, per lo chiaro lume del sol, ch’era alto, una donna scorsi 35 vecchia in vista e trista per costume. Gli occhi da lei, andando, mai non torsi; ma poi che presso li fui giunto tanto ch’io l’avisava senza niun forsi, vidi il suo volto ch’era pien di pianto, 40 vidi la vesta sua rotta e disfatta e raso e guasto il suo vedovo manto. E, con tutto che fosse cosí fatta, pur ne l’abito suo, onesto e degno, mostrava uscita di gentile schiatta. 45 Tanto era grande e di nobil contegno, ch’i’ dicea fra me: "Ben fu costei e pare ancor da posseder bel regno". Maravigliando, piú mi trassi a lei e dissi: "O donna, per Dio non vi noi 50 di soddisfare alquanto ai disir mei, ch’io riguardo da l’una parte voi, che ne gli atti mostrate sí gentile, ch’io dico: - il ciel qui porse i radii suoi -; e poi da l’altra parete sí vile, 55 sí dispregiata e con pover vestire, ch’io rivolgo il pensiero ad altro stile". Qual piange sí che vuole e non può dire, cosí costei al pianto si disciolse, bagnandosi con l’acqua del martire. 60 Ma poi che il cuore alquanto lena colse e che sfogata fu la molta voglia, sí rispondendo in verso me si volse: "Non ti maravigliar, se io ho doglia; non ti maravigliar, se trista piango, 65 né se mi vedi in sí misera spoglia. Ma fatti maraviglia ch’io rimango e non divento qual divenne Ecuba, quando gittava altrui le pietre e ’l fango: ché minor suon non fe’ giá la mia tuba, né minor fui di sposo e di figliuoli, né meno ho sostenuto danno e ruba. Onde, quando mi truovo in tanti duolie ricordo lo stato in che giá fui, che governava il mondo co’ miei stuoli, 75 piango fra me, ché qui non è con cui. Or t’ho risposto a quel che mi chiedesti, forse con versi troppo chiusi e bui". "Se Quel che tutto regge ancor vi presti tanto di grazia, per la sua pietate, 80 che de gli onori antichi vi rivesti, fatemi ancora tanto di bontate, ch’io oda come in vostra giovinezza foste accresciuta in tanta dignitate, e ’n fino a cui salio vostra grandezza, 85 e la cagion perché da tanto onore caduta siete in cotanta bassezza". Questo prego li fei con tanto amore, ch’ella rispuose: "Al tuo piacer son presta; ma non fia il ricordar senza dolore". 90 Poi cominciò e la forma fu questa.