Quid novi?

La Bella Mano (021-025)


La Bella Mano di Giusto de' ContiXXIAmor, quando me veneDinanzi quella Luce,Che di belleze avanza il primo Sole,Io sento fra le venePiacer, che mi conduceLadove il sommo bene albergar suole:Allor mi vien paroleDal cor sì altere e nove,Et ciascun pensier tale,Che imaginar mortaleTanto non sente già, né lingua move:Ond'io grande mi tegno,Che il ciel di tanto ben mi fesse degno.Ben debbo il mio destino,Che mi condusse et spinse,Laudare, essendo in me così cortese;Et quel voler divino,Che al bel laccio mi strinse,Et sì soavemente il cor m'accese:Laudar debbo l'offeseDella spietata voglia;E il disdegnoso petto,Che d'indurato affettoHa fatto il smalto, perché ognor mi doglia:Che lei che il cor m'ancide,Avanza ogni altro ben che mai si vide.Felice l'ora e il giorno,Che in forma tanto umileApparve a noi mia matutina StellaE il mondo, che fu adornoDi spirto sì gentileEt di persona sì leggiadra et bella:Ma più beata quellaAnima eletta e pura,Che scesa giù dal cielo,Si avolse nel bel velo;Che tanto ha fatto onore alla Natura:E il loco ove già nacqueLa bella donna, che a me tanto piacque.Virtute et GentilezaQuaggiù discese, Amore,Quando Madonna venne in questa vita;E il ciel d'ogni bellezaFu privo et di splendoreD'allor, che nelle fasce fu nudrita.Perché alla più fioritaEt più perfetta etadeIl tempo la rivolse,In lei sola si accolseQuanto si vide al mondo di beltade.Ond'io ringratio e lodoChi pria mi strinse a sì leggiadro nodo.Ricca pioggia di roseNelle sue trecce biondeCadea, quando di lei pria 'namorai,Negli occhi il sol s'ascose(Né sa far nido altronde)Per più colmarmi d'infiniti guai:Et di amorosi raiArdeva il suo bel visoE il fronte di colei,Che è uno specchio agli occhi miei,Formato veramente in Paradiso.Dunque sian benedette,Amor, tue forze et l'arco et le saette.Canzon, se vai dinanzi al mio Tesoro,Adorna tua persona;Et poi cortese del mio mal ragiona.XXIIQuesto mirabil mostro di natura,Che il cor m'ha pien di speme et di disire,Non ha, chi verso lui la vista gire,Umano aspetto, né mortal figura.Chi di virtù, di fama, et di onor cura,Chi forse aspetta al ciel fra noi salire,In lei si specchi, et segua; e il volto mire,Dove il maestro pose ogni sua cura.Di lei ne vien divine le parole;Beato il viso e il guardo, ove due stelleSi mostran dal seren dell'alme ciglia;L'andar celeste, et gli atti santi, et quelleCaste bellezze angeliche, che soleIl mondo han tutto pien di maraviglia.XXIIIMirate omai, per dio, l'aspetto sagro,E il fronte, dove il nostro Sol s'oscura:Mirate dove pose mia venturaVirtude, perch'io aghiaccio e perch'io flagro:Mirate in terra l'alto simulagro,D'onde tant'arte Policleto fura,Et gli occhi, ove risorge per naturaIl fonte, ond'io mi pasco, dolce et agro:Mirate un altro Sole, et di più lume,Che il mondo errante al camin dritto invia:Et che ne volge a più salda speranza:Mirate insieme ogni real costume,E il vero esemplo d'ogni leggiadriaEt delle stelle l'ultima possanza.XXIVDal terzo Ciel nel bel sembiante umano,Ove ogni stella quanto può diffonde,Cade virtù sì fatta, che confondeChi presso il guarda, et strugge di lontano;Et col poter, che poi lui preso ha in mano,Cangiato ha le sue prime trecce bionde;Et tolto ogni beltà, che vede altronde,Per far quanto è quaggiù caduco et vano.Rubato al Sole ha le dorate chiome,Et quelle luci ladre, e il chiaro viso,A Venere l'andare et la parola.Così agli Dei fa forza; et non so, comeChi può consenta, il cielo e il paradisoImpoverir, per arricchir lei sola.XXVQuesta finice, che battendo l'ale,Dall'oriente a l'occidente vieneNel fronte la sembianza ha di quel bene,Di che sì poco al cieco mondo cale:Negli occhi quello angelico fataleFoco s'accende di salute et spene,Che qualità da quella cagion tiene,Che può far solo l'anima immortale.Cangiando clima cangia il suo bel manto,Et si rinova nelle fiamme comeIl mondo, quando il veste Primavera.Ma sol casta bellezza del bel nomeL'ha fatta degna: et questo è quel che tantoFe' gia costei sopra gli augelli altera.(continua)