Quid novi?

Rime di Cino Rinuccini (10)


RIMEdiM. CINO RINUCCINIfiorentinoSCRITTO DEL BUON SECOLO DELLA LINGUASonetti, canzoni e ballate e altri versi composti da Cino diM. Francesco Rinuccini cittadino fiorentino, ed uomo neisuoi tempi di lettere ornatissimo.27Entra dell’Ariète, sicchè i fioriVestono i colli e gli arbuscei le fronde,In verde prato gir vestita a biancoVidi una donna con cerchio di perle,Composto con grand’arte in lucent’oro.I suoi biondi capelli un nodo d’oroRilegava sì ben, che invidia al soleFacea, mischiando i bianchi e’ rossi fiori,Annodandogli tutti in verdi fronde,Per avvolgerli insieme colle perle,Et adornarsi sotto il manto bianco.Fiso guardando tra ’l bel nero e biancoNegli occhi, che parean ciascuno un sole,Abbagliai sì ch’io caddi come i fioriCon lor succisi gambi, o come frondaQuando è spezzato il ramo; nè più l’oroRiconosceva, nè color di perle. Allor trasse la man bianca di perleDisotto al prezïoso vestir bianco,Dove una ruota avea trapunta in oro,E chinò la man bianca giù a’ fioriRicoprendomi tutto colle fronde.Così dormi’ infino all’altro sole. Ma poi ch’io mi svegliai non vidi il sole,Ch’era sparito, e la fronte di perleCol suo serico adorno vestir biancoDi varj nodi tutto ornato a oro;E secche si eran già le verdi fronde,E spenti tutti e bianchi e’ rossi fiori.Allor gridai; o ben mondani, o fioriCaduchi e lievi, o fuggitive perle,Ed o fragile e debíl vestir bianco,Ed o vani pensier nel fallac’oro,Voi non durate a pena un brieve soleRivolgendovi come al vento fronde.Sicchè la fe ch’a voi, o fiori o fronde,Avea, abbandono e perle e bianco e oro,E a te mi raccomando eterno sole.28Se giammai penso alla mia vita affissoQuant’ella è frale, e come morte struggeCiò ch’è nel mondo, e come il tempo fugge,Spesso contra di me m’adiro e risso.E dico; fa che ’l tuo cor sia discissoDa’ ben mondan, co’ qua’l’anima adugge:Nè irato leon per febbre ruggeQuant’io me riprendendo in questo abisso.Ed ogni dì muto nuovo consiglio,Pensando ed ordinando la mia vita;Così deliberando a morte corro.E sempre avvien che pure il piggior piglio;Onde l’anima trista sbigottitaMerzè, Iesù, ti grida in questo borro29Non fur vinte giammai arme Latine,Nè la Greca scïenza fu avanzata,Nè nulla fu sì di bellezze ornataChe vincesse le donne Fiorentine.Ben fu formata da virtù divineQuesta che per Idea dell’altre è data,Ed ha in se virtù, che chi le guataFanno gentil, leggiadre e pellegrine.O gioghi Parnasei, o sante Muse,O Minerve, o Apollo, o gran poeti,Perchè non siete in polpa, in ossa, in vena?Voi non aresti mai rime diffuseNè mai dettati versi tristi e lieti;Sol canteresti la latina Elèna.