Quid novi?

Terze Rime 11-12


Terze Rime di Veronica FrancoAddelkader Salza, Bari, Laterza 1913XID'incerto autore[Mentr'ella è a Verona con un suo amante, un altro, rimasto a Venezia, si duole ch'ella tardi a ritornare, ed a ciò la sollecita.]Invero una tu sei, Verona bella,poi che la mia Veronica gentilecon l'unica bellezza sua t'abbella.Quella, a cui non fu mai pari o simìle,d'Adria ninfa leggiadra, or col bel visot'apporta a mezzo 'l verno un lieto aprile;anzi ti fa nel mondo un paradisoil sol del volto, e degli occhi le stelle,e 'l tranquillo seren del vago riso;ma l'intelletto, che sì chiaro dielleil celeste Motor a sua sembianza,unito in lei con l'altre cose belle,quegli altri pregi in modo sopravanza,che l'uman veder nostro non pervienea mirar tal virtute in tal distanza.A pena l'occhio corporal sostienelo splendor de la fronte, in cui mirandoabbagliato e confuso ne diviene:questa la donna mia dolce girando,l'aria fa tutta sfavillar d'intorno,e pon le nubi e le tempeste in bando.Di rose e di viole il mondo adornorende 'l lume dal ciglio, con cui lietaprimavera perpetua fa soggiorno.Oimè! qual empio influsso di pianeta,unica di quest'occhi e vera luce,subito mi t'asconde e mi ti vieta?Chi 'l nostro paradiso altrove adduce,Adria, meco perciò dogliosa e trista,ché 'n tenebre il dì nostro si riduce?Ogni altro oggetto, lasso me, m'attrista,or che del vago mio splendor celestemi si contende la bramata vista.Ben del pensier con l'egre luci e mestescorgo Verona invidiosamente,che de' miei danni lieta si riveste.Veggo, lasso, e rivolgo con la mentene l'altrui gioia e ne l'altrui dilettovia più grave 'l mio danno espressamente.Adria, per costei fosti almo ricettodi tutto 'l ben ch'a noi dal ciel deriva,quant'ei ne suol più dar sommo e perfetto:or di lei tosto indegnamente priva,per questa del tuo lido antica spondatorbido 'l mar risuona in ogni riva.Ben tanto più si fa lieta e giocondaVerona; e di fiorito e dolce maggio,nel maggior nostro verno e ghiaccio, abonda.Quivi del mio bel sol l'amato raggiospiega le tante sue bellezze eterne,che d'ir al cielo insegnano il viaggio.Per virtù di tal lume in lei si scernevestir le piante di novel colore,e giunger forza a le radici interne.L'aura soave e 'l prezioso odore,che da le rose de la bocca spiraquesta figlia di Pallade e d'Amore,nutrimento vital per tutto inspira,sì ch'a quel refrigerio in un momentotutto risorge e rinasce e respira;e de la voce angelica il concentoi fiumi affrena, e i monti ad udir move,e 'l ciel si ferma ad ascoltarla intento:il ciel, che in Adria piange, e ride altrove,là 've la dolce mia terrena deagrazia e dolcezza dal bel ciglio piove,e quel ricetto estremamente bea,dov'ella alberga, per destìn feliced'un altro amante e per mia stella rea.Altri del mio penar buon frutto elice,del mio bel sol la luce altri si gode,ed io qui piango nudo ed infelice.Ma, s'ella 'l mio dolor intende et ode,perch'a levarmi l'affamato vermenon vien dal cor, che sì 'l consuma e rode?E, se non m'ode, o mie speranze inferme!poi che 'l ciel chiude a' miei sospir la strada,contra cui vano è quanto uom mai si scherme,Ma tu sì aventurosa alma contrada,ch'a pena un tanto ben capi e ricevi,qual chi confuso in gran dolcezza cada,d'Adria i diletti, a fuggir pronta e lievi,mira; e dal nostro danno accorta stimail volar de' tuoi dì fugaci e brevi.Or ti vedi risposta ad alta cimané pensi forse come d'alto gradole cose eccelse la fortuna adima:stabil non è di qua giù 'l bene, e radopiù d'un momento dura, e 'l pianto e 'l duolotrova per mezzo l'allegrezza il guado,Ma pur felice aventuroso suolo,che quel momento al goder nostro datopossiedi un ben così perfetto e solo.Pian, poggio, fonte e bosco fortunato,ch'a un guardo, a un sol toccar del vago piedeforma prendete di celeste stato,l'alto e novo miracol, che 'n voi siede,a farvi basti, in tanto spaziò, eternotutto quel ben, ch'al suo venir vi diede;sì che mai non v'offenda o ghiaccio o verno,ned altro influsso rio,ma sempre in voisia la stagion de' fior lieta in eterno;pur che tosto colei ritorni a noi,al nido, ov'ella