Quid novi?

Rime di Cino Rinuccini (2)


RIMEdiM. CINO RINUCCINIfiorentinoSCRITTO DEL BUON SECOLO DELLA LINGUASonetti, canzoni e ballate e altri versi composti da Cino diM. Francesco Rinuccini cittadino fiorentino, ed uomo neisuoi tempi di lettere ornatissimo.Chi è costei, Amor, che quando appareL’aer si rasserena e fassi chiara?E qual donna è con lei tenuta è cara,Per le virtù che prendon nel suo andare.Negli occhi vaghi allor ti metti a stare,Nel cui lume natura non fu avara,Signor, sicchè da te e lei s’imparaDi non poter parlar, ma sospirare.Benchè se fosse Omer, Virgilio e DanteNe’ miei pensier con lor versi sonori,Non porrian mai ritrar la sua biltade.Perocchè Dio da’ suoi eccelsi onori,La produsse quaggiù nel mondo errante,14Per mostrar ciò che può sua deitate. Tu vuoi ch’io parli, Amor, della bellezzaD’un miracol ch’è al mondo,Il qual non ha secondo;Come il potrò io far senza tua aita?Aiutami, signor, dammi fortezzaCh’io sopporti tal pondo,E fa ch’io sia facondoA ritrar sua biltà, ch’è infinita.Se ’l mio intelletto, ch’ha virtù finita,Tal leggiadria e tal miracol novo,E ’l foco in ch’io mi trovoMostrar non può, fanne tu degna scusaE dì che mal s’ausaLingua mortale a parlar del divino,Ch’ha ’n se la bella donna dentro ascusa.Perchè umìl mi dichinoA domandar perdono, a voi dicendoCh’io non posso ridir quel ch’io comprendo.I capei d’oro, la spaziosa fronte Dove ridon le rose, Nere ciglia amorose,Con una via di latte che divide Dall’altro a l’uno infin ch’al naso smonte, Dove drittura pose Natura, e dove ascose Degli occhi il lume di mie stelle fide, Disparir fanno il sol, dove Amor ride; Con guance che di perla orientale Hanno color, nè tale Più visto fu la piccioletta bocca, Co’ sottil labbri fiocca Soave odore da’ suoi nivei denti E ’l mento è sì pulito, che si scocca Policreto e sue genti. Quando riguardo tal bellezze fiso,Non so s’io sono in terra o ’n paradiso.La svelta gola è colonna polita,Che sostien la cerviceD’esta bella Fenice,Con color cristallin che sempre splende.E l’ampie spalle ov’è biltà compita,E’ bracci a cui ne liceCiò che ’l pensier ne dice,Se tra lor fossi, o beata tua vita.Le bianche man, le sottilette ditaE ’l suo latteo petto e le mammelle,Che chi da lor si svelle,Non può dolce sentire in alcun loco.Per onestà vo pocoTrattar dell’altre parti ascoste, Amore.Il suo soave andar saetta focoA chi ’l guarda nel core;Ond’io contento ciò ch’è maraviglia,E spesso dico il suo fattor somiglia.Fra divine bellezze Amore ha ascosoUn cor tanto gentile,Con vago aspetto umìle,Da fare innamorar te, sommo Giove.Nel suo bel viso siede ogni riposo,E ciascun atto vileVi pere, sicchè simileSi vien d’ogni virtù, che da lei piove.63Negli occhi suoi, se avvien ch’ella gli muove,Si veggon cose ch’uom non sa ridire,Ma convienvi perireSiccome occhio mortal nel divin sole.Con qual degne parolePotrei io mai ritrar la sua virtute?Far nol so io, ma chi in un punto vuoleVeder tutta salute,Guardi il miracol che dal terzo cieloProdusse Dio quaggiù nel mortal velo.Per lei son io, signor, venuto a taleChe or d’un sasso duroTutto mi trasfiguroE diveng’uomo e poi pallido amante.O contraria a Medusa, a me non valeFuggir, sicchè sicuroDa te più non mi furo,Perchè mi sgrida Amore; ond’io tremante81A lui m’assegno, ed a te vengo avante,Che siedi com’ei vuol nella mia mente,Ad esso obbedïente.Comanda tu, che mi sentenzi a morte.O trista, o dura sorte!Allor guard’io se alcun atto pietosoRimaso è ’n te, ch’hai ’l cor di diamante,E veggio sì crucciosoIl tuo aspetto, ch’altro non mi giovaChe chiamar morte, morte, morte a prova.Descritto hai, Canzon mia, piccola parteDi quel ch’io ho dentro, che non so mostrare.Ma basti questo a fareMuover gli amanti che truovi a pietadeDì loro in veritade,Che per la fe ch’ad una donna porto,Io son venuto al punto ov’io son morto.E poi con umiltade,Nelle man della bella donna mia,Raccomanda lo spirto che va via.