Quid novi?

Tarquina Molza (2)


Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)[8 Di Tarquinia Molza]S'eguali havessi le forze al desìo,Tarquinia, ch'a lodarvi ognor m'invitaVoi dopo morte rimarreste in vitaE me insieme trarrei dal cieco oblio.Ma tanta è la bellezza rara, ch'ioContemplo in voi, con la virtù infinitaE l'onestà da voi tanto graditaCh'ogni pensier trapassa non che 'l mio.Pur vo' talora, ricercando in parteDi farvi nota la mia intensa voglia,Non già ch'io speri di ritrarvi in carte;Né cagion ha Camillo, onde si dogliaDi me, che spesso per difetto d'arteNon mostro quant'in voi valor s'accoglia.[9 Di Tarquinia Molza]Ov'è l'arco e lo strale,U' son le face, Amore?Grida Ciprigna, e pur con gran furoreA le tenere sue carni fa male.Lì con timor la bellaTarquinia, i' dico quellaChe fa vergogna al sole,Con sue dolci parole,Mel chiede; io gliele do, credendo ch'ellaTu fossi; ma se pur trovar gli vuoiVa tosto, e guarda ne begli occhi suoi.[10 Di Tarquinia Molza]In risposta al sonetto del FalloppiaSdegno non fu ch'a pungervi mi spinse,Ma poi che de le rime ond'io ne portoFama mi parve voi pentirvi a tortoInvidia allor il cor m'assalse e vinse.Hor, se la scusa da voi non si finse,Dentro in me stessa godo e mi confortoChe per me, il laccio ancor qual bene attortoFune vi stringe con che Amor vi avvinse.Onde l'errore a voi facil perdono,S'error fu in non prezzar me bassa e vilePresso all'altezza ch'a le stelle arriva.A lei ceder gli onor' contenta sono,Non già com'a mortal donna; ma divaSolo a sé stessa, a null'altra simile.[11 Di Tarquinia Molza]Nella morte di m. Molza.Non da più rio dolor trafitto gemePovero agricoltor cui nuova piantaChe bei frutti mostrava, irato schiantaBorea dal piede e seco ogni sua spemeDi quel ch'ora per te, gentil suo seme,Modona sente, cui porgevi tantaSperanza di valore e bontà quantaGloria le dier' già l'avo e 'l padre insieme,E quel che dar può a caro figlio e saggioTenera madre di feral cipressoOrna il mesto sepolcro, e di tai noteDegli anni suoi nel più fiorito MaggioDa fiera morte et importuna appressoQui giace Molza al gran Molza nipote.[12 Di Tarquinia Molza]Morte, è pur ver che tu di vita priviI miglior' sempre, acciò che maggior dogliaChi a dietro resta in quest'inferno accogliaOve siam morti e parci d'esser vivi.Tu m'hai purtroppo innanzi tempo priviCon la tua man che tutto il mondo addogliaDel giovinetto Molza, e ben s'invogliaA trar dagli occhi lagrimosi rivi.Spento è il buon Molza nel fiorir degli anni,Anzi in ciel vive presso a l'avo e al padreE 'l sommo ben ch'amava in terra gode.Alma felice, ch'a beati scanniSalita sei fra le celesti squadreDeh non sprezzar la mia terrena lode.[13 Di Tarquinia Molza]Né mai da campi l'aspettate spicheInnanzi tempo il mietitor recide,Né da fecondi rami unqua divideAcerbi frutti delle sue fatiche.Ma voi del nostro ben Parche nemicheSul fior degli anni (ohimè!) con mani infideSete pur di colui state omicideChe più ch'altrui fer' le virtuti amiche.Tu, patria mia, di sì nobil sostegnoPriva meco membrando il nostro statoCosì ti duole ove piangendo scrivi.Molza, sei morto? O inexorabil fato,Non di te il mondo, sol n'era il ciel degno,Tu or col padre e l'avo eterno vivi.[14 Di Tarquinia Molza]Molza, che i piedi ancor teneri e breviPer l'avite mettendo e patern' ormeD'ir a gran passi lor pari e conformeAnzi il dovuto di speme accendevi.Beato se' che le muse onde ardeviVere là su tra le celesti tormeMiri e 'l suon odi che ciascuna formeDi nove giri in gravi accenti e lievi.E che l'acque superne ed il cristalloAmmiri invece del qui amato fonteChe cavò l'unghia del cavallo alato.Ma noi senza te mesti in questo stalloDei pie' di Dio dagli occhi nostri fonteVersiam ch'il terren bagna ove sei nato.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)