Quid novi?

Terze Rime 5-8


Terze Rime di Veronica FrancoAbdelkader Salza, Bari, Laterza 1913 V Della signora Veronica Franca [Non ama più colui, che la prese con la beltà sua caduca; ora la ragione, vinto il senso, la fa desiderosa di riavvicinarsi all'uomo virtuoso, da lei trascurato per quello.] Signor, la virtù vostra e 'l gran valoree l'eloquenzia fu di tal potere,che d'altrui man m'ha liberato il core;il qual di breve spero ancor vederecollocato entro 'l vostro gentil petto,e regnar quivi, e far vostro volere.Quel ch'amai più, più mi torna in dispetto,né stimo più beltà caduca e frale,e mi pento, ché già. n'ebbi diletto.Misera me, ch'amai ombra mortale,ch'anzi doveva odiar, e voi amare,pien di virtù infinita ed immortale!Tanto numer non ha di rena il mare,quante volte di ciò piango: ch'amandofral beltà, virtù eterna ebbi a sprezzare.Il mio fallo confesso sospirando,e vi prometto e giuro da doveromandar per la virtù la beltà in bando.Per la vostra virtù languisco e pèro,disciolto 'l cor da quell'empia catena,onde mi avolse il dio picciolo arciero:già. segui' 'l senso, or la ragion mi mena. VI Risposta d'incerto autore per le rime [L'uomo è lusingato e lieto del pentimento di lei, e spera di provarle la sua fede.] Contrari son tra lor ragion e Amore,e chi 'n Amor aspetta antivedere,di senso è privo e di ragion è fuore.Tanto più in prezzo è da doversi averevostro discorso, in cui avete elettovoler in stima la virtù tenere;e, bench'io di lei sia privo in effetto,con voi di possederla il desio vale,sì che del buon voler premio n'aspetto:e, se 'l timor de l'esser mio m'assale,poi mi fa contra i merti miei sperare,ché s'elegge per ben un minor male.Io non mi vanto per virtù d'andarea segno che, l'amor nostro acquistando,mi possa in tanto grado collocare;ma so ch'un'alma valorosa, quandotrova uom che 'l falso aborre e segue il vero,a lui si va con diletto accostando:e tanto più, se dentro a un cor sincerod'alta fé trova affezzion ripiena,come nel mio, ch'un dì mostrarvi spero,se 'l non poter le voglie non m'affrena. VII D'incerto autore [Un amante, non corrisposto da Veronica, si lamenta della crudeltà di lei, e la supplica umilmente di riamarlo, invocando l'aiuto d'Amore.] Dunque l'alta beltà, ch'amica stellacon sì prodiga mano in voi dispensa,d'amor tenete e di pietà rubella?Quell'alma, in cui posando ricompensadi molt'anni l'error la virtù stanca,dar la morte a chi v'ama iniqua pensa?Lasso, e che altro a far del tutto mancaorribile ed amara questa vita,e rovinosa in strada oscura e manca,se non che sia col mal voler unitad'una bellezza al mondo senza egualela forza insuperabile, infinita?Ma perché da l'inferno ancor non saleTesifone e Megera ai nostri danni,se scende a noi del ciel cotanto male?Ben sei fanciul più d'ingegno che d'anni,Amor, e d'occhi e d'intelletto privo,se 'l tuo regno abbandoni in tanti affanni.Te, cui non ebbe di servir a schivoGiove con tutta la celeste corte,e ch'a Dite impiagar festi anco arrivo;te, del cui arco il suon vien che riportespoglie d'innumerabili trofei,contra chi più resiste ognor più forte;te, cui soggetti son gli uomini e i dèi,non so per qual destìn, fugge e disprezza,con la mia morte ne le man, costei.Ma, se contrario a quel che 'n ciel s'avezza,ella sen va da le tue forze sciolta,per privilegio de la sua bellezza,a la tua stessa madre or ti rivolta,ch'unico essempio di beltà fu tanto,pur piagata da te più d'una volta:e, s'a lei toglie la mia donna il vantod'ornamento e di grazie, a lei che gioval'esserti madre poi da l'altro canto?