Quid novi?

Terze Rime 16


Terze Rime di Veronica FrancoAddelkader Salza, Bari, Laterza 1913XVIDella signora Veronica Franca[Ad un malèdico, che l'ha con suoi versi oltraggiata, risponde a lungo, e ribatte le ingiurie, che colpivano la condizione di lei.]D'ardito cavalier non è prodezza (concedami che 'l vero a questa volta io possa dir, la vostra gentilezza), da cavalier non è, ch'abbia raccolta ne l'animo suo invitto alta virtute, e che a l'onor la mente abbia rivolta, con armi insidiose e non vedute, a chi più disarmato men sospetta, dar gravi colpi di mortal ferute. Men ch'agli altri ciò far poi se gli aspetta contra le donne, da natura fatte per l'uso, che più d'altro a l'uom diletta: imbecilli di corpo, ed in nulla atte non pur a offender gli altri, ma se stesse dal difendere col cor timido astratte. Questo doveva far che s'astenesse la vostra man da quell'aspre percosse, ch'al mio feminil petto ignudo impresse. Io non saprei già. dir onde ciò fosse, se non che fuor del lato mi traeste l'armi vostre del sangue asperse e rosse. èpogliata e sola e incauta mi coglieste, debil d'animo, e in armi non esperta, e robusto ed armato m'offendeste; tanto ch'io stei per lungo spazio incerta di mia salute; e fu da me tra tanto passion infinita al cor sofferta. Pur finalmente s'è stagnato il pianto, e quella piaga acerba s'è saldata, che da l'un mi passava a l'altro canto. Quasi da pigro sonno or poi svegliata, dal cansato periglio animo presi, benché femina a molli opere nata; e in man col ferro a essercitarmi appresi, tanto ch'aver le donne agil natura, non men che l'uomo, in armeggiando intesi: perché 'n ciò posto ogni mia industria e cura, mercé del ciel, mi veggo giunta a tale, che più d'offese altrui non ho paura. E, se voi dianzi mi trattaste male, fu gran vostro diffetto, ed io dal danno grave n'ho tratto un ben, che molto vale. Così nei casi avversi i savi fanno, che 'l lor utile espresso alfin cavare da quel, che nuoce da principio, sanno; e così ancor le medicine amare rendon salute; e 'l ferro e 'l foco s'usa le putrefatte piaghe a ben curare: benché non serve a voi questa per scusa, che m'offendeste non già. per giovarmi, e 'l fatto stesso parla e sì v'accusa. Ed io, poi che 'l ciel vòlse liberarmi da sì mortal periglio, ho sempre atteso a l'essercizio nobile de l'armi, sì ch'or, animo e forze avendo preso, di provocarvi a rissa in campo ardisco, con cor non poco a la vendetta acceso. Non so se voi stimiate lieve risco entrar con una donna in campo armato; ma io, benché ingannata, v'avvertisco che 'l mettersi con donne è da l'un lato biasmo ad uom forte, ma da l'altro è poi caso d'alta importanza riputato. Quando armate ed esperte ancor siam noi, render buon conto a ciascun uom potemo, ché mani e piedi e core avem qual voi; e, se ben molli e delicate semo, ancor tal uom, ch'è delicato, è forte; e tal, ruvido ed aspro, è d'ardir scemo. Di ciò non se ne son le donne accorte; che, se si risolvessero di farlo, con voi pugnar porìan fino a la morte. E per farvi veder che 'l vero parlo, tra tante donne incominciar voglio io, porgendo essempio a lor di seguitarlo. A voi, che contra tutte sète rio, con qual'armi volete in man mi volgo, con speme d'atterrarvi e con desio; e le donne a difender tutte tolgo contra di voi, che di lor sète schivo, sì ch'a ragion io sola non mi dolgo. Certo d'un gran piacer voi sète privo, a non gustar di noi la gran dolcezza; ed al mal uso in ciò la colpa ascrivo. Data è dal ciel la feminil bellezza, perch'ella sia felicitate in terra di qualunque uom conosce gentilezza. Ma dove 'l mio pensier trascorre ed erra a ragionar de le cose d'amore, or ch'io sono in procinto di far guerra? Torno al mio intento, ond'era uscita fuore, e vi disfido a singolar battaglia: cingetevi pur d'armi e di valore, vi mostrerò quanto al vostro prevaglia il sesso femminil: pigliate quali volete armi, e di voi stesso vi caglia, ch'io vi risponderò di colpi tali, il campo a voi lasciando elegger anco, ch'a questi forse non sentiste eguali. Mal difender da me potrete