Quid novi?

Il Dittamondo (2-03)


Il Dittamondodi Fazio degli UbertiLIBRO SECONDOCAPITOLO IIIDa poi ch’io t’ho degli offici trattato e de l’insegne, è buono udir la gloria che ricevea qual era triunfato. Dico che quando con ricca vittoria tornava alcun d’alcuna signoria, 5 in questo modo accrescea sua memoria: che per tutto il paese far sentia chi ’l volesse veder, quel cotal giorno ch’io triunfava il cotal che venia. Era in su quattro ruote un carro adorno 10 e tanto bello, che vi si perdea alcuna volta l’uom mirando intorno. Di sopra ad esso una sedia avea di preziose pietre e d’un lavoro, ch’a riguardarla un miracol parea. 15 Qui su sedea, qui su facea dimoro colui che n’era per suo valor degno, vestito a bianco e la corona d’oro. Quattro cavalli, i piú bei del mio regno, conducevano il carro e tanto bianchi, 20 che piú la neve o ’l cigno non disegno. Camelli, forti muli e poco stanchi venian dinanzi con le ricche some, guidati da ragazzi duri e franchi (e sopra quelle erano scimie, come 25 usiamo ancoi, e molti babbuini), con piú altri animai, ch’io non so il nome, leopardi, leonze e porci spini, ed eranvi giraffe e, sopra quelli, 30 uomini come nani piccolini, gran leofanti, e questi avean castelli sopra il dosso con ghezzi neri e strani, struzzoli, pappagalli ed altri uccelli. Qui vedevi leoni e fieri cani: 35 e sappi che seguiano in questo modo, secondo i luoghi che m’eran lontani. Apresso, i presi stretti a nodo a nodo venian legati e quivi ciascun messo, secondo ch’era degno e di piú lodo: per questo avresti conosciuto adesso, 40 quando preso vi fosse o duca o re, ch’al sinistro del carro eran piú presso. E color che fidati avea da me di morte e di prigione, era ciascuno d’un segno pileato sopra sé. 45 Tutti i gran fatti suoi ad uno ad uno dal destro lato cantava una gente, col ben che fatto avea al mio comuno. Da l’altro, a ciò che fosse conoscente di non prender superbia a tanto onore, 50 un’altra andava ancor similemente: e questa ogni suo vizio e suo disnore ponea in versi, per sí fatta guisa, che giá ne vidi altrui mutar colore. Poi, dietro il carro, imagina ed avisa 55 veder marchesi, conti e gran baroni sotto le insegne de la mia divisa. E imagina veder li ricchi doni che fatti avea a coloro, che a le imprese portavan fama di miglior campioni. 60 Col capo raso, scoperto e palese, dopo costoro era alcun che menava li miei, che scossi avea d’altro paese. Ogni mia bella strada s’adornava: su la terra zendadi, erbetta e fiori 65 erano sparti e quivi si danzava. In contro a lui veniano i senatori con la milizia a piè e il popol mio, vestiti a compagnia di bei colori. Veniano apresso con vago disio 70 le madri, le donzelle e i pargoletti con tanta festa, che mai tal s’udio. Pensar ben dèi ch’a veder tai diletti venian signor di luoghi assai lontani ed alte donne con gentili aspetti. 75 Giovani bagordare a le quintani e gran tornei e una e altra giostra far si vedea con giochi novi e strani. Cosí andava questa ricca mostra per render laude e sacrifizio a Marte, 80 ch’era in quel tempo la speranza nostra. A chi volea, le mense erano sparte senza pagare e ciascun sí fornito, che parea quasi incantamento e arte. E poi ch’egli era fuor del tempio uscito, 85 sopra il suo carro ne venia ad agio, con l’ordinato modo c’hai udito, in fino al piè del mio nobil palagio. Quivi scendea ed io con tanta festa poi l’abbracciava e con sí dolce bagio, 90che detto avresti: – Maraviglia è questa! –