èe vinta da costei Venere è in prova,e se Minerva in scienzia e in virtutea costei molto inferior si trova,tanto più scegli le saette acute:ché più gloria ti fia di questa sola,che di tutt'altre in tuo poter venute.Per l'universo l'ali stendi, e voladi cerchio in cerchio, Amor, e sì vedraiche questa il pregio a tutte l'altre invola;e, s'al tuo imperio aggiunger la saprai,quanto 'l tuo onor sovra i dèi tutti gìo,tanto maggior di te stesso verrai:benché lo sventurato in ciò son io,che, benché stata sia costei sicurada l'armi ognor del faretrato dio,non è stata però sempre sì dura,che non abbia ad Amor dato ricettoper pietà nel suo sen, non per pauraCom'ad ubidiente umil soggetto,ad Amor ansioso e di lei vagol'adito aperse del suo gentil petto;quinci 'l suo desir proprio a render pago,al suo arbitrio d'Amor l'armi rivolse,qual le piacque a fermar solingo e vago:sì che, dovunque saettando colsecol doppio sol di quei celesti lumi,a sé gran copia d'amadori accolse,e con leggiadri e candidi costumidilettò 'l mondo in guisa, che la gented'amor per lei vien ch'arda e si consumi.Gran pregio, in sé tener unitamenterara del corpo e singolar beltatecon la virtù perfetta de la mente:di così doppio ardor l'alme infiammatesenton lor foco di tal gioia pieno,che, quanto egli è maggior, più son beate.Anch'io lo 'ncendio, che mi strugge il seno,sempre più bramerei che 'n tale statos'augumentasse e non venisse meno,s'io non fossi, né so per qual mio fato,in mille espresse ed angosciose guiseda lei, miser, fuggito e disprezzato:ché, se 'l trovar l'altrui voglie diviseda le nostre in amor, è di tal doglia,che restan le virtù del cor conquise,quanto convien ch'io lagrimi e mi dogliadi vedermi aborrir con quello sdegno,che di speme e di vita in un mi spoglia?E, s'io mi lagno, e se di pianto pregnoporto 'l cor, che 'l duol suo sfoga per gli occhi,miser qual io d'Amor non ha 'l gran regno.Non basta che Fortuna empia in me scocchitanti colpi, ch'altrui mai non avieneche 'n questa vita un sì gran numer tocchi;ché sospirar e pianger mi convienedi ciò, che la mia donna, fuor d'ogni uso,al mio strazio più cruda ognor diviene;e s'io, del pianto il viso smorto infuso,del cielo e de le stelle mi richiamo,ed or Amor, or lei gridando accuso,che poss'io far, se, in premio di quant'amo,giunto da l'altrui orgoglio a tal mi veggo,che la morte ancor sorda al mio mal chiamo?E col pensier, ond'io vaneggio, or chieggod'Amor aita, ed or per altra stradasempre invano al mio scempio, oimè, proveggo.Ma, poi che 'l ciel destina, e così vada,che per sicura e dilettosa via,dove 'l ben trovan gli altri, io pèra e cada,sàziati del mio mal, fortuna ria;poi, di me quando sarai stanca e sazia,qual tuo gran pregio e qual acquisto fia?E tu, Amor, dentro e fuor mi struggi e strazia,ché tanto m'è 'l mio affanno di contento,quant'ei l'orgoglio di madonna sazia.Ben ai successi de le cose intento,di lei m'assale immoderata t'ma,che 'n lei vendichi 'l cielo il mio tormento.Questo fa in parte la mia gioia scema,anzi, s'io voglio raccontar il vero,son sempre oppresso da una doglia estrema:ché, se meco madonna usasse impero,gratissimo il servirla mi sariacon affetto di cor vivo e sincero;ma, che invece di spender signoria,a dilettar la circostante turbami strazie sotto acerba tirannia,questo m'afflige l'animo, e mi turba.N', per le mie querele e i miei lamenti,l'opera incominciata ella disturba,ma, quasi mar nei procellosi venti,nel mio chieder mercé via più s'adira,e cela di pietà gli occhi suoi spenti:da me torcendo altrove i lumi gira,e gran materia