nacque, che senz'essamena tristi ed oscuri i giorni suoi.Deh torna, luce mia, del raggio impressade la divinità, qui dove maipianger la tua partita non si cessa.Tempo è di ritornar, madonna, omaia consolar de la vostr'alma vistadi questa patria i desiosi rai,a dar a la mia mente inferma e tristacol dolce oggetto del bel vostro lumerimedio contra 'l duol, che sì l'attrista:e, se troppo 'l mio cor di voi presume,datemi in pena che del vago voltoda vicin lo splendor m'arda e consume;né de' begli occhi altrove sia rivoltoil doppio sol, fin che 'n polve minutanon mi vediate dal mio incendio vòlto;e, per farlo, affrettate la venuta.XIIRisposta della signora Veronica Franca[Ella risponde invitando l'innamorato, che non può riamare, a celebrar Venezia; dove, perché egli possa dimenticare lei per altra donna, non tornerà così presto.]Oh quanto per voi meglio si faria,se quel, che 'l cielo ingegno alto vi diede,riconosceste con più cortesia,sì che impiegarlo in quel, che più si chiede,veniste, disdegnando il mondo frale,che quei più inganna, che gli tien più fede;e, se lodaste pur cosa mortale,lasciando quel ch'è sol del senso oggetto,lodar quel ch'al giudicio ancor poi vale:lodar d'Adria il felice almo ricetto,che, benché sia terreno, ha forma veradi cielo in terra a Dio caro e diletto.Questa materia del vostro ingegno era,e non gir poetando vanamente,obliando la via del ver primiera.èenza discorrer poeticamente,senza usar l'iperbolica figura,ch'è pur troppo bugiarda apertamente,si poteva impiegar la vostra curain lodando Vinegia, singolaremeraviglia e stupor de la natura.Questa dominatrice alta del mare,regal vergine pura, inviolata,nel mondo senza essempio e senza pare,questa da voi deveva esser lodata,vostra patria gentile, in cui nasceste,e dov'anch'io, la Dio merc', son nata;ma voi le meraviglie raccogliested'altro paese; e de la mia persona,quel ch'Amor cieco vi dettò, diceste.Una invero è, qual dite voi, Verona,per le qualità proprie di se stessa,e non per quel che da voi si ragiona;ma tanto più Vinegia è bella d'essa,quanto è più bel del mondo il paradiso,la cui beltà fu a Vinegia concessa.In modo dal mondan tutto divisofabricata è Vinegia sopra l'acque,per sopranatural celeste aviso:in questa il Re del cielo si compiacquedi fondar il sicuro, eterno nidode la sua f', ch'altrove oppressa giacquee pose a suo diletto in questo lidotutto quel bel, tutta quella dolcezza,che sia di maggior vanto e maggior grido.Gioia non darsi altrove al mondo avezzain tal copia in Vinegia il ciel ripose,che chi non la conosce, non l'apprezza.Questo al vostro giudicio non s'ascose,che de le cose più eccellenti ha gusto;ma, poi la benda agli occhi Amor vi pose,dal costui foco il vostro cor combusto,vi mando agli occhi de la mente il fumo,che vi fece veder falso e non giusto.Ned io di me tai menzogne presumo,quai voi spiegaste, ben con tai maniere,che dal modo del dir diletto assumo;ma non perciò conosco per non verele trascendenti lodi, che mi date,sì che mi son con noia di piacere.Ma, se pur tal di me concetto fate,perch'al nido, ov'io nacqui, non si pensada voi, e 'n ciò perch'ognor nol lodate?Perch'ad altr'opra il pensier si dispensa,se per voi deve un loco esser lodato,che dia al mio spirto posa e ricompensa?Ricercando del ciel per ogni lato,se ben discorre in molte parti il sole,però vien l'oriente più stimato;perché quasi dal fonte Febo suolequindi spiegar il suo divino raggio,quando aprir ai mortali il giorno vuole:così anch'io 'n questo e in ogni altro viaggio,senza col sol però paragonarmiper mio oriente, alma Venezia, t'aggio.Questa, se in piacer v'era dilettarmi,dovevate lodar; e con tal modoal mio usato soggiorno richiamarmi.Lunge da lei, di nullo altro ben godo,se non ch'io spero che la lontananzadal mio vi scioglia, o leghi a l'altrui nodo.Continuando in cotal mia speranza,prolungherò più ch'io potrò 'l ritorno:tal che m'amiate ha lo sdegno possanza!Così vuol chi nel cor mi fa soggiorno:amor di tal, che per vostra vendettaforse non meno il mio riceve a scorno;ma, come sia, non ritornerò in fretta.