Quid novi?

Il Dittamondo (1-16)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO PRIMOCAPITOLO XVISoppellito Aventin dove hai udito, prese Silvio Procas la signoria, che fu bisavo al mio primo marito. Or qui di grado in grado par che sia, parlando, iscesa dove a Orosio piace 5 prender principio de la storia mia. In questo tempo appunto per Arbace la monarchia giú cadde de li Assiri, che fu sí grande al mondo e tanto aldace. Onde, se ben dirittamente miri, 10 conoscer puoi ch’allor la mia s’avanza, che quella cadde a gli ultimi sospiri. Tre anni e venti tenne la possanza d’Alba costui con tanto valore, ch’assai ne prese il popol suo baldanza. Due figliuoli ebbe e l’un fu Munitore, Amulio l’altro; ed al primo scadea la signoria, però ch’era il maggiore. Ma non andò cosí, come ir dovea, ché Amulio a Munitore tolse il regno, 20 e tolse la sua figlia Silvia Rea. Poi, sí come uomo d’ogni vizio pregno, a la dea Vesta la vergine diede, perché di lei mai non fosse sostegno. Ma nota, figliuol mio, che non procede 25 le piú volte cosí a l’uom la cosa, come nel suo pensier ragiona e crede. Dico che, stando ne l’ordine ascosa, due figliuoli ebbe, come che si scriva, da cui non so, ma bei quanto una rosa. 30 Gittar li fece lungo la mia riva questo crudele, avolti ne le fascia, e lei ancor soppellir viva viva. L’opinione in fra gli autori lascia se funno o no lattati da una lupa, 35 ché d’altro cibo convien ch’io ti pascia. Cosí l’avaro e il crudele occupa lo regno tutto; ma, se guardi bene, la fine, se mai fe’, fu rea e strupa. Qui di Saturno e Laius mi sovene, 40 che mandâr per morire i lor due figli, dai quai sentiron poi tormenti e pene. Folle è qual crede che, per suoi consigli, rimuover possa l’ordine del cielo, se non con santi preghi in che vigigli. 45 Cresciuti i due gemelli e messo il pelo e stando coi pastori a la foresta, tenean di signoria costumi e stelo. Un dí, siando insieme a una festa, fu preso l’uno e al suo zio menato; 50 l’altro fuggí per tema de la testa. Ma vedi: spesso avièn ch’uomo è turbato di cosa e piange perché li è contrara, che poi li torna in grandezza e in istato. Similemente a costui parve amara 55 la sua presura e dove temea forte li tornò poi in dolce cosa e cara: ché per questa cagion fun grandi in corte con Munitore e vendicaro ancora la madre lor de la spietata morte. 60 Cotale posso dir ch’era io allora qual è il pomo maturo in su la rama, che poi si guasta, se piú vi dimora. Ora il cielo, che ogni cosa chiama a ordinato tempo, li suoi lumi 65 volse vèr me, per darmi onore e fama. E i due gemelli, che per bei costumi nomar potrei Castore e Polluce e di beltá, per quel ch’aviso, lumi, s’innamorâr de la mia bella luce. 70 Ma l’un fu morto e qui si tace il come; l’altro rimase sol signore e duce. Dal nome di costui presi il mio nome; e certamente il primo sposo fue, che sentisse il piacer del mio bel pome. 75 Piú e piú gioie portai de le sue e, in fra l’altre, una maggior cintura che Dido non fe’ far del cuoio del bue. Pensa al mondo non è cosa sicura; e folle è qual ci crede fermo stato, 80 ché quel ch’è piú è pien d’ogni paura. Questo marito mio, ch’i’ t’ho contato, essendo presso a Caprea, al palú, apparve un tempo con vento turbato. Tonando, la tempesta cadde giú; e, come che rapito o morto fosse, per me da poi non si rivide piú. Se di lui m’arse il core e se mi cosse pensar lo dèi, ch’a dirlo mi sarebbe rinnovellare un duolo a le mie osse; 90e dir non tel saprei, sí me ne increbbe.