Quid novi?

Rime inedite del 500 (IV)


Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)IV[1 Di Pietro Bembo]Sonetti del BemboIn persona mortal divino aspettoEd in giovane cuor voglie attempate,Umil, saggio parlar, pien d'onestate,Mente a casti pensier fido ricetto,Alto, sottil, angelico intelletto,Di virtù specchio in questa nostra etate,Con somma leggiadria somma onestate,Parlar ch'avanza ogni mondan diletto;Riso possente ad infiammar i fiumi,Chiome vaghe d'or fin, fronte serena,Mansueti, gentil, alti costumi;Man che distruggi i cuor con dolce pena,Chiari, ardenti, soavi e dolci lumiPer voi mi sprona Amor, per voi m'affrena.[2 Di Pietro Bembo]Il lampeggiar de' begli occhi sereni,Non scordato da noi dopo mill'anni,M'abbaglia sì che in gli amorosi affanniTirar mi sento ovunque il ciel mi meni.Ma trovo lor' di tal bellezza pieni,Ed aver seco sì soavi inganni,Che nullo affanno par poi che m'affanni,E nullo incontro il mio gioir affreni.Così da un vago, bello e dolce lumeNasce il mio fuoco, e poi da quello istessoViene il rimedio ch'ei non mi consume.Che spesso dunque mai temer s'espressoConosce essere in lei questo costumeDi far la piaga e riscaldarla appresso.[3 Di Pietro Bembo]Quando ripenso meco al sommo beneChe i bei vostri occhi, donna, in me lassàroIl dì che per i miei dentro passàroAl cuor e sepper, trasmutarlo in spene,Conosco allor che i lacci e le catenePer mia vera salute mi mandàroSpirti amici dal ciel; però che imparoL'eterna vita in quell'ore serene.Che stando nel divin vostro cospettoCosì sento da vui farmi beatoCome luna dal sol riceve lume.E quinci volto a Dio con l'intelletto,Comprendo il ben di quel soave statoChe qualità non cangia, né costume.[4 Di Pietro Bembo]L'alte bellezze e le virtù perfetteCh'in voi sì come in proprio albergo poseNatura, da quel dì che si disposeFarvi sopra dell'altre al mondo elette.Hanno sì le mie voglie a sé ristretteSoavemente, che le salde e ascoseCatene aspregio, e tanto men noioseEsser le sento, quanto a me più strette.Né fu di libertà giamai sì lietoAfflitto prigionier', come sent'ioDi questi dolci miei novi legami;E ripensando come il servir mioNon vi è noioso, un tal piacer ne smetoChe fa ch'io sprezzi il resto e voi sol' ami.[5 Di Pietro Bembo]Ite, versi, a colei che senza mePrende ogni giuoco, ogni piacer che puòE dite, se vi dice com'io sto:Semper piagne, sospira e grida ohimè!Se v'adomanda ov'a più volto il pie',Dite ch'a morte di buon passo io vo,E dite, se vi dice quel ch'io fo:Lui tien' il cor, la mente, il spirito in te.Se v'adomanda ch'esercizio ho qui,Ditegli: el scrive e sempre in bocca v'ha,E non desidra altro ch'un bel sì.Se vi dice: il mio servo a piacer l'ha,Dite: lui tanta pena ha notte è dìCh'ogni fiera crudel gli harìa pietà.[6 Di Pietro Bembo]Lasso! quando fia mai che per mia paceTutti li miei pensieri ad uno ad unoPossa scoprir senza sospetto alcunoA cui mio troppo ardir forse non piace.E quella che ver' me sdegnosa tace,E tiene il mio parlar fors'importuno.Col cor di sdegno e crudeltà digiunoOda quel che d'udir or le dispiace;E rivolgendo allor con parlar gratoVer' me gli accenti suoi sì dolci e rariDica pietosa del mio mal passato;Fedel amico mio, che in pianti amariTi struggi sì nel tu' infelice stato,Vivi, ch'ancor serai de' miei più cari.[7 Di Pietro Bembo]D. M. P. B.Né securo ricetto ad uom che paveScorgendo da vicin nemica fronte,Né dopo lunga sete un vivo fonte,Né pace dopo guerra iniqua e grave;Né prender porto a travagliata nave,Né dir parole amando ornate e pronte,Né veder casa in solitario monteA pellegrin smarrito è sì soaveQuant'è quel giorno a me beato e caro,Che mi rende la dolce amata vistaDi cui m'è il ciel più che madonna avaro.Né perch'io parta poi l'alma s'attristaTanta in quel punto dal bel lume chiarovirtù, senno, valor, grazia s'acquista.Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)