Quid novi?

Il Dittamondo (1-26)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO PRIMOCAPITOLO XXVICotal, qual io ti conto, fu il mio Scipio e tal mi convenia, se ’l ciel dovea ridurre a buona fine il bel principio. Lo padre e ’l zio giá perduti avea avvolpinati a forza e per ingegno 5 da Asdrubal, che la Spagna possedea, quando, con prego assai onesto e degno, per vendicare il danno ricevuto, da me partio questo mio sostegno. Non è da trapassar lo bello aiuto 10 di Claudio e di Valerio, il cui ben fare fece ben fare al popol mio minuto. Non è ancora da voler lasciare sí come Fabio del figliuol li piacque la morte, piú che ’l fallo perdonare. 15 Qui ritorno a colui, che propio nacque per me, che, poi che ne la Spagna giunse, a far mio pro un’ora non si tacque. Piú e piú volte Asdrubale compunse; prese Mago, di ch’io feci gran festa, 20 e la nuova Cartago strusse e munse. Ad Annibal mandò Claudio la testa d’Asdrubal, de la qual rider s’infinse: credo per piú celar la sua tempesta. E tanto Scipio i suoi e sé sospinse 25 a dí a dí, prendendo le province, che tutta Spagna in poco tempo vinse. Poi, ritornato a me questo mio prince, ed essendo al Consiglio disperato, mostrò l’ardire onde ogni roman vince. 30 Qui passo a dir ciò che fu consigliato per Fabio e per lui; ma ben t’accerto che ’l suo buon dir piacque a tutto ’l senato. Con poca gente nel cammino esperto si mise e poi passò, senza periglio, dove il lito african li fu scoperto. Di tanta grazia ancor mi maraviglio: che ’n breve tempo in campo uccise Annone ed anche a Sifax re diede di piglio. E questo posso dir fu la cagione 40 che le cittá d’Italia ritornaro la maggior parte a la mia intenzione. E perché gli African da poi mandaro per Annibal, che ben diece e sette anni m’avea fatto sentir tormento amaro, 45 diliberata fui da’ suoi affanni: pianse il partir, perché fra tanto spazio veduta non m’avea dentro da’ panni. Di molti Italiani fece strazio; ma pria che giunto fosse a l’altro lito, 50 per malo agurio fu del cammin sazio. E poi che ebbe il gran valore udito di Scipio, dubitando in fra se stesso, pensò far pace per alcun partito. E tanto seguitò di messo in messo, 55 che ’l dí fu posto e data la fidanza; poi funno insieme, come fu promesso. Qui era il grande orgoglio e la baldanza; qui era la virtute e l’ardimento del mondo, potrei dire, e la possanza: 60 ché vo’ che sappi che ’l gran parlamento che Dario scrive ch’a Troia fu fatto povero fu a tanto valimento. Livio ti conta l’accoglienza e l’atto e ’l bel parlar di questi due gran siri 65 e come si partîr senza alcun patto. Però passo oltre e vegno ai gran martiri de la battaglia, che fu sí aspra e forte, che lungo tempo poi funno i sospiri. Non saprei dire di ciascun la sorte, 70 né che fe’ Scipio né Annibal; ma, pensa, piú vergogna temea ciascun che morte. Pure a la fine il Sommo, che dispensa le grazie sue come a lui piace, volse che sopra gli African fosse l’offensa. 75 Ma sappi che Annibal mai non si tolse del campo, in fin che colpo vi si diede: l’ultimo fu, tanto ’l partir li dolse. E posso per ver dire, e farne fede, che in quel giorno la vittoria presi, 80 onde al mondo per me legge si vede. Apresso questo, i gran Cartaginesi per voler d’Annibal, che si partio, domandâr pace e fu tal ch’io la ’ntesi: però che tutti sotto al regno mio 85 vennero gli African, ch’eran sí bravi: seguitâr loro e fenno al mio disio. Portate funno a Scipio le chiavi de la cittá ed el v’entrò co’ suoi; poi arse lor ben cinquecento navi. 90 Apresso, a me tornato, saper puoi ch’io il trionfai con la sua milizia e pensar non potresti a li dí tuoi la festa, ch’io ne feci, e la letizia.