Quid novi?

Giovambatista Ricchieri (29-32)


Giovambatista Ricchieri (29-32)Nello stesso soggetto.(La vanità della Filosofia.)XXIX.La superbia dell'Uom vana si crede,Che quanto mai dalla gran mano uscìoDel Divin Fabbro, e che nel Ciel si vede,Abbia tutto per lui creato Iddio.E così vaneggiando ei non s'avvede,Che siegue un cieco e lusinghier desìo;Mentre neppur qui, dov'ei ferma il piede,Di lui può dirsi questo suol natìo.Saran dunque per noi gli Astri del Polo,E il vasto Ciel, se a quelle vie sereneGiunge de' nostri guardi appena il volo?Ma siam, qual'era un Uom noto in Atene,Che, stolto, si credea giunta a lui solo,Se mai Nave approdava a quelle arene.L'Anima.XXX.Dell'Alma, o Cinzia, luminosa e bella,Che vive in te di mille pregi adorna,Chi ne ha viva l'idea? chi sa, com'ellaAl fral s'unisce, e come in te soggiorna?Altri già la credea raggio di stella,Che dal mortal disciolta al Ciel ritorna:Altri dicea, che lo splendor di quellaAvviva gli occhi, e un vago viso adorna.Ma più che i Saggi van di lei dicendo,Per darne chiara al mio pensier l'idea,Più mi confondo, e meno ognor ne intendo.So ben ch'ella è immortal: che Iddio la creaPer principio di vita; e a scherno prendoLe fole tutte della Scuola Achea.Esistenza di DIO.XXXI.S'ergo mai gli occhi al Cielo, io veggo il Sole,Sorgente eterna d'inesausta luce;E s'a'miei sguardi avvien ch'egli s'invole, Folta schiera di stelle alto riluce.Errano gli Astri per le vaste e soleVie, ma ignota è la man, che li conduce:S'aggira intorno ognor quest'ampia mole,E il suo moto la notte e il giorno adduce.Veggo infinito Popolo vivente,Monti, che in sen chiudono gemme ed oro,E i muti abitator dell'onda algente.Il Fabbro non vegg'io del gran lavoro:Ma conosce, e non può negar la menteUna prima Cagion, che sola adoro.DIO UNO.XXXII.È solo un Dio, che animator possenteCon la luce avvivò la massa impuraDel Mondo informe, il Sol cinse d'ardenteFiamma a sgombrar l'orrida notte oscura.Da lui solo ebbe spirto ogni vivente,E dal suo fiato Creator la puraAlma s'accese in noi. Pur cieca genteV'è, ch'altri Numi al suo pensier figura.Né san questi veder tra i folgorantiLumi del Cielo, e in mille opre leggiadreImpressi del Divin Fabbro i sembianti;Ma son qual figlio d'impudica madre,Che idolatra di lei tutti gli amanti,Perché tra lor crede si trovi il padre.Giovambattista o Giovambatista RicchieriTratto da: Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio (Genova, Bernardo Tarigo, 1753)