è di sua crudeltatequanto per me si lagrima e sospira.O donna, pregio de la nostra etate,anzi di tutti i secoli, se 'n voinon guastasse l'orgoglio la beltate,ond'avvien che 'l mio amor così v'annoi?E, s'a morir davanti non vi vengo,ancora offesa vi chiamate poi:quanto faccio, e di quanto ch'io m'astengo,di me le vostre voglie a render paghe,vi spiace, e merto di vostr'odio ottengo.Ma, perché 'l vostro sdegno ognor m'impiaghe,dolci son di quel volto le percosse,e de le vostre man candide e vaghe.Qualunque affetto in voi giamai si mosse,tutto fate con grazia: de' vostri attichiunque il dotto e buon maestro fosse.Quai tenesse con voi natura patti,ancor de l'ire vostre e de l'offesetutti gli uomini restan sodisfatti.Farvi perfetta a tutte prove intesel'influsso, donator d'ogni eccellenza,e benigno la man verso voi stese:quinci del ciel l'altissima potenzasi vede in molti effetti discordanti,c'han di virtute in voi tutti apparenza.Oh che dolci, oh che cari e bei sembianti,ch'alte maniere quelle vostre sono,da farvi i dèi venir qua giuso amanti!E se, com'io pur volentier ragionode le grazie, che 'l ciel tante in voi posecon singolar, non più veduto dono,non mi teneste d'ogni parte ascosequelle vostre divine e rare parti,di che vostra persona si compose,non fôran sì angosciosi da me spartisospiri, né di lagrime vedrestiavampando, cor misero, innondarti.Ma, dond'avien che 'n me, lasso, si destila speme, che per prova intendo comefaccia sempre i miei dì più gravi e mesti?E pur chiamando di mia donna il nome,vera, unica al mondo eccelsa dea,convien ch'a lei mi volga, e ch'io la nome.Deh, non mi siate così iniqua e rea,che 'l mio mal sia 'l ben vostro e che m'ancidaquella vostra beltà, che gli altri bea!Ma quell'Amor, che v'ha tolto in sua guida,e che tien nel cor vostro il suo bel seggio,la crudeltà per me da voi divida;ch'io piangendo umilmente ancor vel chieggio. VIII Risposta della signora Veronica Franca [Veronica risponde dicendosi ancor soggetta ad uomo indegno, che le fa trascurare ogni altro amante. Forse un giorno, libera dal giogo, verrà a chi ora la supplica invano.] Ben vorrei fosse, come dite voi,ch'io vivessi d'Amor libera e franca,non còlta al laccio, o punta ai dardi suoi;e, se la forza in ciò d'assai mi manca,da resister a l'armi di quel dio,che 'l cielo e 'l mondo e fin gli abissi stanca,ch'ei s'annidasse fôra 'l desir miodentro 'l mio cor, in modo ch'io 'l facessinon repugnante a quel che più desio.Non che sovra lui regno aver volessi,ché folle a imaginarlo sol sarei,non che ch'un sì gran dio regger credessi;ma da lui conseguir in don vorreiche, innamorar convenendomi pure,fosse 'l farlo secondo i pensier miei.Ché, se libere in ciò fosser mie cure,tal odierei, ch'adoro; e tal, ch'io sdegno,con voglie seguirei salde e mature.E poi ch'Amor anch'io biasmar convegno,imaginando non si troveriacosa più ingiusta del suo iniquo regno.Egli dal proprio ben l'alme desvia;e, mentre indietro pur da ciò ti tira,nel precipizio del tuo mal t'invia.E, se 'l cor vostro in tanto affanno ei gira,credete che per me certo non meno,sua colpa, si languisce e si sospira;e, se voi del mio amor venite meno(nol so, ma 'l credo), anch'io d'un crudel anguesoffro al cor gli aspri morsi e 'l rio veneno.Così, quanto per me da voi si langue,vedete ristorato con vendettade le mie carni e del mio infetto sangue.E, se 'l mio mal vi spiace, e non diletta,anch'io 'l vostro non bramo, e quel ch'io facciocontra voi 'l fo da l'altrui amor costretta;benché, s'oppressa inferma a morte giaccio,com'è ch'a voi recar