Quid novi?

Il Dittamondo (1-22)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO PRIMOCAPITOLO XXIITu puoi comprender ben sí come vegno digradando il mio tempo a passo a passo, confiorendo de’ miei alcun piú degno. Era lo stato, ch’avea allor, sí basso, ch’oltra i due mari e ’l giogo d’Apennino 5 poco il mio nome facea ancor trapasso, perché l’invidia di ciascun vicino e Sanniti e Latin davano ingombro al bene, in ch’io sperava per distino. Papir Cursor del suo corpo t’aombro forte, leggieri e d’animo sí magno, che de’ nemici fe’ piú volte sgombro. La gran discordia a dirti qui rimagno ch’ebbe con Fabio e de’ Sanniti nota l’arme, di che giá fece il bel guadagno. 15 Cosí montava allor su per la rota, come si va sul pin di rama in rama: bontá de la famiglia mia divota. Chi è or colui che ’l suo Comun tanto ama, che negasse d’averne signoria 20 per viver puro e torne altrui la brama, come piú volte fe’ d’aver bailia Massimo Fabio del mio? E di tal servo giusto è che sempre la memoria sia. Costui piú volte mise ossa e nervo 25 per me ed isconfisse il Tosco e il Gallo, dopo l’augurio del lupo e del cervo. Costui riscosse la vergogna e il fallo del suo figliuolo con tanta vittoria, ch’io lo rimisi nel suo primo stallo. 30 E perché noti ben la sua memoria Ponzio prese e puose a’ colpi fine de’ Sanniti: che fu sí lunga storia. In questo tempo le cittá vicine quale omaggio mi fe’, qual fu conquisa: 35 per ch’io piú allargai le mie confine. Ma perch’ella non va com’uom divisa, quando montar credea di bene in meglio, fu con Cecilio la mia gente uccisa. Ora, figliuolo, a ragionar mi sveglio 40 le gran battaglie e come la fortuna doler mi fe’ in questo tempo veglio. Dico che non per fallo o colpa alcuna de’ miei con Taranto incominciai guerra, per la qual molte si vestîr di bruna. 45 Emilio con il fuoco e con le ferra, per vendicar lo ricevuto oltraggio, corse, in quel tempo, tutta la lor terra. Pirro d’Epirro, isceso del lignaggio del magnanimo Greco, in loro aiuto 50 venire vidi e farmi gran dannaggio. E credo ben che non avria perduto Levino contro a lui, di sopra Liro, se avesse a’ leofanti proveduto. Non molto poi i miei si partiro, 55 per vendicare il danno, dal mio ospizio, benché pur sopra lor giunse il martiro. Qui si convien la luce di Fabrizio, che ’l tenne a fren, mostrar ne le parole, 60 pien di vertú e mondo d’ogni vizio. Costui fu tal, che ’n prima avresti il sole tratto del suo cammin, che lui avessi volto a far quello che onestá non vole. Oh, quanto il loderesti, se sapessi 65 ciò ch’a Pirro rispuose e poi sí come mandò il medico preso per suoi messi! Veder bramava, per lo molto nome, il leofante e ’l gran dificio ch’ello portava a dosso, in cambio d’altre some; 70 quando fu Curio primamente quello che, poi ch’egli ebbe Pirro in fuga messo, me ’l presentò armato d’un castello. Tremò la terra sotto i piedi, apresso, de’ Piceni e de’ miei, fatte le schiere, 75 per che ciascuno spaurio adesso. Ma qui è bel d’udire e di sapere quel tempo ch’io avea in fino al dí che Taranto ai miei fe’ dispiacere. Venti sei anni a rilevare un D mancavano e tu cosí li nota, se con altri di tal materia di’. Orribil fiamme e diverse tremota si videro e sentîr, per che temenza n’ebbe grande di qua la gente tota. 85 Credo per segno di crudel sentenza si vider correr sangue le fontane e lupi squartar l’uomo in mia presenza. Ora ti vengo a dir le cose strane che funno in mare, in terra, e le sconfitte 90 galliche ed ispagnuole e africane, ben che ’n molti volumi siano scritte.