Quid novi?

Giovambatista Ricchieri (25-28)


Giovambatista Ricchieri (25-28)Lo Spazio.XXV.Dello Spazio l'idea non si rinvieneDal pensiero. Ei non è soggetto al senso.Eterno ed infinito in sé contieneL'ampio Universo, oltre ogni meta estenso.Crede talun, che delle vie sereneEntro a i soli confini ei sia comprenso;Ma gli oltrepassa, e nulla mai ritieneL'ali del mio pensier nel volo immenso.Colà sull'alto mira, o Cinzia, quelleEterne faci, che il notturno veloVan rischiarando scintillanti e belle.Quelle, m'ascolta, i dubbj miei ti svelo,Quelle forse non son l'ultime stelle:Forse... Chi sa, dov'abbia fine il Cielo?Il Moto.XXVI.Chiedi invan la cagion prima del Moto.Non la ritrova, o Cinzia, uman pensiero;Che l'alta arcana legge, ed il primieroOrdine di Natura a i sensi è ignoto.Ma pur vegg'io, che, se talor percotoCon un corpo alcun'altro, il più leggieroParte ha del moto, e, quando è uguale, interoin lui trapassa, e rimane l'altro immoto.Ogni corpo in urtar perde a misuraDi chi è percosso il moto, e l'aer densoOpposto indi il disperde, e più non dura.Ma gli astri erranti, a cui nel vano immensoAltri corpi non volle oppor Natura,All'infinito hanno il gran giro estenso.L'origine di alcune scienze.XXVII.Nacque dagli ozj de' Caldei PastoriL'arte di presagire i lieti auspìciDal volto delle Stelle, arte d'erroriFertile ognor, ma cara agl'infelici.Stranieri a ricercar nuovi tesoriSciolser le vele i Popoli Fenici;E ogni campo, confuso agli aratoriDalle piene del Nilo inondatrici,Fe', che in Egitto a misurar s'appreseL'aria, la terra, il mare, e la sublimeSfera, ove appena mortal guardo ascese.Ma son figlie d'Amor le dolci Rime,D'Amor, che all'alme del suo fuoco acceseInspira l'estro, e nuove forme imprime.La vanità della Filosofia.XXVIII.Perché talvolta, quando alcun mi chiedeDi varj effetti le cagioni ascose,Io sciolgo i dubbj suoi, di luminoseDoti sublimi ornato egli mi crede.Tu, Cinzia, a' detti miei non presti fede:Sai, che alla mente umana Iddio nascoseLe prime idee: per vie caliginoseSai che muove anche il Saggio incerto il piede.È ver; ma sieguo in un cammin fallaceDi chi saggio si crede i vani errori,Ed ingannato, altri sedur mi piace.Cieco somiglio, che tra foschi orroriNacque, e pur tenta, follemente audace,Dar l'idea della luce, e de i colori.Giovambattista o Giovambatista RicchieriTratto da: Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio (Genova, Bernardo Tarigo, 1753)