il fianco, e stran vi parrà forse, a offenderne uso, da me vedervi oppresso in terra stanco: così talor quell'uom resta deluso, ch'ingiuria gli altri fuor d'ogni ragione, non so se per natura, o per mal uso. Vostra di questa rissa è la cagione, ed a me per difesa e per vendetta carico d'oppugnarvi ora s'impone. Prendete pur de l'armi omai l'eletta, ch'io non posso soffrir lunga dimora, da lo sdegno de l'animo costretta. La spada, che 'n man vostra rade e fora, de la lingua volgar veneziana, s'a voi piace d'usar, piace a me ancora: e, se volete entrar ne la toscana, scegliete voi la seria o la burlesca, ché l'una e l'altra è a me facile e piana. Io ho veduto in lingua selvaghesca certa fattura vostra molto bella, simile a la maniera pedantesca: se voi volete usar o questa o quella, ed aventar, come ne l'altre fate, di queste in biasmo nostro le quadrella, qual di lor più vi piace, e voi pigliate, ché di tutte ad un modo io mi contento, avendole perciò tutte imparate. Per contrastar con voi con ardimento, in tutte queste ho molta industria speso: se bene o male, io stessa mi contento; e ciò sarà dagli altri ancora inteso, e 'l saperete voi, che forse vinto cadrete, e non vorreste avermi offeso. Ma, prima che si venga in tal procinto, quasi per far al gioco una levata, non col ferro tagliente ancora accinto, de la vostra canzone, a me mandata, il principio vorrei mi dichiaraste, poi che l'opera a me vien indrizzata. «Verunica» e 'l restante mi chiamaste, alludendo a Veronica mio nome, ed al vostro discorso mi biasmaste; ma al mio dizzionario io non so come «unica» alcuna cosa propriamente in mala parte ed in biasmar si nome. Forse che si direbbe impropriamente, ma l'anfibologia non quadra in cosa qual mostrar voi volete espressamente. Quella, di cui la fama è gloriosa, e che 'n bellezza od in valor eccelle, senza par di gran lunga virtuosa, «unica» a gran ragion vien che s'appelle; e l'arte, a l'ironia non sottoposto, scelto tra gli altri, un tal vocabol dielle. L'unico in lode e in pregio vien esposto da chi s'intende; e chi parla altrimenti dal senso del parlar sen va discosto. Questo non è, signor, fallo d'accenti, quello, in che s'inveisce, nominare col titol de le cose più eccellenti. O voi non mi voleste biasimare, o in questo dir menzogna non sapeste. Non parlo del dir bene e del lodare, ché questo so che far non intendeste; ma senz'esser offeso da me stato, quel che vi corse a l'animo scriveste, altrui volendo in ciò forse esser grato; benché me non ingiuria, ma se stesso, s'altri mi dice mal, non provocato. E 'l voler oscurar il vero espresso con le torbide macchie degli inchiostri in buona civiltà non è permesso; e spesso avien che 'l mal talento uom mostri, giovando in quello onde più nuocer crede: essempi in me più d'una volta mostri, sì come in questo caso ancor si vede, che voi, non v'accorgendo, mi lodate di quel ch'al bene ed a la virtù chiede. E, se ben «meretrice» mi chiamate, o volete inferir ch'io non vi sono, o che ve n'en tra tali di lodate. Quanto le meretrici hanno di buono, quanto di grazioso e di gentile, esprime in me del parlar vostro il suono. èe questo intese il vostro arguto stile, di non farne romor io son contenta, e d'inchinarmi a voi devota, umìle; ma, perch'al fin de la scrittura, intenta stando, che voi mi biasimate trovo, e ciò si tocca e non pur s'argomenta, da questa intenzion io mi rimovo, e in ogni modo question far voglio, e partorir lo sdegno ch'entro covo. Apparecchiate pur l'inchiostro e 'l foglio, e fatemi saper senz'altro indugio quali armi per combatter in man toglio. Voi non avrete incontro a me rifugio, ch'a tutte prove sono apparecchiata, e impazientemente a l'opra indugio: o la favella giornalmente usata, o qual vi piace idioma prendete, ché 'n tutti quanti sono essercitata; e, se voi poi non mi risponderete, di me dirò che gran paura abbiate, se ben così valente vi tenete. Ma, perché alquanto manco dubitiate, son contenta di far con voi la pace, pur ch'una volta meco vi proviate: fate voi quel, che più vi giova e piace.