io possa aitanel martìr, ch'entro grido e di fuor taccio?Voi, s'a lagnarvi il vostro duol v'invitameco, nel mio languir soverchio impietrae rende un sasso di stupor mia vita:via più nel cor quella doglia pen'tra,che raggela le lagrime nel petto,e l'uom, qual Niobe, trasfigura in pietra.Il vostro duol si può chiamar diletto,poiché parlando meco il disfogate,del mio, ch'al centro il cor chiude, in rispetto.Io vi rispondo ancor, se mi parlate;ma le preghiere mie supplici il ventosenza risposta ognor se l'ha portate,se pur ebbi mai tanto d'ardimento,che in voce o con inchiostro addimandassiqualche mercede al grave mio tormento.E così portar gli occhi umidi e bassiconvengo, e converrò per lungo spazio,se morte al mio dolor non chiude i passi.Del mio amante non dico; ché 'l mio strazioè 'l dolce cibo, ond'ei mentre si pascedivien nel suo digiun manco ognor sazio.E dal suo orgoglio pur sempre in me nascenovo desio d'appagar le sue voglie,ch'unqua non vien che riposar mi lasce;ma dal mio nodo Amor l'arretra e scioglie:forse con lui fa un'altra donna quello,ch'egli fa meco; e qual dà, tal ritoglie.Così di quanto è 'l mio desir rubelloai desir vostri, a la medesma guisane riporto supplizio acerbo e fello.Fors'ancor voi del vostro amor conquisaaltra donna sprezzate, e con la mentedal piacerle v'andate ognor divisa;e, s'a lei sète ingrato e sconoscente,in suo giusto giudizio Amor decidech'un'altra sì vi scempia e vi tormente.Fors'anco Amor del comun pianto ride,e, per far lagrimar più sempre il mondo,l'altrui desir discompagna e divide;e, mentre che di ciò si fa giocondo,de le lagrime nostre il largo maresempre più si fa cupo e più profondo:ché, s'uom potesse a suo diletto amare,senza trovar contrarie voglie opposte,l'amoroso piacer non avria pare.E, se tai leggi fùr dal destìn poste,perché ne la soverchia dilettanzaal ben del cielo il mondan non s'accoste,tant'è più 'l mio dolor, quant'ho in usanzad'innamorarmi e di provar amandoquest'amata in amor disagguaglianzaBen quanto a l'esser mio vo ripensando,veggo che la fortuna mi conduceove la vita ognor meni affannando;e, se potessi in ciò prender per ducequella ragion, ch'or, da l'affetto vinta,d'Amor sotto l'imperio si riduce,sarebbe nel mio cor la fiamma estintade l'altrui foco, e di quel fôra in vecedel vostro l'alma ad infiammarsi accinta.E, se l'ordine a me mutar non lece,s'a disfar o corregger quel non viene,ch'o ben o mal una volta il ciel fece,posso bramar che chi cinta mi tiened'indegno laccio in libertà mi renda,sì ch'io mi doni a voi, come conviene;ma, ch'altro in ciò fuor del desir io spenda,e questo ancor con non picciola noia,non è che più da voi, signor, s'attenda.Ben sarebbe compìta la mia gioia,s'io potessi cangiar nel vostro amorequel ch'in altrui con diletto mannoia.A voi darei di buona voglia il core,e, dandol, crederei riguadagnarlonel merito del vostro alto valore:così verrei d'altrui mani empie a trarlo,e in luogo di conforto e di saluteaventurosamente a ben locarlo.Anch'io so quanto val vostra virtute,e de le rare eccellenti vostr'opremolte sono da me state vedute.Chiaro il vostro valor mi si discopre,e s'io non vengo a dargli ricompensa,Amor non vuol che tanto ben adopre.Com'io 'l potessi far, da me si pensa;e, se, dov'al desio manca il potere,il buon animo i merti ricompensa,che v'acquetiate meco è ben dovere:forse ch'a tempo di miglior venturave ne farò buon effetto vedere.Tra tanto l'esser certo di mia curaconforto sia, ch'al vostro dolor giovi,e mi faccia stimar da voi non dura,fin che libera un giorno io mi ritrovi